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bambino di profilo su uno sfondo a tasselli di puzzleGli interventi Educativi cognitivo e comportamentali in caso di autismo e disabilità evolutive
conducono ad un miglioramento sostanziale della qualità della vita

...ho una bimba disabile, sto facendo tutto quello che è possibile e l'impossibile per lei, ma non so se servirà per farle raggiungere un minimo di indipendenza nella vita. (…)” “(…) le stiamo facendo fare la fisioterapia e psicomotricità. Ma ho dei dubbi, non riesco a trovare informazioni, anche se abito in una grande città, è difficile azzeccare le persone giuste, le terapie giuste (…)”.
(…) SIAMO LASCIATI SOLI da tutti, nessuna info, nessun consiglio (…)” “ (…) Se vi va di raccontarmi la vostra storia e se posso chiedervi qualche informazione, perchè brancolo nel buio, se avete qualche dritta, novità, quali terapie sono consigliate (…)”…
Queste le testimonianze di genitori che emergono come richieste di aiuto dal forum di disabili.com, testimonianze che evidenziano le difficoltà in cui versano le famiglie di bambini con disabilità dello sviluppo nel trovare la strada giusta. Sempre più spesso, nel web e soprattutto nei forum di genitori, si parla di “percorsi riabilitativi” e anche le linee guida raccomandano interventi abilitativi ed educativi.


Riabilitazione, quindi. Sì, ma quale? Una risposta ci viene dalla letteratura scientifica che negli ultimi trent’anni ha dimostrato l’efficacia di strategie educative di intervento cognitivo-comportamentale.
Il trattamento educativo mira a raggiungere obiettivi a breve-medio-lungo termine, agendo a 360° sui bambini con disabilità, andando a lavorare contemporaneamente su più aree di sviluppo, a seconda dei bisogni del bambino: linguaggio, comunicazione, cognizione, attenzione, percezione, motricità, abilità di relazione e comportamento.


PRINCIPI DELL’INTERVENTO COGNITIVO-COMPORTAMENTALE

Utilizzare un intervento educativo cognitivo comportamentale implica alcune considerazioni: l’approccio è quello dell’insegnamento di abilità, in un’ottica in cui il bambino non è “paziente” ma “allievo” e l’ambiente di insegnamento è molto frequentemente il domicilio del bimbo. L’insegnamento si realizza facendo leva sul costruire la motivazione del bambino ad apprendere: i nostri allievi con diagnosi sono per loro natura poco inclini all’apprendimento dall’ambiente naturale, poco sensibili alle interazioni sociali e poco disposti a collaborare solo perché glielo stiamo chiedendo. Occorre creare occasioni di motivazione per loro, rendere il lavoro interessante perché piacevole è quello che gli offriremo in cambio. Occorre, quindi, avere un buon rinforzo, il “premio”, in cambio del quale saranno disposti ad accettare istruzioni e richieste da parte dell’ambiente. I rinforzi posso essere di varia natura: un cibo preferito, un giocattolo,o la semplice interazione con l’operatore. L’obiettivo è che a lungo andare il bambino diventi sempre più sensibile ai rinforzi sociali e meno a quelli materiali.


IL PROGRAMMA EDUCATIVO

Nella pratica clinica, le aree di cui sono deficitari i nostri bambini – aree che emergono dalla valutazione iniziale - divengono obiettivi di trattamento. Parliamo dell’area della comunicazione, del linguaggio, delle abilità cognitive, delle autonomie, del gioco, della socializzazione. All’interno di tali aree, a seconda dei bisogni, del livello e delle carenze legati al singolo bambino, sono individuate le abilità da implementare attraverso training specifici, svolti presso lo studio professionale o più spesso presso il domicilio dell’allievo e strutturati attraverso lavoro 1:1 con l’operatore. Il coinvolgimento massiccio della famiglia catalizza i processi di apprendimento e rende possibile la generalizzazione nel contesto extraterapeutico degli obiettivi raggiunti.
Uno degli strumenti che maggiormente si è rivelato efficace nel lavoro con le famiglie di bimbi con disabilità, è il Parent Training. Si stratta di un aiuto specialistico per i genitori, per aiutarli a migliorare la comprensione dei comportamenti dei loro figli e riuscire così a trovare strategie efficaci di fronteggiamento. Si compone di sedute genitoriali o familiari dove sono principalmente trasmesse informazioni da parte del professionista specializzato atte a trasmettere abilità specifiche ai genitori di gestione.


L’INTEGRAZIONE SCOLASTICA

Un programma educativo cognitivo comportamentale è efficace solo se l’esperienza di apprendimento è sperimentata simultaneamente in tutti i contesti di vita del bambino per consentire la condivisione e l’utilizzo delle metodologie educative specifiche negli ambienti di vita del bambino, nella scuola e in famiglia.
Anche in questo caso, il compito del professionista è di trasmettere le informazioni necessarie agli insegnanti, sia nella conduzione degli obiettivi scolastici del programma di trattamento, sia nell’acquisire idonee abilità di gestione di eventuali comportamenti problema. Gli obiettivi scolastici prevedono, oltre l’implementazione di abilità accademiche, organizzare momenti di gioco sociale, generalizzare le abilità apprese nel setting strutturato, permettere al bambino di sperimentare più occasioni in cui fare richieste, rispondere a domande o istruzioni.


A CHI RIVOLGERSI?

Un buon intervento cognitivo comportamentale, perché risulti efficace, necessita di un training altamente intensivo: la ricerca parla di almeno 20-25 ore a settimana. Questo pone un grosso interrogativo: esistono strutture pubbliche che elargiscono questo tipo di intervento, con personale altamente specializzato e che garantisca l’intensità raccomandata?
Attualmente, nel panorama italiano, le uniche terapie prescritte per bambini con diagnosi sono la psicomotricità e la logopedia, in strutture ambulatoriali e con un numero di ore di gran lunga inferiore alle 20 a settimana. Siamo ben lontani dalle raccomandazioni delle linee guida. Questo porta inevitabilmente i genitori a rivolgersi a professionisti privati, che dovrebbero avere formazione specifica cognitivo comportamentale, attestata e certificata pratica clinica e formazione continua. Queste le credenziali che tutti i genitori che intraprendono un percorso intensivo privato devono pretendere dai professionisti a cui si rivolgono, in attesa di una normativa nazionale che regoli la specificità delle metodologie di trattamento e imponga una formazione altamente specializzata dei professionisti che hanno in carico bambini con disabilità, allineandosi sempre più alle raccomandazioni delle linee guida e rendendo possibile la sostenibilità economica di un trattamento intensivo.


Per approfondire:

Linee Guida trattamento disturbi spettro autistico

Tecniche di base del metodo comportamentale, R. Foxx, ed. Erickson

Migliorare la comunicazione quotidiana dei bambini disabili, J. Sigafoos, M.A. Kelly, N. Butterfield, ed. Erickson


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Bianca Maria Nicoletti

 

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