Menu

Tipografia

E’ possibile includere con la didattica a distanza? Come potrà ripartire la scuola? Cosa possiamo fare durante l’estate? Ne parliamo con R. Iosa

Nelle ultime settimane ampio è stato il dibattito sulla cosiddetta didattica a distanza ed anche noi ci siamo interrogati più volte sulle sue possibilità  e sui suoi limiti. Molto si è detto sul rischio di esclusione degli alunni con disabilità, con svantaggi o con altri bisogni educativi speciali e tanto interesse ha suscitato la spontanea vicinanza che si è creata immediatamente tra docenti e alunni, assolutamente peculiare ed inedita, preziosamente umana. A tal proposito, R. Iosa, ex ispettore scolastico da sempre impegnato su più fronti a promuovere costanti dialoghi inclusivi tra i vari soggetti impegnati nell’educazione e nella formazione dei ragazzi, preferisce usare il termine pedagogia della vicinanza, quale probabile contributo più prezioso in questi giorni difficili. Lo abbiamo raggiunto per aiutarci a dirimere qualche incertezza e qualche dubbio su questo particolarissimo periodo che stiamo vivendo. Lo ringraziano per la cortese disponibilità

Cosa pensa, ispettore, della didattica a distanza?
Ritengo che stiamo assistendo ad una risposta inattesa e straordinaria da parte degli insegnanti, quella che Spinoza chiama passione generosa. La didattica a distanza non esiste, ciò che stiamo vedendo è didattica e pedagogia della vicinanza, realizzata con le macchine che la modernità ci permette di usare. I risultati migliori sono certamente quelli di chi sta praticando didattiche attive, centrate sulla relazione. I docenti hanno capito che il vero problema è il confinamento, con la sensazione di smarrimento che ne deriva, quindi, anche se in alcuni casi con qualche dilettantismo, c’è stata comunque la piena volontà di usare queste macchine per raggiungere gli allievi, con la consapevolezza dei loro pregi e dei loro limiti. Questa eccezionale esperienza necessita di una rottura dei modelli tradizionali, non avrebbe senso scimmiottare l’aula. Questa esperienza non deve andare perduta, ma ottimizzata al rientro in aula. Vogliamo sperare che al rientro il rapporto tra analogico e digitale possa essere diverso.

Vi sono rischi di esclusione degli alunni con disabilità o altri BES?
La situazione potrebbe diventare drammatica, ma potrebbe anche essere occasione per comprendere appieno il valore dell’inclusione, da portare poi in classe. La disabilità comporta sempre una relazione difficile, perché c’è un impedimento e le famiglie in questo periodo purtroppo patiscono perché è stata sottratta totalmente la comunità. Però proprio questo dialogo continuo e necessario tra le famiglie e i docenti può avviare oggi a nuovi modi di relazione, perché tra di essi emerge la dimensione dell’intimo: la casa, il divano, le immagini di situazioni afferenti alla vita personale e quotidiana, quella normalità di tutti. La dimensione dell’intimo può creare nuove relazioni con gli alunni, con i docenti e con le famiglie, ma anche tra docenti, perché emerge l’aspetto umano, il risvolto umano in una videochiamata, in una video lezione, o anche in una riunione su una piattaforma. La relazione e l’interazione sono oggi essenziali per recuperare e salvaguardare quella socialità essenziale per l’inclusione. Per il futuro occorre ripensare con attenzione al rapporto tra tecnologia e diritti, tra tecnologia e discriminazione, a questa ambivalenza che bisogna invece indirizzare appieno verso le enormi potenzialità per l’inclusione. Si sta comunque lavorando molto su questo: la necessità è infatti una grande leva, è la resilienza ad agire sulla necessità. Questo aspetto ai fini dell’inclusione degli alunni con disabilità è fondamentale ed è certamente al centro dell’azione di docenti, famiglie ed alunni.

Lei ha recentemente parlato di un “patto educativo territoriale” per liberare i bambini dal confinamento. Di cosa si tratta?
I bambini non possono subire troppo questa situazione, non devono pagare loro. Serve un accomodamento ragionevole, bisogna adattare il mondo per farli uscire di casa, perché possano tornare ad essere bambini. Non è solo la priorità economica che deve spingere alla riapertura, ma anche la necessità di far crescere i bambini, di liberarli. In estate occorrerebbe ripensare gli spazi comuni e delle comunità per progetti territoriali integrati tra scuola e comuni. Non si deve trattare dei meri centri estivi, dev’esservi pure la scuola perché la scuola è nel territorio. I bambini ed i ragazzi hanno bisogni di ritrovare i docenti, o almeno alcuni, hanno necessità di ricreare relazione, in spazi educativi con adulti eterogeni, tra cui anche gli insegnanti. Vi è necessità di accordi formativi territoriali, incentivati, per opportunità eccezionali, perché stiamo vivendo qualcosa di eccezionale.

La proposta appare immediatamente inclusiva…
Certamente, una proposta di questo tipo è fortemente inclusiva, perché ricerca socialità e possibilità di incontro, nasce proprio per questo.

Non possiamo dare risposte ordinarie a situazioni straordinarie.

APPROFONDIMENTI
L’inclusione via web

In disabili.com
Decreto scuola sulla didattica a distanza

Tina Naccarato

bottoncino newsletter
Privacy Policy

Quando invii il modulo, controlla la tua inbox per confermare l'iscrizione

Tieniti aggiornato. Iscriviti alla Newsletter!

Autorizzo al trattamento dei dati come da Privacy Policy