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La sentenza boccia il regolamento della città di Torino che, conscia dell’insufficiente numero di parcheggi riservati ai possessori di contrassegno disabili, prevede la gratuità su strisce blu solo in alcuni casi

La Corte di Cassazione si è espressa in merito ad un caso che è destinato a far discutere. I giudici hanno accolto il ricorso di una persona disabile e della onlus Utim (Unione per la tutela delle persone con disabilità intellettiva) contro il regolamento del Comune di Torino che prevede la possibilità, solo per i disabili con patente e auto (titolari di contrassegno invalidi), di parcheggiare gratuitamente sulle strisce blu - quando i posti riservati siano occupati -  e prevedendo invece, per coloro non muniti di patente o auto propria, lo stesso diritto solo dopo aver dimostrato di dover recarsi in centro almeno 10 volte al mese per esigenze di lavoro o cura.

La Cassazione, nella sentenza 24936 ha ribaltato i primi due gradi di giudizio, che avevano dato torto al ricorrente, stabilendo che anche le persone con disabilità titolari di contrassegno ma prive di auto o patente devono aver diritto di parcheggiare (o meglio, far parcheggiare l’auto dei loro accompagnatori) sulle strisce blu della città, quando i posti riservati ai disabili siano tutti occupati.

La Cassazione ha ritenuto che, pur avendo posto in essere una condotta positiva finalizzata ad agevolare una categoria di disabili, rilasciare agli automobilisti disabili muniti di auto e patente lo speciale permesso gratuito di parcheggio, e invece richiedere di provare la necessità di accessi frequenti in città alle persone disabili non munite di patente e auto (e quindi presumibilmente anche in una situazione di maggior gravità) con bisogno di un familiare per spostarsi, fosse di fatto una discriminazione indiretta, da parte del Comune di Torino, ai danni di queste ultime.

Tra le altre cose, la Cassazione non ha ritenuto condivisibile la posizione della Corte d’Appello di Torino che avevano giustificato la disparità di trattamento con il fatto che, poiché la ricorrente si recava sporadicamente in centro, l’esborso alle sue spese non era consistente in relazione alle sua condizioni economiche. In primo luogo non era condivisibile perché la ricorrente non era solo la signora, ma anche la onlus Utim, a tutela di tutte le persone con disabilità, e in secondo luogo perché la finalità della gratuità del parcheggio non deve essere tanto – o solo - quella dell’agevolazione economica, quanto quella della promozione della partecipazione alla vita della comunità da parte delle persone con disabilità.

Nel motivare la sua decisione, la Cassazione ha fatto infatti riferimento in particolare alla Convenzione ONU sui Diritti delle persone con Disabilità, e alla carta dei diritti fondamentali, richiamando in particolare i diritti alla mobilità, all’inserimento sociale e alla vita di comunità. Subordinando, infatti, la gratuità del parcheggio alla frequenza delle visite in centro città solo per motivi di lavoro, assistenza e di cura, di fatto si sminuisce l’importanza e il valore di altre attività, anche di mero svago e di relazione sociale.

Ora la Corte di Appello di Torino dovrà rimuovere gli effetti discriminatori della delibera estendendo il "beneficio" previsto per le persone disabili con patente ed autovettura anche a coloro che siano prive di auto  e patente, e dovrà anche riesaminare le domande di risarcimento danni presentate da altri.

Per approfondire:
Il testo della sentenza 24936

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Redazione

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