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Alcune associazioni scrivono alle istituzioni, documentando con una bibliografia di studi la necessità di vaccinare al più presto le persone con sindrome di Down e disabilità intellettive

Mentre la campagna vaccinale contro il Coronavirus è ormai partita e sta entrando a pieno regime in quella che è la fase 1, ovvero quella che vede la somministrazione del vaccino Pfizer a sanitari e socio sanitari, operatori, medici e ospiti di RSA, si moltiplicano gli appelli a riconsiderare il piano di distribuzione nelle varie fasce di popolazione.

In particolare, arriva dal mondo della disabilità un nuovo appello che chiede di vaccinare al più presto le persone con sindrome di Down e disabilità intellettive. Ad avanzare la richiesta sono le associazioni AIPD, ANFFAS e COORDOWN, in una lettera che i rispettivi presidenti hanno inviato ai principali referenti istituzionali: il premier Conte, il ministro della Salute Speranza, il presidente della Conferenza delle Regioni Bonaccini, il commissario per l'emergenza Arcuri, il presidente dell'Iss Brusaferro e il direttore generale dell'Aifa Magrini.

Su quali basi si fonda questa richiesta? Su alcune informazioni di recente acquisizione scientifica, che interessano le persone con sindrome di Down in rapporto non solo al rischio di contagio da Coronavirus, ma anche alle conseguenze maggiormente pesanti in caso di malattia da Covid-19.

MANCA UN PERCORSO SPECIFICO
La lettera inizia con la constatazione che, nonostante gli enormi sforzi del SSN, la pandemia non ha fatto altro che mettere in evidenza alcune problematiche già presenti, relative alla presa in carico di persone con disabilità, soprattutto intellettiva, tornando a sottolineate anche quanto sarebbe importante la presenza del caregiver in ospedale:
“L'attuale pandemia ha fortemente colpito il nostro Paese ed il rischio di contagio e di decesso ha modificato ogni nostro ritmo di vita. Le persone con tutte le disabilità, ma in particolare quelle con disabilità intellettiva che non si autodeterminano o non sono in grado di esprimere i loro bisogni, hanno pagato un prezzo molto alto insieme alle loro famiglie. Il Sistema Sanitario Nazionale ha certamente offerto quanto di meglio poteva, operando con un encomiabile sforzo e dedizione da parte dei sanitari che hanno messo a rischio la loro stessa salute e vita, ma la pandemia ha messo in evidenza, e non creato, una criticità nel sistema di cura soprattutto ospedaliero, che da tempo viene denunciato dai caregiver e dalle associazioni: la mancanza di un protocollo che preveda, per le persone incapaci di leggere in modo critico il contesto di cura in cui si vengono a trovare in ambiente ospedaliero, un percorso dedicato, specifico, che fornisca sostegni adeguati a decodificare la sofferenza di queste persone, con la presenza di un caregiver, che possa mediare la relazione con l'ambiente e in questo modo anche defaticare il sistema di cura e rendere più efficaci i percorsi terapeutici e riabilitativi per le persone con disabilità intellettive”.

STUDI SU COVID E SINDROME DI DOWN
Nella lettera, la richiesta di vaccinazione prioritaria viene supportata dalla citazione di una serie di informazioni estratte da recenti studi sulla correlazione tra sindrome di Down e Coronavirus. Tra queste, quelle relative alla comorbilità presenti spesso nella SD, che favorirebbero il contagio, le complicanze e il decesso delle persone con SD: “E' stato poi recentemente documentato, da uno studio condotto dalla Società Scientifica Internazionale T2lRS sulla relazione tra COviD 19 e Sindrome di Down e da un altro che ha coinvolto anche l'Istituto Superiore di Sanità, che le patologie da alterato funzionamento del sistema immunitario, le cardiopatie, la sindrome da apnee ostruttive, I'obesità, la demenza e il diabete, tutte comorbidità presenti spesso nella SD, favoriscono il contagio, le complicanze e il decesso delle persone con SD. Questa maggiore severità del COVID 19 nella SD interessa prevalentemente la popolazione oltre i 40 anni, ma anche i giovani dai 16 anni in poi, nel caso siano affetti dalle patologie sopra esposte, con una incidenza 3-4 volte maggiore rispetto alla popolazione senza SD. I ricercatori della T2LRS concludono che, data la fragilità in termini di salute insita nella sindrome stessa, le persone con SD richiedono un'attenzione nei percorsi di cura e di ospedalizzazione ed hanno 'fortemente " raccomandato di considerare per le persone con SD oltre i 40 anni una priorità nel Piano delle vaccinazioni”.

RICHIESTE DA SOGGETTI INTERNAZONALI
Infine, la lettera cita anche altre richieste di vaccinare prioritariamente le persone con SD, da parte di altri esperti internazionali: Anche il Joint Committee on Vaccination and Immunisation del Regno Unito ha indicato questa priorità, rivolta non solo alle persone con SD che sono in situazione dì istituzionalizzazione e anziani, ma anche per tutti quelli che vivono a domicilio, portatori dei quadri clinici che incrementano il rischio e comunque per quelli di ogni età dai 16 anni in su. A questa richiesta di assicurare la priorità di vaccinazione alle persone con SD si uniscono un gruppo di ricercatori e clinici dedicati allo studio e alla cura della sindrome, che hanno condiviso le attuali ricerche nazionali ed internazionali”.

Le associazioni chiedono infine un incontro con i destinatari della lettera, per poter illustrare e approfondire queste richieste, “consapevoli della condizione dei nostri figli e congiunti che manifestano purtroppo tutta lo loro fragilità rispetto al COYID 19 e a tutela della loro non autodeterminazione in ambito di salute e del loro diritto alle cure nel rispetto delle scelte individuali e delle loro famiglie”.

Per approfondire:

Il piano strategico vaccino Covid

Il sito dedicato alle vaccinazioni contro il coronavirus

In disabilicom:

Coronavirus: attivo un servizio tamponi per persone disabili al San Camillo-Forlanini

Tamponi Coronavirus al drive-in: famiglie chiedono alternative per le persone con disabilità

L’appello: vaccino anti coronavirus con priorità anche alle persone con disabilità

Redazione

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