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Da Lila un appello ad estendere il messaggio di incoraggiamento anche a chi non arriverà mai alle Paralimpiadi, perché le difficoltà di chi vuole fare sport con disabilità sono ancora troppe

Nei giorni scorsi lo spettacolo delle Paralimpiadi ci ha mostrato le prodezze sportive di atleti di altissimo livello, per i quali coronare questo sogno significa riuscire ad emergere (e avere anche gli strumenti per farlo). A questo proposito, qualche settimana fa vi avevamo raccontato del progetto di Alex Zanardi per scovare e sopportare giovani promesse dello sport disabili, allo scopo di riuscire a portarle alle prossime Paralimpiadi di Tokyo 2020.

Questa iniziativa è stata di spunto per una riflessione sull’accesso allo sport da parte delle persone con disabilità, che la nostra amica Lila Madrigali ha voluto condividere con noi.

Ad oggi l'accesso allo sport è tutto fuorché garantito a chiunque. In caso di patologia rara, ad esempio, ed in mancanza di un'associazione che tuteli i diritti del singolo disabile viene spesso richiesta una vera e propria valanga di documenti, certificati, scartoffie che non è ritenuta indispensabile per tutti. Salta all'occhio che ci sia a tutti gli effetti una disomogeneità di trattamento fra disabile e normodotato.
Molte strutture sportive sono ad oggi fatiscenti ed assolutamente inadatte all'accesso di una persona con difficoltà motorie (primo ostacolo che si incontra) ma la barriera più insormontabile è spesso quella dei “no” che vengono presentati al disabile che voglia praticare un'attività sportiva.
Spesso, in caso di patologie conosciute e dagli esiti simili per la maggior parte dei malati, è possibile avvalersi del supporto di associazioni che favoriscono l'accesso del singolo all'attività sportiva. In caso di malattia rara o di fragilità non riassumibili in grandi insiemi, far parte del mondo dello sport diventa molto difficile.

Non è raro trovare medici di base che non rilasciano il certificato necessario per frequentare la palestra o la piscina perché temono ripercussioni in caso di incidenti. In questo caso il disabile viene rimandato all'équipe che lo segue... se ne ha una, perché in caso di malattie molto rare spesso non c'è nessun medico specifico che segue la persona. Se non ce l'ha, non fa sport. Chiaro e semplice nonché frustrante ed ingiustamente selettivo.

Non è raro sentirsi chiedere molta più documentazione di quanto non sia effettivamente stabilito dalla legge. Un infortunio in palestra rimane tale sia in caso di persona disabile che di normodotato, ma talvolta al disabile vengono richieste autocertificazioni che sollevino dalla responsabilità dell'infortunio istruttori, compagni di corso e direzione della palestra stessa.

Questa montagna di ostacoli non fa che minare, volta dopo volta, la voglia spesso già recalcitrante di mettersi in gioco.
Essere disabile e voler fare sport non è una passeggiata. L'allenamento inizia molto prima di entrare in palestra e consiste nell'arrivare sul posto trovando un parcheggio libero e vicino, consiste nel vestirsi, frequentare il corso e poi di nuovo doccia, vestirsi, rimettersi in auto, andare a casa. Per la maggior parte di noi questo non è un problema ma per chi ha una mobilità diversa dalla maggioranza non è semplice. Quando la voglia di fare sport supera questi ostacoli è importante avere la strada libera per dare sfogo a questo desiderio.

In questo, credo che il bel messaggio di Zanardi sia da recapitare a tutte quelle piccole realtà sportive disseminate sul territorio: non ci sono solo i campioni.
Vanno supportati anche quei piccoletti che non faranno mai record agli anelli, coloro che faranno sei vasche in un'ora, quelli che “palla mia!” e intanto gli han già fatto punto.

Sport per tutti è un concetto di non difficile concezione ma di complicata attuazione.
Una carezza da parte di atleti divenuti famosi e vincenti con la forza della loro caparbietà fa bene anche a coloro che non vedranno mai medaglie ma vedranno i loro corpi rafforzarsi.
E poi chi ci dice che sotto i panni di un minuscolo ragazzino di provincia non si celi il campione paralimpico di domani?

Forza Alex, aiutaci tu, ed un imperativo per noi piccoletti: vietato perdersi d'animo!


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Redazione

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