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I legali del centri antidiscriminazione di LEDHA hanno stilato un documento per aiutare le famiglie a tutelarsi da rifiuti o richieste di rette più alte per l’iscrizione ai centri estivi da parte di bambini o ragazzi disabili

I centri estivi rappresentano spesso, per i genitori di bambini o ragazzi con disabilità, una vera e propria sfida. Non sono rari gli episodi di bambini disabili non accettati ai centri estivi, o di richieste di compartecipazione alla spesa più elevate (qui invece trovate le istruzioni per accedere al bonus centri estivi, ndr).

RIFIUTI O RETTE MAGGIORATE SONO CONDOTTE DISCRIMINATORIE
Il più delle volte il diniego o la richiesta di retta integrata avanzati dai gestori derivano dalla incapacità o impossibilità a fornire l’adeguato supporto ed assistenza che questi bambini richiedono. Ma ciò non significa che ciò sia legalmente corretto. A ricordarlo è LEDHA-Lega per i diritti delle persone con disabilità che, grazie ai legali del suo Centro Antidiscriminazione Franco Bomprezzi, ha stilato un parere in cui si sottolinea come questi comportamenti rappresentino una condotta potenzialmente discriminatoria, in violazione della legge 67/2006 e della Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità (qui il caso di un comune condannato a risarcire una famiglia, ndr).

I CENTRI ESTIVI DI QUESTA ESTATE
Per questa estate
, segnata anch’essa dalle conseguenze della pandemia di Covid-19, la situazione sul fronte centri estivi e disabilità potrebbe essere ancora più difficile, mettono in guardia dalla LEDHA.
Da quelle che sono le segnalazione che l’associazione sta raccogliendo, sembra che molti comuni ed enti gestori si stiano attenendo rigidamente alla norma che impone il rapporto 1:1 tra educatori e minori con disabilità. Si tratta del DPCM 11 giugno 2020 che prevede che i Comuni, nell'organizzare le attività estive rivolte ai minori, rivolgano "particolare attenzione e cura alla definizione di modalità di attività e misure di sicurezza specifiche" per coinvolgere i minori con disabilità. "Ma gli enti organizzatori dei Centri estivi e molti Comuni si stanno attenendo troppo letteralmente a un dettato normativo generico e non esaustivo -scrivono i legali del Centro Antidiscriminazione di LEDHA-. Interpretando in modo erroneamente restrittivo l'indicazione di quel rapporto numerico, che nel caso di bambini ed adolescenti con disabilità, deve essere potenziato integrando la dotazione di operatori, educatori o animatori nel gruppo dove viene accolto il bambino ed adolescente, portando il rapporto numerico a un operatore, educatore o animatore per un bambino o adolescente". In altre parole, i Centri estivi e i Comuni si stanno trincerando dietro la norma governativa, escludendo o limitando la frequenza a bambini e ragazzi con disabilità affermando di non essere in grado di consentire il cosiddetto rapporto "1:1"- dichiarano gli esperti LEDHA.

LE FAMIGLIE NON DEVONO PAGARE DI PIU’
Come comportarsi, quindi? Al fine di evitare una condotta discriminatoria, i legali di LEDHA sottolineano come occorra valutare caso per caso, analizzando la situazione e le specifiche esigenze del singolo minore con disabilità per decidere se sia necessaria o meno la presenza di un educatore dedicato. E in nessun caso questo deve comportare un ulteriore onere a carico della famiglia: gli eventuali costi extra dovuti all'applicazione di questo provvedimento, infatti, devono ricadere sui Comuni e non sulle famiglie.

Conclude l'avvocato Laura Abet, del Centro Antidiscriminazione di LEDHA: “Ai minori con disabilità, che sono tra i soggetti più provati dal lungo periodo di lockdown e dalla chiusura delle scuole, deve essere garantito il diritto a una piena partecipazione ai centri estivi: non un giorno di meno, non un euro in più".

Per approfondire:

Il parere dei legali LEDHA su centri estivi e bambini con disabilità

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Redazione

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