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donna in carrozzina in accappatoio a bordo piscina“Per la prima volta qualcuno non ha detto no, non ha detto mai piu’, non ha detto mi dispiace. Ha detto forse”

 

Dopo averci raccontato come ha affrontato la diagnosi di una malattia rara e la disabilità conseguente, contando sul sorriso, sull’ottimismo e sulla voglia di non dargliela vinta, Lila ci porta con sé nel resoconto personale e sentitissimo di un magico ritorno sott’acqua. Per lei, che le sentenze mediche avevano spazzato per sempre il sogno di potersi ri-immergere, è un ritorno alle origini, ed è anche segnare, ancora una volta, un punto contro la sua disabilità, a favore della sua persona e della sua natura, limiti compresi.
A lei il racconto che segue.

 

I limiti esistono, e se non li riconoscessimo saremmo dei folli. Nuotare oltre il limite acque sicure spesso è da stupidi, oltre che da egoisti: si mette in pericolo la propria vita e quella di chi ti deve venire a prendere.  Questo dicono le regole del Mare, e se lo ami rispetti la sua legge.
Proprio per il rigore di questa legge marina, nel 2004, a causa di una malformazione cardiaca e di una serie di patologie ad essa correlate, il responso medico fu chiaro: niente più immersioni. Dimentica il mondo subacqueo, ragazza mia, lascia che sia un bel ricordo.

 

Avevo promesso al mio primo compagno di immersione che saremmo tornati insieme a volare sulla prua di quel maestoso relitto sommerso; era una promessa che non avrei potuto mantenere. Non fu questione di arrendersi, ma di accettare una condizione di vita che avrebbe messo in pericolo me ed i miei compagni.
Io, sebbene col sale nelle vene, ero stata molto diligente ed avevo riposto con cura ogni ricordo della subacquea in un cassetto con le piastrelle di tormalina azzurra pronta a tenerlo lì in eterno e non vedere mai più lo spettacolo del sole sdraiata a faccia in su, immersa nell’abbraccio del mare.
Mi mancava il mondo subacqueo, ma il messaggio era stato chiaro.

 

2015. Sono passati tanti anni ed ormai alle immersioni non penso più… beh, quasi, perché quando scopro che nella mia città si tiene una conferenza sui misteri del Titanic mi precipito ad ascoltare affascinata. E’ lì che conosco Paolo; ci presentano con la stretta di mano di rito (ahia… per chi ha la Sindrome di Ehlers Danlos non è un bel momento, la stretta di mano) e qualcuno mi dice che, fra le sue innumerevoli passioni, Paolo è un DIVER. Un sub. Un ISTRUTTORE di subacquea.
Mi si ferma il respiro e mi si secca la gola, mentre Paolo sorride. “Hai mai fatto immersioni?”  Prendo un respiro lunghissimo e mi preparo a raccontare.
La mia storia si dipana velocemente: sì, cinque, nel 2004 fra Sharm e Hurgada, relitti, mante, bombole, attrezzatura, poi però la mia malattia… bla bla bla, non potrò mai più immergermi.
Paolo in quel momento ha le mani in tasca come un ragazzino e gli occhi persi in aria. Forse non mi ascolta, forse sì. In realtà sta pensando, e dopo un po’ gli scappa un’ innocua, innocente frase:  “BEH, PERO’ FORSE…” FORSE. Ha detto FORSE. Per la prima volta qualcuno non ha detto NO, non ha detto MAI PIU’, non ha detto MI DISPIACE. Ha detto FORSE, ha aperto il cassetto con le piastrelle di tormalina azzurra ed i sogni sono usciti fluttuando immersi in tante bellissime e libere bolle.
E la mia vita da quel “forse” è cambiata.

 

E’ Novembre, ed inizia la sfida. Un programma di fisioterapia mirata, esercizi su misura, l’impegno psicologico, il prendere a testate ogni giorno il dolore, le cadute innumerevoli, la voglia di arrendersi. Scomodare un medico dietro l’altro per avere pareri, opinioni, indagini. La tecnologia è andata avanti e sono cambiate le mie esigenze di sub: non più immersioni a 40 mt, ma soltanto 5, sufficienti per giocare e godere dell’abbraccio di quello che da sempre è il mio mondo salato.
Cinque minuscoli, immensi metri per tornare a credere in sé stessi.
Cinque giganteschi metri per liberarsi di anni di negazioni.
Fra mille precauzioni, a Marzo arriva un delicato SI’ dal personale medico, a patto che avvenga in piscina e ad un massimo di 3 mt. Io sono pronta.

 

Paolo mi parla di Red Sub, associazione sportiva dilettantistica senza fini di lucro, nata a Castellanza nel 1996 per volontà di un piccolo gruppo di amici ed istruttori che dopo aver lavorato in altre associazioni decide di compiere questo passo.  Red Sub che si incontra in piscina ogni giovedì, che è pronta a prestarmi l’attrezzatura ed il supporto di tante mani amiche per aiutarmi. Ma ce la farò? L’ultima volta che mi sono immersa ero completamente indipendente. Oggi devo venire a bordo vasca con la carrozzina.

 

Ce la farò? Peserò troppo su Paolo e sugli altri? Darò fastidio? Sarò d’intralcio?  Questi problemi, quando arrivo alla Red Sub, svaniscono come per incanto. E’ come se mi avessero sempre avuta con loro.  Sorrisi, strette di donna in piscina con muta da sub abbraccia un amicomano (ahia!) qualcuno mi spinge in giro e mi mostra la piscina, qualcuno mi aiuta a svestirmi, qualcuno mi mostra gli spogliatoi… l’emozione cresce ed aumenta. Ho i piedi in acqua, la muta e qualcosa di gigantesco che mi cresce nel cuore e mi blocca la gola. Gioia, felicità, emozione, commozione, tutto si mischia nel fluire dell’acqua.
“Scendiamo?” la voce di Paolo mi riporta alla realtà: è il momento.
E’ il 5 Marzo del 2015 ed io sono di nuovo sott’acqua, sostenuta dall’abbraccio di un sacco di nuovi amici. Sembriamo tanti buffi delfini vestiti da uomini.
Tremo forte. Il respiratore mi sfugge di bocca, lo riacchiappo e lo mordo come se dovesse ancorarmi alla vita; sto respirando di nuovo nel mio elemento perduto.
Stiamo sotto quello che a me sembra mezzo minuto (in realtà passa mezz’ora) ma non ricordo il momento in cui riemergo.  Gioia, felicità, emozione, commozione, tutto sconfina e tracima dagli occhi e dai polmoni stretti per anni in angusti divieti.
Piango, piango, piango e mi sento amata dall’acqua attorno a me… rinasco. Paolo mi abbraccia stretta, e dopo di lui tanti, tanti e tanti ancora.  Mio marito ed i suoi occhi d’acqua piangono con me ma lui ride di gioia, perché ha scattato fotografie straordinarie che rimarranno in eterno.

 

Ce l’ho fatta, ce l’abbiamo fatta: E’ il 5 Marzo del 2015 ed io, sebbene disabile, sott’acqua NON SONO DISABILE.

donna in immersione in piscina

donna a bordo piscina in muta da sub

 

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Redazione

 

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