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duellanti di scherma in carrozzina Una visione lungimirante e coraggiosa l'ha resa un modello da seguire non solo in ambito sportivo

Lo sport è uno strumento di integrazione veramente efficace . Questo è ormai risaputo. Quello che forse è meno noto, è l'esistenza di una disciplina sportiva che, a mio parere, incarna perfettamente il concetto di sport senza barriere. Mi riferisco alla scherma paralimpica, sport che pratico ormai da diverso tempo dopo essermi cimentata nello sci e non solo.

La scherma mi aveva sempre affascinato, per quel suo sapore nobile e antico, per la bellezza del gesto atletico e anche, perché negarlo, per quella divisa bianca che rende tutto ancor più elegante.
Io ho iniziato una sera di dicembre di qualche anno fa e non ho più smesso perché mi è entrata  nelle vene.
Ho scoperto infatti, grazie in primis a due splendidi  maestri, un mondo straordinario fatto di sudore, fatica ma soprattutto tante soddisfazioni.
La soddisfazione di riuscire a controllare l'arma (spada, fioretto o sciabola poco importa) acquisendo quella manualità fine che è la bestia nera di tante patologie.
La soddisfazione di calare la maschera sul volto e chiudere il mondo fuori, caricarsi di energia positiva per andare a bersaglio e poi, quella stessa energia, portarla fuori dalla sala per affrontare al meglio e a testa alta la vita quotidiana.
La soddisfazione, dulcis in fundo, di gareggiare, e di poterlo fare insieme ad atleti non paralimpici.

Il calendario è infatti pressoché identico e questo permette di sentirsi parte di un unico grande gruppo, sensazione,  questa, che si amplifica poi quando ci si allena  o si affronta una gara cosiddetta integrata, dove atleti disabili e non si affrontano alla pari sedendo entrambi sulla sedia a rotelle regolamentare.
Il fatto di poter condividere gli spazi con i nostri omologhi normodotati, magari trovandosi in pedana a pochi metri da grandi campioni, avere l'opportunità di dettare le regole del gioco, facendo sedere qualcuno su una carrozzina, dandogli così una nuova prospettiva dello sport che tanto ama, ritengo sia fantastico. Fantastico perché  la carrozzina, in questo contesto, ritorna ad essere quello che è, non un modo di essere o un marchio, ma un mero mezzo atto a facilitare gli spostamenti e le attività.
Fantastico perché sono rare le occasioni in cui  possiamo mostrare il mondo dalla nostra visuale, e quando riusciamo a farlo, possiamo stare certi di aver aiutato quel cambio di mentalità che auspichiamo tanto spesso.

Spero  vivamente che il modello scherma si diffonda presto non solo in altri settori del mondo dello sport ma anche e soprattutto nella nostra società tutta, per dare finalmente la stoccata decisiva alle troppe barriere, non solo fisiche, che ancora ci circondano.

Dott.ssa Agnese Villa Boccalari

(Mi si permetta di dedicare questo articolo al grande Campione e compianto Maestro Ryszard Zub che mi ha introdotto con pazienza e determinazione nel mondo schermistico).


In disabili.com:

Io, che sott'acqua non sono disabile

Scherma: per chi non sente ci vuole polso


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