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Secondo Nina Daita, responsabile disabilità, manca un corposo investimento finanziario, ma anche un impegno a favorire il sistema di supporto all’inserimento lavorativo nelle imprese

Sulle misure contenute nel Decreto Lavoro del 1 maggio dedicate nello specifico alla disabilità, i giudizi degli addetti ai lavori non sono particolarmente favorevoli. Dopo le critiche espresse da CoorDown, anche la CGIL, per voce della sua responsabile nazionale delle Politiche per la disabilità, boccia il testo.
Le posizioni di Nina Daita, raccolte nel portale Collettiva della CGIL, evidenziano le lacune del testo in ciò che manca ma anche in ciò che viene previsto.

MANCA UN CORPOSO INVESTIMENTO FINANZIARIO
Secondo la CGIL a mancare nel decreto licenziato dal consiglio dei Ministri il 1 maggio scorso è, innanzitutto, un corposo piano finanziario, con risorse adeguate a favorire le assunzioni da parte delle aziende. Daita ricorda che il fondo per favorire le assunzioni delle persone con disabilità è esaurito da mesi: 76.220.440 euro che non sono stati sufficienti a coprire le richieste delle aziende, che restano pendenti. A discapito delle assunzioni, quindi, ferme.

IL RISCHIO DI NON RAFFORZARE L’INTERO SISTEMA LAVORO
Ma il giudizio non è favorevole – o lo è solo in parte – anche quello che nel testo c’è.
Sulla estensione al terzo settore degli incentivi all’assunzione di lavoratori con disabilità, Daita esprime un parere favorevole, ma evidenzia come l’inserimento lavorativo delle persone disabili non possa essere solo in queste organizzazioni ma, anzi, si debba lavorare per rafforzare un sistema che garantisca complessivamente pari opportunità e inclusione lavorativa.

ASSEGNO DI INCLUSIONE E DISPARITÀ DI TRATTAMENTO
Daita commenta poi la misura che prevede, nel medesimo decreto, l’abolizione del reddito di cittadinanza, che viene sostituito dall’assegno di inclusione, peraltro di minore importo e previsto solo per alcuni nuclei, tra i quali quelli con componenti disabili. Su questo punto, Daita solleva una questione di legittimità, evidenziando come il decreto differenzi tra persone disabili e persone disabili gravi. Denuncia Daita: "Secondo noi il termine 'grave' in riferimento alla disabilità andrebbe cassato per evitare disparità di trattamento, ad esempio tra due persone con disabilità, una con il 100% e l’altra con il 90%. Condizione quest’ultima che ovviamente rende molto difficile la ricerca di un lavoro, ma anche il normale vivere quotidiano”.
L’attenzione è anche sui criteri di accesso alla misura, che secondo Daita potrebbero portare all’esclusione dal beneficio di molte persone disabili, per superamento della soglia, se verranno inclusi tra i redditi che concorrono all'Isee l’assegno di invalidità e l’indennità di frequenza per i minori. Su questo la responsabile disabilità della Cgil si appella quindi al Governo: “(…) La povertà o la disabilità non sono una colpa, l’indifferenza sì, chiediamo che questi criteri vengano subito rivisti”. 

COMMENTO SU ATTUALI POLITICHE DISABILITA'
Se sul decreto lavoro la CGIL parla di decreto insufficiente, a voler essere generosi, il giudizio complessivo del sindacato sulle politiche che il Governo Meloni sta attuando per la disabilità non è più favorevole. Riporta il blog della CGIL le parole di Nina Daita: Tocchiamo ogni giorno con mano la sfiducia e l’angoscia delle famiglie, una sfiducia che viene alimentata anche da alcuni fatti, come, appunto, il rifiuto delle iscrizioni scolastiche di ragazzi con gravi disabilità in 15 licei romani, l’eliminazione di reddito per chi è povero, non lavora ed è anche invalido. E domani chissà quale altra pena”.
Per questo motivo il sindacato auspica interventi urgenti di modifica al decreto, ma anche un tavolo con le parti sociali per “rilanciare politiche serie di azioni concrete a favore delle persone con disabilità e delle loro famiglie, su scuola, lavoro, sanità e servizi di cura e accompagnamento, perché la fatica quotidiana è veramente immane e in piena solitudine”.

Redazione

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