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#NotSpecialNeeds è il motto della nuova campagna di CoorDown in occasione della Giornata Mondiale della sindrome di Down

La percezione della disabilità passa anche - eccome! - per le parole che utilizziamo per parlarne e per rappresentarla. A qualcuno potrebbe sembrare una cosa dalla importanza relativa, ma se la pensiamo così sbagliamo di grosso. E se la pensiamo così può essere che, in fondo, cerchiamo anche una giustificazione alla leggerezza con la quale a volte usiamo termini non appropriati, magari certo in modo non intenzionale, per carità.

SINDROME DI DOWN E PAROLE - Fare attenzione alle parole che usiamo per definire il mondo che ci circonda è fare la nostra piccolissima ma fondamentale parte in quel processo di cambiamento culturale che ancora richiede la condizione di disabilità. E allora abbracciamo la provocazione che CoorDown  Onlus - Coordinamento Nazionale Associazioni delle persone con sindrome di Down lancia a tutti noi, in occasione della Giornata Mondiale della sindrome di Down, che cade il 21 marzo.

LA PROVOCAZIONE - Ebbene, immaginate se le persone con sindrome di Down avessero bisogno di mangiare uova di dinosauro, indossare un’armatura, essere svegliati ogni mattina da una celebrity. Questi sarebbero sicuramente “bisogni speciali”.  Ma studiare, trovare un lavoro, avere degli amici, praticare sport non sono invece i bisogni che hanno tutte le persone? Perché allora utilizzare quel “bisogni speciali” che, magari con buone intenzioni, nella realtà si traduce nella creazione di una distanza?

BISOGNI SEMPLICEMENTE UMANI - Ricevere un’istruzione adeguata, trovare un lavoro, andare a vivere da soli. Ma anche uscire con gli amici, praticare sport, avere una relazione sentimentale, esercitare pienamente i propri diritti di cittadino. Aspetti importanti della vita di ciascuno di noi e bisogni che a nessuno verrebbe in mente di definire speciali. Eppure è proprio questo il modo in cui spesso vengono etichettati i bisogni quando si riferiscono alle persone con sindrome di Down.
L’espressione “bisogni speciali” è un eufemismo molto diffuso per parlare delle persone con disabilità e delle loro necessità. Ma a guardare bene, le persone con sindrome di Down hanno le stesse esigenze di chiunque altro: studiare, lavorare, avere delle opportunità, far sentire la propria voce ed essere ascoltati. Certo, possono aver bisogno di un sostegno - che qualche volta significa assistenza vera e propria - ma questo non cambia la natura di quelle esigenze, cioè non rende “speciali” dei bisogni semplicemente umani. Una persona, per esempio, che necessita di aiuto nel parlare, nello scrivere o nell’essere capita ha la stessa esigenza di tutti noi, cioè quella di comunicare. La sola cosa differente è il grado di assistenza o il modo per soddisfare quel bisogno, non il bisogno stesso.

STAR INTERNAZIONALI - Intorno a questo concetto ruota la nuova campagna di sensibilizzazione internazionale di CoorDown Onlus realizzata con la collaborazione dell’agenzia di pubblicità Publicis New York. Ne è nato il breve film “Not Special Needs” che trovate qui sotto, diretto da Wayne McClammy con la partecipazione di Lauren Potter, l’attrice ventisettenne con sindrome di Down che ha interpretato, fra gli altri, il ruolo di Becky Jackson in “Glee”, la fortunata serie musicale trasmessa per sei stagioni da Fox e della star newyorkese John McGinley, noto soprattutto per il ruolo del dottor Perry Cox nella serie televisiva “Scrubs - Medici ai primi ferri”.

La piattaforma www.notspecialneeds.com raccoglie articoli, approfondimenti sul tema e testimonianze dirette di ragazzi con sindrome di Down. “Not Special Needs” è stata realizzata insieme a DSi – Down SyndromeInternational e con il contributo di Down Syndrome Australia, Down’s Syndrome Association (UK) e Fondation Lejeune (Francia).

Possiamo partecipare attivamente alla diffusione della campagna, usando gli hashtag ufficiali: #NotSpecialNeeds e #WDSD17



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Francesca Martin


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