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Il caso di una donna triestina malata di sclerosi multipla che chiede la verifica del suo caso per accedere all’aiuto al suicidio assistito. Se la Azienda sanitaria non rispetterà i 30 giorni stabiliti dal giudice scatta una ammenda (che ricadrà sui cittadini)

Mentre la politica latita sulla questione fine vita, i cittadini trovano giustizia rivolgendosi ai tribunali per vedere riconosciuto il loro diritto, previsto dalla sentenza costituzionale del “caso Cappato” (sentenza costituzionale n. 242/2019), a intraprendere un percorso di valutazione e verifiche da parte delle competenti ASL per poter accedere all'aiuto al "suicidio medicalmente assistito".

Dopo il caso di Laura Santi, che si è rivolta alla procura di Perugia denunciando un ritardo di oltre 400 giorni della sua ASL, l’Associazione Luca Coscioni segnala anche la recente decisione del Tribunale di Trieste che nei giorni scorsi ha confermato il diritto di Anna (nome di fantasia, ndr), triestina di 55 anni con sclerosi multipla, a essere sottoposta a tutte le verifiche necessarie per poter accedere all'aiuto al "suicidio medicalmente assistito", ponendo alla azienda sanitaria competente in materia dei paletti temporali e una eventuale sanzione al loro non rispetto.
La decisione del giudice di Trieste arriva a quasi un mese dalla prima udienza in cui la donna aveva chiesto, dopo ben 215 giorni di attesa, che fosse ordinato all'Azienda Sanitaria Universitaria Giuliano Isontina (ASUGI) di effettuare le verifiche  così come previsto dalla "sentenza Cappato" della Corte  costituzionale. 


IL SUICIDIO ASSISTITO
Ricordiamo che la Corte Costituzionale si è espressa nel 2019, a seguito del processo subito da Marco Cappato per l’aiuto al suicidio assistito a Fabiano Antoniani (DJ Fabo, ndr). In quel caso la Corte ha stabilito che in Italia il suicidio assistito sia consentito solo in taluni casi, ovvero quando la persona malata che lo richiede sia affetta da una patologia irreversibile, fonte di intollerabili sofferenze fisiche o psicologiche, e che sia pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli e tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale. Tali condizioni devono essere state verificate dal Servizio sanitario nazionale. In questi casi, prevede la sentenza della Consulta, è necessaria una valutazione delle condizioni, e la stesura di una relazione completa nella quale venga anche indicato il tipo di farmaco e le modalità di somministrazione, oltre al parere di un “comitato etico” sul caso in oggetto.

30 GIORNI DI TEMPO
Su questa base, quindi, il parere del Tribunale di Trieste nel caso in oggetto: spiega l'Avvocata Filomena Gallo, Segretaria Nazionale dell'Associazione Luca Coscioni e coordinatrice del collegio legale di studio e di difesa* che ha seguito la donna: ”come si legge nella decisione e in accoglimento delle domande di 'Anna', il Tribunale ha accertato il diritto costituzionalmente garantito della donna a ottenere entro 30 giorni il completamento delle verifiche di cui alla sentenza Cappato, evidenziando come fino a ora l'ASUGI non abbia adempiuto ai propri obblighi di tutela del diritto alla salute della paziente.
Il Tribunale ha anche chiarito che il parere del comitato etico deve essere espresso solo dopo il completamento di tutte le verifiche da parte dell'Azienda Sanitaria, visto che l'ASUGI aveva erroneamente chiesto questo parere prima di procedere all'accertamento delle condizioni di 'Anna' e all'individuazione del farmaco letale, così male interpretando la sentenza 242/2019"

UNA MULTA PER L’ASUGI
Aggiunge Filomena Gallo: "Importante inoltre la condanna al pagamento di 500 euro per ogni giorno di ritardo nell'adempimento dei propri obblighi. Quindi se l'ASUGI entro il termine di 30 giorni stabilito dal Tribunale non avrà concluso le verifiche di sua competenza, e non avrà di conseguenza ancora accertato che 'Anna' possegga o meno tutti i requisiti per accedere alla morte volontaria, come individuati nella sentenza Cappato, e (all'esito delle verifiche) non avrà individuato il farmaco letale e le modalità di attuazione, dovrà pagare una sanzione. È infatti inammissibile ritardare l'esercizio di un diritto fondamentale costituzionalmente garantito, e così comprimere la libertà, la dignità e l'autodeterminazione di 'Anna', la cui sofferenza è costante e le cui condizioni di salute sono peggiorate dal giorno della richiesta iniziale all'Azienda Sanitaria".
"Questa decisione non solo è importante perché individua dei termini brevi (30 giorni) entro cui l'Azienda Sanitaria deve completare le verifiche previste dalla Corte costituzionale, cercando così di arginare il rischio che si ripetano casi come quello di Federico Carboni, ma anche perché pone in evidenza la necessità che siano dettati tempi certi e perentori entro cui le Aziende Sanitarie Locali devono svolgere tutte le verifiche di loro competenza. È esattamente quanto chiede la  Proposta di Legge Regionale dell'Associazione Luca Coscioni che sarà presto depositata in Consiglio regionale" dichiara Marco Cappato, Tesoriere dell'Associazione Luca Coscioni, che continua: "C'è da sperare che sia data immediata attuazione alla sentenza per non rischiare di aggiungere al grave danno per 'Anna' la beffa per i cittadini del Friuli Venezia Giulia di essere chiamati a risarcire quel danno".  

*Collegio legale di studio e difesa composto da: Avvocati Filomena Gallo, Francesca Re,  Angioletto Calandrini, Alessia Cicatelli


Per approfondire

questo link è consultabile il testo della decisione

Redazione

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