Menu

Tipografia

La diagnosi di una patologia senza nome, la vita di una famiglia travolta, la forza nei piccoli grandi traguardi. Il racconto-diario di una mamma che non si arrende

In questi anni, come redazione abbiamo cercato di rivolgere la nostra attenzione anche all'"intorno” della disabilità, per dare voce anche a chi la disabilità non la vive in prima persona ma la incontra giorno dopo giorno nel proprio compagno di vita, nel proprio figlio, nel proprio fratello, nel proprio genitore.
Sono loro alcuni fra i tanti eroi della disabilità che spesso dimostrano una forza ancora più grande delle persone disabili stesse perchè supportano due persone in una: sé stessi e il loro caro.

Se affrontare la notizia di una malattia non è mai facile, l'impatto risulta ancora più forte quando ci si scontra con una malattia rara perchè non si sa bene a cosa si va incontro, è un “nemico sconosciuto” di cui nessuno ha notizia, si cercano informazioni ma nessuno ha la risposta in tasca. E allora che fare? Rassegnarsi, aspettare? No, la regola che vale per tutti è cercare di vincere questo nemico o per lo meno non avere paura di affrontarlo.
Bisogna agire subito”, “Se raggiungi un obiettivo bene, altrimenti si prova una strada diversa”: sono queste le parole di Angela Agresti, 49 anni, mamma di Roma, che 12 anni e mezzo fa ha saputo che sua figlia, di soli 8 mesi, aveva una malattia rara. Quale che fosse, non si sapeva.
Dalle sue parole ho percepito solo forza, voglia di vivere, grinta, per ribellarsi a qualcosa che, sì, è capitato, ma con cui si può e si deve convivere: il suo motto, che ripete sempre anche a sua figlia, è “Non mollare mai, per nessun motivo”.

Due anni fa Angela ha iniziato a scrivere una sorta di diario per tenere traccia di tutte le emozioni che rischierebbero altrimenti di sfumare nel tempo e per lasciare a sua figlia Sofia un ricordo tangibile del lungo cammino fatto insieme - alla famiglia, ai medici, alle maestre, agli amici  -per arrivare ad essere la ragazzina di 13 anni che oggi è. Un modo per sfogare le proprie emozioni ma anche per regalare a Sofia uno strumento che lei possa usare ogni volta che lo vorrà per ritrovare la forza che l'ha contraddistinta finora.
Oggi quel diario, grazie all'insistenza di un'amica di Angela è diventato libro, ed uscirà nelle librerie il 14 febbraio 2017 con il titolo “Tutti i bambini ridono allo stesso modo”. Racconta dei primi dieci anni di vita di Sofia, dalla notizia della malattia fino all'ingresso nella scuola media...

LA SCOPERTA
Angela, raccontaci di quando tutto è iniziato...
L'abbiamo scoperto a 8 mesi, quando siamo andati ad una visita dal pediatra perchè lei non stava seduta dritta, poi lei era una bambina tranquillissima, troppo tranquilla... Io mi dicevo: ma possibile che questa bambina mangia, dorme, non piange, non si muove, sta così ferma? Poi avendo avuto il maschio prima...Quando poi invece tutti mi dicevano “Ma che, ma no, ogni figlio è a sé, lei è una tranquilla, mica son tutti scatenati...”
Insomma andiamo a fare questa visita di controllo, e quella volta ci va mia madre con Sofia perchè doveva essere una visita di controllo normalissima e quando mia madre mi disse “Guarda ti devo parlare perchè la dottoressa dice che bisogna portarla dal neurologo...”. Io da quel giorno ho detto: “Mai più, mia figlia non andrà più a una visita senza di me”.
E così da allora son partiti tutti gli accertamenti, tutti i ricoveri e io l'ho seguita sempre mia figlia, in tutto e per tutto, non l'ho più lasciata.

Che cosa hanno riscontrato gli esami e che tipo di disabilità ha oggi Sofia?
Sofia ha una malattia rara. Tecnicamente, da quello che dice la risonanza, ha un'atrofia del cervelletto, di più non si sa...so solo che è una malattia de novo, che nasce in lei, non gliel'abbiamo trasmessa, da tutte le indagini che abbiamo fatto è una mutazione genetica che ha avuto origine in lei... A causa di questa lesione Sofia è una bambina atassica (cioè che non ha coordinazione muscolare e forza per eseguire i movimenti), una bambina che sta cercando il suo equilibrio ma lo sta trovando perchè comunque è riuscita a mettersi in piedi e un po' a camminare e a salire su una bicicletta sempre con l'aiuto di una persona a fianco però. In ogni caso bisogna aiutarla a far tutto, e le poche cose che sa fare in autonomia (come mangiare) sono frutto di un lungo lavoro alle spalle.
Visto che il cervelletto coordina tutta la parte motoria, del linguaggio e anche della memoria, solo il tempo ci dirà cosa lei riuscirà a fare perchè ogni bambino è a sé, la lesione si vede, c'è ma non si sa quanto sia stato danneggiato, quanto i neuroni vicini si stiano riorganizzando o se si riorganizzeranno.
L'unica cosa è fare tantissima attività: fisioterapia, logopedia, tanto tanto, insistere con gli stimoli, nei primi tre anni ciò è fondamentale...
Quindi noi abbiamo iniziato subito, ci siamo mobilitati in questo senso. Io, lo scrivo anche nel libro, sono stata fortunata perchè vivo a Roma e sono andata alla fondazione Santa Lucia, sono stata presa in carico lì e sono ancora lì e io a loro devo la vita... Se mia figlia cammina è grazie a loro, se riesce a dire queste 100-150 parole è grazie a loro, poi sicuramente noi come famiglia le siamo stati dietro tantissimo: niente veniva lasciato al caso... Io mi sono sempre occupata di mia figlia, l'ho sempre portata io a terapia, mi sono presa la 104...

Per seguire tua figlia in tutte queste attività, hai dovuto lasciare il lavoro?
No, no.. anche lì secondo me io sono stata fortunata e questo l'ho capito dopo, dopo anni. Al primo ricovero un neurologo mi disse: “Signora, ma lei lavora?” e io sotto shock risposi: “Sì” e lui mi disse “Non lasci il lavoro, sarà dura, lei si dovrà fare aiutare... La bambina dovrà andare al nido, - alchè io ho detto - “Al nido?? Non ci ho mandato neanche l'altro figlio al nido!!”
“No lei deve mandare al nido sua figlia perchè deve imparare dai suoi pari, non è una bambina che può stare a casa perchè ha bisogno di stimoli, tanti stimoli. Gli stimoli che può dare lei sono una cosa, ma gli stimoli che danno i bambini sono altri.”
E così ho fatto, sono stati tre anni duri ma io son stata fortunata e sono tuttora molto aiutata: siamo una famiglia molto unita e anche mio marito mi è stato molto a fianco.

Com'è stato per la famiglia ricevere questa notizia? Chi ci è rimasto più male e come avete reagito?
L'abbiamo vissuta tutti male, siamo stati un mese credo senza parlare, ci guardavamo e non parlavamo nemmeno.. eravamo talmente sconvolti che non c'erano proprio parole. Però io poi alla fine ho detto: “Va beh è capitato! Cioè... Che devi fare? Bisogna agire subito...

IL RAPPORTO CON IL FRATELLO
E con l'altro figlio come avete gestito la cosa? Lui come ha reagito alla disabilità della sorella, era geloso delle attenzioni che davate a lei?
La mia famiglia e anche quella di mio marito ci hanno aiutato nell'occuparci di lui. Quando siamo stati al Gemelli dieci giorni per un ricovero di Sofia, mio figlio veniva tutti i giorni a trovarci, me lo portavano, io scendevo giù perchè salivano mia madre o mia suocera e stavano con la bambina e io scendevo giù e stavo un'oretta con lui... La gelosia c'è stata. Noi li abbiamo sempre trattati in maniera uguale, o meglio ci ho provato,  anche se comunque è difficile perchè un bambino così piccolo non si rende conto...
Mi diceva “Ma voi andate sempre via...” - perchè andavamo in ospedale - “ma che fate?” e io gli dicevo “E che facciamo? Facciamo che andiamo a fare ginnastica perchè Sofia ha bisogno..” finchè un giorno io dissi: “È giusto che tu venga a vedere dove noi andiamo tutti i giorni” e quindi lo portai al Santa Lucia, anche se i familiari non erano molto d'accordo, soprattutto mia madre che mi diceva “Ma è così piccolo! Ma dove lo porti? In un posto così, dove vedi tanta sofferenza, tanti bambini che stanno male... non so se è giusto no?” E io in quel momento le ho detto: “No, è giusto, perchè la nostra vita è questa!”
E quindi mio figlio è stato subito messo di fronte alla realtà: “Hai una sorella speciale, che ha qualcosa su cui dobbiamo lavorare e siamo qui per aiutarla tutti quanti”. Quindi lui si è trovato a dover affrontare delle situazioni più grandi di lui, a gestire emozioni che non sono proprie di un bambino della sua età. A quattro, cinque anni, non hai neanche la struttura mentale per poter metabolizzare; già noi adulti abbiamo fatto tanta fatica!
Però alla fine il dolore è uguale per tutti cioè il dolore mio era uguale al dolore suo... Però è stato bravo, un fratello molto attento.

E oggi che rapporto hanno?
Hanno un bel rapporto, è sempre un po' d'amore e d'odio però lui è ed è stato sempre molto attento nei confronti di Sofia... Questa cosa mi sorprendeva e cioè che appena lui vedeva un miglioramento, un cambiamento, subito mi diceva “Mamma hai visto? Ha fatto quello! Hai visto?
Poi da piccoli non è che giocassero molto assieme, lui maschietto, pensava al pallone, al calcio... Adesso che sta diventando più grande potrebbe aiutarci anche fisicamente, ma io scherzo su questa cosa, non gli si chiede mai di farlo, di dedicarsi in maniera così impegnativa alla sorella, non è giusto, me ne occupo io in tutto e per tutto con l'aiuto di mio marito, dei miei genitori  e dei miei suoceri e di una ragazza che il pomeriggio la aiuta a fare i compiti.

LA COMUNICAZIONE
Qual è stata la difficoltà più grande da superare con Sofia?
Il linguaggio è stato un duro scoglio. All'inizio Sofia non parlava assolutamente, i medici ci hanno sempre detto che non avrebbe mai parlato, invece due anni e mezzo fa le è esploso il linguaggio. All'inizio lei diceva pochissime parole, anche il sì è stata una conquista difficilissima da ottenere, allora io ho iniziato a scrivere su un foglio Excel queste paroline che uscivano - una ogni sei mesi, ogni tre mesi - le prime erano “mamma, papà, sì, no, nonno, iaia” (che sarebbe il fratello) e poi son venute le altre piano piano ma erano veramente poche poche, si contavano su due mani, però io non mi sono mai data per vinta su questa cosa del linguaggio.

Immagino la gioia nel sentirsi chiamare mamma...
Sì ma la gioia più grande è stata sentirla pronunciare il suo nome: era il 7 maggio del 2013, questo me lo ricordo bene. Io lavoravo tanto sul nome perchè ci trovavamo costantemente in mille situazioni del tipo che le chiedevano “Ah bella bambina come ti chiami?”. È una cosa che dicono tutti, perchè la disegno di un albero con parolevedono e anche se, sì, siamo su una sedia a rotelle, non è che abbia scritto in fronte “Io non parlo” e quindi a casa ci lavoravamo tantissimo, ma non c'era verso di sentire questo nome e poi una sera finalmente ci ha fatto questo regalo enorme.
Nel libro c'è anche una fotografia a cui sono molto legata: sono le sue prime cento parole scritte su un albero che ho chiamato “L'albero di Sofia
Queste sono tutte le parole esplose dal 2013 ad oggi, in tre anni, prima ne diceva veramente poche e poi a un certo punto ne diceva tre al giorno poi magari stava ferma una settimana, un mese e ne diceva altre tre...
Ma sul versante linguaggio abbiamo lavorato veramente tanto, e all'inizio è stato difficilissimo. Parlare con lei voleva dire avere tanto tempo a disposizione per capirla: era frustrante per lei e per me quando tornata a casa dal lavoro, mia figlia mi voleva raccontare quello che era successo a scuola ma io non riuscivo a capirla. Usavamo la comunicazione aumentativa – alternativa per cui lei aveva queste figurine che mi mostrava (stessa tecnica ho usato per la colazione, dove le ho creato una tovaglietta plastificata con le foto di tutti gli alimenti in modo tale che lei potesse scegliere cosa desiderava), io le facevo delle domande chiuse dove poteva rispondere solo col sì e col no e quindi facendole le domande cercavo di capire cosa lei voleva dire.
Non era facile, però una cosa io non ho mai smesso di ripeterle: “Tu non mi devi mollare. Mai.” “Se io non capisco la prima volta, me lo devi spiegare una seconda, una terza, devi provare in tutti i modi, non ti devi scoraggiare, non è che sei tu... non è il tuo problema... siamo tutti insieme che dobbiamo fare di tutto per capirti, tu ci metti del tuo.” Se sai solo cinque parole è ovvio che usi quelle cinque, sono io adulto che devo farti le domande, ti devo aiutare in qualche modo, sicuramente dandoti altri strumenti...

In quel periodo, per la disperazione, mi ero anche attivata per percorrere un'altra strada pur di riuscire a comunicare con lei e cioè la via della LIS. Con la logopedista privata mi sono organizzata tre corsi, ho trovato l'interprete, i partecipanti coinvolgendo le maestre di Sofia, i familiari... Mia figlia alla fine ha la struttura della LIS in testa perchè non usa gli articoli, i suoi verbi sono tutti all'infinito, ora però sta modificando piano piano questo schema e sta facendo progressi...
Anche nella scrittura dopo tanti esercizi e tanto allenamento (le davo in continuazione parole da copiare) è riuscita ad acquisire una scrittura bella e leggibile. Lei si basa sullo spazio del quadretto che ha a disposizione ma sta imparando anche a scrivere sul foglio A4 bianco.

Ora Sofia è una ragazzina che studia, si impegna, anche perchè poi trova gratificazione quando vede che dopo tanto sacrificio porta a casa un bel voto. Io le dico sempre: “Non devi mollare, devi continuare, devi studiare, ti devi impegnare, mille volte di più di quello che fanno gli altri se vuoi raggiungere un minimo di obiettivo”. Noi lavoriamo per poter raggiungere un obiettivo, poi se viene bene, sennò proviamo un'altra tecnica!

L'INTEGRAZIONE
So che uno dei vostri obiettivi è permetterle di continuare a fare sport...
Sì, lei ha fatto un anno di danceability, adesso quest'anno fortunatamente l'abbiamo ripresa perchè i corsi erano stati sospesi dato che non c'erano bambine iscritte. Poi quest'anno abbiamo iniziato anche yoga! Quest'inverno l'abbiamo portata al Sestriere, ai corsi di sci Freewhite, in estate ha provato l'handbike e il down-hill. Noi le facciamo fare di tutto e infatti lei è sempre la più piccola in queste attività. La sproniamo a fare sempre più esperienze e le facciamo fare tutte le cose che gli altri bambini desiderano fare, anche da qui passa l'integrazione.

Ecco, come è stata l'integrazione con i suoi coetanei?
Alle elementari siamo stati fortunati perchè erano 17 in classe, principalmente femmine, Sofia era amata; noi abbiamo fatto le feste, venivano sempre tutti e ci invitavano tutti, quindi questo non è da poco, anche se ero sempre io a dare il la, io mi sono data molto da fare tra inviti a casa, merende, pigiama party...Il primo passo  comunque deve venire dalla famiglia del ragazzo disabile perchè altrimenti è difficile.
Diverso è stato invece l'impatto con le medie...

Immagino anche la difficoltà di accompagnare Sofia nella fase dell'adolescenza, periodo abbastanza critico per tutti i genitori...
Sì, ora si inizia a vedere molto di più la differenza con i suoi coetanei. Sono una classe numerosissima, prevalentemente di maschi e questa cosa a mia figlia non va giù, maschi dodicenni, lei si immagini, non la guardano nemmeno. Lei ha la sue amichette della classe, sono un gruppetto però non posso dire che tutta la classe sia integrata anche perchè ci sono un sacco di gruppi nella classe di mia figlia.

LA DISABILITA' VISSUTA DA SOFIA
Come vive la sua disabilità Sofia? E' stato difficile spiegarle la sua malattia?
Lei è perfettamente cosciente dei suoi limiti, del suo problem,a ma la vive in modo sereno, è sempre sorridente. Non è stato necessario spiegarle nulla, perchè non è ancora arrivato il momento. Lei non ha mai chiesto nulla e quindi noi non abbiamo toccato l'argomento, anche del libro Sofia ha letto solo la seconda parte. Leggerà da grande la prima, la più dolorosa, quando si sentirà pronta. Anche la psicologa mi ha detto “Devi aspettare che ti faccia lei le domande”.
La differenza, e questo me lo dice anche la psicologa, è che lei è sempre stata così e quindi non vive la disabilità come qualcosa di invalidante rispetto a una situazione precedente migliore.
Ad esempio io avevo paura prima di comprarle la sedia a rotelle e mi dicevo: “Ma la accetterà?” Lei è stata felicissima di riceverla invece, perchè così poteva andare dove voleva da sola, in autonomia, era padrona del suo tempo e poteva fare quello che voleva.

LA MALATTIA SENZA NOME
Avete scoperto se c'è un'associazione di genitori con figli che riportano le stesse problematiche di Sofia o di persone con la stessa malattia?
No, non avendo il nome non possiamo associare la malattia a nessuno, e la neurologa mi dice sempre : “Serve più a noi sapere il nome della malattia ma a voi tecnicamente, clinicamente non cambia nulla, l'importante è che lei faccia sempre progressi.” Lei ogni anno fa sempre qualcosa in più e questo è importante per noi, poi il nome della malattia un giorno ci sarà pure, lo spero, però a noi non ci cambierà la vita, non è che ci sarà la pillola magica che ti prendi la pillola e torna tutto indietro. Perchè comunque il danno al cervelletto c'è, è strutturale, non è che si può ricostruire ecco, e quindi l'unica cosa che possiamo fare è lavorare tutti i giorni per migliorare la sua qualità della vita.

Essendoci passata in prima persona, che supporti avresti voluto avere nel momento della notizia o che conoscenze vi sarebbero state utili?
Io son stata fortunata perchè sono stata al Gemelli, un'equipe davvero in gamba; mi avevano detto che se avevo bisogno avrei potuto appoggiarmi a un loro psicologo, ma loro mi hanno spiegato tutto, sono stata seguita bene, mi hanno dato dei buoni consigli, poi sicuramente io mi sono messa a cercare su Internet ma alla fine mi son detta “E' meglio non guardare” perchè era molto doloroso leggere notizie tristi, previsioni gravi di cui tra l'altro non conosci il significato e non sei nemmeno sicura possano riguardare tua figlia.

Parlare con Angela mi ha trasmesso un'energia incredibile, ho percepito la forza di una mamma che lotta nelle grandie nelle piccole cose per rendere la vita del proprio figlio la migliore possibile. Lei stessa mi ha parlato di “approccio alla vita” spiegandomi come a volte siamo noi stessi genitori a dare l'esempio sbagliato ai nostri figli: bisogna reagire, non disperare e gioire di ogni, singolo, piccolo successo.
Nulla è inutile, “un'ora di danceability vale ben più di dieci ore di terapie e ti permette di vedere negli occhi di tuo figlio/a la luce di un ragazzino che sta facendo qualcosa che gli piace, che lo motiva, che gli fa capire che anche lui può fare qualcosa e questo qualcosa è qualcosa di straordinario.

libri malattia rara“Tutti i bambini ridono allo stesso modo” uscirà domani 14 febbraio 2017 nelle librerie di Roma e sarà acquistabile online anche su Amazon (codice isbn 9788899290191).

Scheda libro:
Autore: Angela Agresti
Titolo: Tutti i bambini ridono allo stesso modo
Casa editrice: Ponte Sisto – Collana “Voci Invisibili”
Isbn 9788899290191
Prezzo: 8,00 Euro
www.edizionipontesisto.it
Pagina Facebook del libro

Donata Viero


Tieniti aggiornato. Iscriviti alla Newsletter!

Autorizzo al trattamento dei dati come da Privacy Policy