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Il decreto inclusione rappresenta una svolta o un’occasione perduta?

Nei giorni scorsi ci siamo soffermati sugli aspetti centrali del decreto inclusione pubblicato il 16 maggio sulla Gazzetta Ufficiale. Il testo conferma quanto prospettato nelle anticipazioni ed è frutto di un dialogo che in parte ha tenuto conto dei suggerimenti provenienti da più fronti. Grazie a tale confronto, sono state superate alcune criticità molto significative, come ad esempio la marginalità delle famiglie prospettata nella prima versione del decreto. Tuttavia, altri aspetti che destano non poche perplessità sono stati invece confermati. Quali sono, dunque, gli aspetti positivi introdotti dal decreto? Quali elementi, invece, risultano irrisolti o, addirittura, appaiono peggiorativi rispetto alla normativa precedente? Proviamo ad affrontare alcuni nodi essenziali.  

Il decreto pone attenzione alla qualità dell’inclusione, introducendo il principio della valutazione. Ciò implica certamente un’azione di monitoraggio con finalità migliorative; definisce in maniera puntuale ruoli e compiti di soggetti, organi, enti ecc.; chiarisce alcuni aspetti riguardanti le specifiche competenze, come ad esempio quelle dei collaboratori scolastici, la cui dotazione, ricordiamo, ai fini dei compiti di assistenza materiale, dovrà essere assegnata tenendo conto del genere degli alunni; prevede un profilo professionale definito ed univoco sul territorio nazionale degli assistenti ad personam, cioè del personale destinato all’assistenza per l’autonomia e per la comunicazione. Il testo, inoltre si mostra attento al problema della continuità didattica, anche se, va detto, pare concentrarsi sulla figura del docente per il sostegno e non del team docente. Alquanto farraginosa appare la procedura di assegnazione delle risorse per il sostegno, che vede l’intermediazione di un nuovo gruppo, il Gruppo per l’Inclusione Territoriale (GIT), tra le richieste dei dirigenti e l’assegnazione delle stesse da parte degli uffici scolastici. Il ruolo del GIT appare burocratizzante e ciò certamente non aiuta l’ottimizzazione dei tempi per l’assegnazione delle risorse. In qualche modo pare delegittimare il ruolo delle scuole e dei dirigenti nella quantificazione delle richieste, in ottica di controllo e razionalizzazione.

IL PROFILO DI FUNZIONAMENTO – Importanti sono le prospettive della Classificazione Internazionale del Funzionamento previste nella stesura dei documenti e come principi basilari di approccio ai processi di inclusione. Sarà questa l’ottica del Profilo di Funzionamento, che sostituirà integralmente la Diagnosi Funzionale e il Profilo Dinamico Funzionale. Il documento sarà redatto da un medico specialista o un esperto della condizione di salute della persona, uno specialista in neuropsichiatria infantile, un terapista della riabilitazione e un assistente sociale o un rappresentante dell'Ente locale di competenza che ha in carico il soggetto. E’ prevista la collaborazione dei genitori dell’alunno con disabilità e la partecipazione di un rappresentante dell'amministrazione scolastica. Certamente tale coinvolgimento appare positivo, anche se resta da vedere come sarà strutturato il documento nel concreto ed in quali termini si concretizzeranno collaborazione e partecipazione.

PIANO EDUCATIVO INDIVIDUALIZZATO – In cosa cambia il PEI? Sarà elaborato dai docenti con la collaborazione della famiglia e con il supporto degli specialisti e di altre figure che interagiscono con l’alunno con disabilità, tenendo conto del Profilo di funzionamento. Questa modalità si pone in continuità con la normativa precedente, anche se le finalità del PEI, molto attente nella L. 104/92 agli apprendimenti, sembrano ora concentrarsi invece sugli obiettivi di socialità ed autonomia. Questo aspetto ci pare piuttosto critico e potrebbe essere foriero di derive e di logiche poco attente agli obiettivi di apprendimento, che riteniamo invece essenziali per lo sviluppo delle stesse autonomie.
La Federazione Italiana per il Superamento dell’ Handicap (FISH), già molto critica verso la prima versione del decreto affida un primo parere sul testo ad un comunicato stampa. In esso si riscontrano alcuni apprezzamenti importanti, come il chiarimento del procedimento di riconoscimento della disabilità, che negli ultimi anni aveva assunto situazioni diversificate nelle varie regioni italiane, l’introduzione formale dell’ICF, la valorizzazione del ruolo delle famiglie e l’attenzione alla continuità didattica ed alla formazione del personale. Vengono rilevati però anche numerosi elementi di criticità, come l’insistenza, nel testo, del vincolo dei limiti di bilancio o il ruolo affidato al GIT. Un’ultima osservazione e non per importanza, riguarda la formazione, in quanto non viene introdotta nessuna novità in materia di didattica inclusiva nella formazione iniziale dei futuri insegnanti curricolari. Questa lacuna – commenta V. Falabella – è un aspetto assai grave perché continuerà ad alimentare la delega del progetto inclusivo ai soli docenti per il sostegno”. Condividiamo tale preoccupazione.

 
In disabili.com

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Tina Naccarato

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