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L'Italia è tra ultimi Paesi in Europa per quota di spesa sanitaria dedicata alla salute mentale

La pandemia da Covid ha funto da acceleratore dei disturbi mentali, scoperchiando un vaso già per molti aspetti critico, se consideriamo che secondo l'Organizzazione mondiale della sanità (Oms), quasi 1 miliardo di persone nel mondo vive con almeno un disturbo mentale (una persona su dieci a livello globale), con un trend di numeri in aumento. Direttamente correlata all’aspettativa di vita, ai tassi di morte e suicidi, come pure alla produttività, al lavoro e all’assenteismo, il tema della salute mentale è quanto mai attuale e prioritario.
In questo contesto si inserisce una ricerca che, concentrandosi sull’Italia, ha consentito di fare una proiezione di spesa per comprendere, sulla base di quanto si investe oggi in salute mentale, si dovrebbe aumentare nelle risorse dedicate.

LA RICERCA
Il Progetto MORe, Mental health Optimization of Resources, realizzato da Deloitte Consulting in collaborazione con Janssen Italia, con la partecipazione di rappresentanti delle Società scientifiche, dell'Accademia, delle Associazioni di pazienti, delle Istituzioni e del settore farmaceutico, si è proposto di analizzare le principali criticità organizzative e gestionali nel percorso di cura e assistenza dei pazienti con disturbi mentali. Obiettivo dello studio è stato quello di fornire indicazioni preliminari alle Istituzioni per la futura programmazione delle risorse evidenziando le aree prioritarie di investimento.

CONFRONTO CON IL RESTO D’EUROPA
Dai dati emerge che l’Italia si colloca fra gli ultimi posti in Europa per la quota di spesa sanitaria dedicata alla salute mentale destinandovi circa il 3,4% della spesa sanitaria complessiva mentre i principali Paesi ad alto reddito ne dedicano più del 10%.

QUANTI SOLDI SERVIREBBERO
Secondo lo studio, a fronte dei 4 miliardi attuali dedicati alla spesa per la salute mentale la necessità calcolata è di incrementare gli investimenti di almeno 1,9 miliardi in tre anni, utili a sopperire alla carenza di personale sociosanitario, adeguare la spesa necessaria per trattamenti farmacologici e non, formare tramite i corsi di aggiornamento i clinici ed informare i cittadini, adeguare le strutture di assistenza preesistenti e aumentare l'utilizzo della telemedicina.

Un obiettivo in linea con i numerosi interventi promossi dalla Società italiana di psichiatria (Sip) e con la lettera di appello diffusa a gennaio di quest'anno, in cui 91 direttori dei Dipartimenti di salute mentale (Dsm) hanno richiesto alle Istituzioni di "destinare, al massimo in un triennio, oltre 2 miliardi aggiuntivi rispetto ai 4 miliardi di euro attuali, al fine di raggiungere l'obiettivo minimo del 5% del fondo sanitario per la salute mentale".

COME SPENDERE I 2 MILIARDI
Secondo le analisi dello studio 1,9 miliardi aggiuntivi in tre anni dovrebbero andare a colmare le necessità del settore, attuali e in prospettiva, in termini di:
- aumento del 47,2% del personale sanitario dedicato, per 1 miliardo di euro di investimento;
- aumento del 50% delle campagne di sensibilizzazione, per un investimento di circa 1 milione euro;
- aumento degli investimenti in corsi di aggiornamento per i clinici del 30%, ovvero di oltre 4 milioni di euro - incremento del 10% del numero degli esami di approfondimento per un investimento di circa 20 milioni di euro.
- incremento delle risorse dedicate per gli interventi psicoterapici e psicoeducativi, prevedendo circa 500 milioni di euro, e adeguamento dei trattamenti farmacologici, prevedendo un investimento futuro di oltre 250 milioni di euro;
- investimento di circa 100 milioni di euro solo per sostenere i costi di gestione per un adeguamento del numero delle strutture dedicate (es. Csm/Cps, Cs, Sr, ambulatori dedicati) e dei posti letto nei Servizio psichiatrico di diagnosi e cura (Spdc). Infine aumento del numero di visite erogate in telemedicina del 30%, prevedendo un investimento di 3 milioni di euro.


Redazione


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