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Approvato dal Consiglio dei Ministri, il decreto legislativo sull’inclusione scolastica desta molte perplessità

 
Nei giorni scorsi si è parlato molto degli otto decreti legislativi approvati dal Consiglio dei ministri e relativi alle deleghe al governo previste dalla L. 107/15. Si tratta di decreti applicativi riguardanti diverse tematiche, dalla promozione della cultura umanistica all’effettività del diritto allo studio, dalla formazione iniziale dei docenti agli esami del primo ciclo e, inoltre, dalla revisione dei percorsi di istruzione professionale alle scuole italiane all’estero. Molte sono le importanti novità in merito e  molto hanno fatto discutere, a cominciare dai percorsi riguardanti la formazione iniziale dei docenti e l’accesso ai ruoli. Tuttavia, indubbiamente i decreti più attesi e in qualche modo più temuti sono stati certamente quello riguardante il sistema integrato di educazione ed istruzione dalla nascita ai sei anni e quello riguardante la promozione dell’inclusione scolastica degli studenti con disabilità.

Il decreto n. 378, infatti, ridefinisce alcuni aspetti fondamentali riguardanti i percorsi e le misure previste per garantire l’esercizio del diritto allo studio ai bambini ed ai ragazzi con disabilità. In alcuni punti esso modifica le disposizioni previste dalla L. 104/92, pietra miliare dell’integrazione scolastica. Non poche sono state le perplessità evidenziate in merito. Vediamone gli aspetti più significativi.

Una prima perplessità sorge già dalla lettura dell’art. 3, in cui viene non solo evidenziato, nella previsione dell’assegnazione del personale ATA, il limite delle dotazioni già previsto dalle norme precedenti, ma si parla anche del numero massimo di 22 alunni per classe, in presenza di alunni con certificazione, mentre, invece, le prassi previgenti si attestavano al limite di 20 alunni.
Centrale è poi l’art. 5, in cui si prevede un’innovazione importante riguardante la procedura di certificazione: una valutazione diagnostico-funzionale sostituirà infatti la diagnosi funzionale ed il profilo dinamico funzionale, già previsti dalla L. 104/92. Tale valutazione, seguendo quanto previsto dalla Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute (ICF), dovrà avere natura bio-psico-sociale ed essere utile alla stesura del Piano Educativo Individualizzato (PEI). Le commissioni saranno di tipo meramente medico. L’assegnazione delle risorse e delle misure previste per ciascuna situazione saranno decise esclusivamente sulla base della valutazione diagnostico-funzionale, che è distinta dall'accertamento della condizione di disabilità. Ciò significa che le risorse assegnate non si relazioneranno alla condizione di disabilità ma alla valutazione del funzionamento. Le risorse di sostegno da assegnare per le specifiche situazioni verranno decise dal Gruppo Inclusione Territoriale (GIT). Ciò pare precludere alle famiglie l’accesso alla via giudiziaria, oggi possibile nel caso in cui il numero di ore assegnate si discosti significativamente da quello richiesto nel PEI. Sarà cioè un gruppo di lavoro, privo di ogni relazione quotidiana e continuativa con i bambini e con i ragazzi, a decidere. Nessuna voce per famiglia e scuola. Così almeno, emerge dalla lettura del testo normativo.

Inoltre, si prevede che il PEI venga elaborato dai docenti con la collaborazione dei genitori (o del soggetto con responsabilità genitoriale), dalle risorse professionali specifiche assegnate alla classe nonché degli operatori socio sanitari. Scompare, cioè, la presenza dei rappresentanti delle ASL in sede di stesura del PEI e di GLHO.

Un’altra importante novità riguarda il cosiddetto blocco dei docenti su posto di sostegno, che passerà dagli attuali cinque anni a dieci anni. La via scelta dagli estensori del testo, dunque, non è l’armonizzazione e la flessibilità delle risorse formate, come proposto più volte dagli stessi docenti quale pratica immediatamente inclusiva, ma, piuttosto, il prolungamento della separazione dei ruoli definiti e, con esso, la prassi della delega al docente di sostegno. Certamente con maggiore favore è accolto invece il volere del legislatore di estendere il numero dei crediti riguardanti il percorso formativo della specializzazione per il sostegno e di prevedere percorsi di formazione anche per il personale non docente.

Altre perplessità riguardanti l’inclusione scolastica emergono dalla lettura di altri due decreti legislativi approvati dal Consiglio dei Ministri. Nel decreto applicativo n. 377, infatti, dedicato ala formazione iniziale dei docenti ed all’acceso ai ruoli, possiamo leggere che il percorso formativo dei docenti delle scuole secondarie di secondo grado avrà percorsi separati per i docenti curricolari e per i docenti specializzati. Tali percorsi saranno tutti a tempo pieno, quindi sarà pressoché impossibile conseguire i due titoli necessari per avere accesso sia al posto di tipo curricolare che di sostegno. La tanto discussa separazione delle carriere, cioè, formalmente scongiurata da un blocco decennale, sarà cioè una realtà di fatto per i docenti del secondo grado i quali, una volta superato il concorso dovranno percorrere una strada formativa di durata triennale per il posto curricolare o di sostegno. Chi volesse conseguire anche l’altro titolo, cioè, dovrebbe abbandonare il lavoro e ripercorrere un altro percorso formativo triennale.

Anche il decreto n. 384, riguardante la valutazione e gli esami del primo ciclo, suscita non poche perplessità, in quanto prevede, al pari delle scuole secondarie di secondo grado, il conseguimento del diploma finale solo nel caso in cui le prove d’esame differenziate siano equipollenti a quelle ordinarie. Agli alunni con disabilità per i quali verranno predisposte prove non equipollenti sarà rilasciato un attestato di credito formativo, titolo utile per l'iscrizione e la frequenza della scuola secondaria di secondo grado e dei corsi di istruzione e formazione professionale, ma solo ai fini del riconoscimento di ulteriori crediti formativi. Il destino formativo dei ragazzi con disabilità, cioè, si deciderà interamente all’età di 14 anni. Chi scrive non può non sottolineare che ciò pare contraddire in maniera evidente lo stesso spirito dell’ICF, vale a dire quella centralità di aspetti contestuali che definiscono la situazione di concreto svantaggio di alcuni alunni. Tali aspetti, va da sé, dovrebbero avere natura evolutiva e non consegnare i ragazzi  a percorsi formativi segnati fin dalle scuole di primo grado.

È iniziato intanto il percorso delle audizioni sui decreti e non sono mancate le polemiche. Alle critiche dure già espresse dalla Federazione Italiana per il Superamento dell'Handicap (FISH) si uniscono dunque quelle della Federazione tra le Associazioni Nazionali delle persone con Disabilità (FAND), di Cittadinanza Attiva e di parte del mondo politico. Non mancano le critiche dei docenti. Si sottolinea da più parti la mancanza di partecipazione delle famiglie, delle organizzazioni che si occupano di disabilità e degli stessi professionisti. Un provvedimento lacunoso, parziale e che contiene diverse possibilità di derive, ancora una volta viene calato dall’alto, nonostante le richieste di dialogo da parte di tutti i soggetti realmente coinvolti, che restano inascoltate.

Per approfondire:
Le novità introdotte dai decreti
Riflessioni sul decreto legislativo sull’inclusione scolastica
 
In disabili.com:
Deleghe Buona scuola
 

Tina Naccarato


Aggiornamento 6/02/2017: Per un approfondimento sul tema della continuità didattica e del blocco decennale degli insegnanti di sostegno si veda anche quest'altra posizione all'interno del dibattito spiegata in questo articolo

 

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