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Le dichiarazioni del Presidente INPS su una ipotesi di modulazione sul reddito dell’assegno di accompagnamento percepito dagli invalidi totali

E’ stato presentato il 12 luglio alla Camera il XX Rapporto annuale dell’INPS, da parte del presidente dell’Istituto, Pasquale Tridico, contenente una serie di informazioni e dati che hanno consentito di fotografare il nostro Paese in relazione a caduta occupazionale, le nuove professioni e la riforma degli ammortizzatori sociali; la povertà e il reddito minimo; la denatalità e l’assegno unico; la spesa pensionistica e il bisogno di flessibilità in uscita; l’innovazione e la flessibilità dell’INPS.

Sul fronte disabilità, oltre ad un accenno alla Disability Card, alla quale dedicheremo specifico articolo, due punti particolarmente significativi dalle dichiarazioni del Presidente Tridico, contenute nella Relazione: il primo sulla invalidità civile, e il secondo sulle indennità di accompagnamento.

ACCERTAMENTO DELL’INVALIDITÀ
Sul tema accertamento della invalidità civile, Secondo Tridico: “
Guardando al tema della invalidità civile, nel breve periodo emerge l’esigenza post Covid di rivedere il processo di accertamento dell’invalidità, oggi frammentato e canalizzato su diversi attori istituzionali. Sarebbe giusto accentrare il processo di accertamento della malattia in Inps, evitando quello presso le ASL, semplificando le commissioni, per dare omogeneità di giudizio e tempi certi e brevi nelle decisioni.”

ASSEGNO DI ACCOMPAGNAMENTO
Decisamente preoccupante è il secondo punto, che potrebbe rappresentare, se realizzato, una novità deflagrante per molti italiani che percepiscono l’assegno di accompagnamento, il quale, lo ricordiamo, è una prestazione economica attualmente erogata in favore degli invalidi civili totalmente inabili, al solo titolo della minorazione e quindi indipendentemente dal reddito e dall’età del cittadino. Nella Relazione che accompagna il rapporto INPS si auspica di introdurre un nuovo requisito legato ai limiti di reddito: “Nel medio periodo, poi, sarebbe necessario rivedere l’assegno di accompagnamento, modulandolo sul reddito e affiancando al contributo economico dei servizi di cura e assistenza alla persona”.

In un altro punto del testo viene specificato: “(…) Teniamo comunque a sottolineare come, sul piano metodologico, appaia convincente fondare la distinzione tra previdenza e assistenza sull’analisi della natura delle prestazioni di welfare. In questa chiave di lettura, tutte le prestazioni il cui diritto è condizionato all’esistenza di situazioni di bisogno economico rientrerebbero nella componente assistenziale della spesa sociale. Ciò risulta, peraltro, in linea con la prassi internazionale che distingue le prestazioni sociali basate sulla prova dei mezzi (means tested). Rientrano in quest’ambito le prestazioni finalizzate a favorire obiettivi di inclusione sociale, rivolte all’intera popolazione italiana in età lavorativa, come ad esempio il RdC, o rivolte ai soli soggetti in condizioni di quiescenza, come ad esempio l’assegno sociale ai cittadini ultrasessantacinquenni sprovvisti di reddito e le integrazioni al trattamento minimo a favore dei pensionati.
In questa prospettiva e in un’ottica di circoscrizione della spesa assistenziale, la nozione di prova dei mezzi va necessariamente ampliata per considerare non solo le prestazioni riconosciute sulla base delle condizioni economiche del beneficiario ma anche quelle il cui diritto scaturisce dall’accertamento della perdita o della riduzione della capacità lavorativa. In questi casi, la prova dei mezzi va riferita ad un deficit afferente alle condizioni di salute, come nel caso delle pensioni e delle indennità di accompagnamento agli invalidi civili, nonché dei trattamenti pensionistici di guerra”.


Tradotto: nell’ottica di contenere la spesa assistenziale, andrebbero inserite tra le prestazioni modulate sul reddito (la cosiddetta prova dei mezzi) anche quelle il cui diritto scaturisce dall’accertamento della perdita o della riduzione della capacità lavorativa.

Si tratta di uno scenario preoccupante, che potrebbe mettere in discussione un pilastro riconosciuto anche dal Consiglio di Stato: il fatto che l’indennità di accompagnamento esula dalla nozione di ‘reddito’, per la sua stessa natura (citiamo: (….) Pertanto, sia la pensione di invalidità che l'indennità di accompagnamento esulano dalla nozione di "reddito" ai fini del calcolo ISEE, in quanto non costituiscono incrementi di ricchezza, ma importi riconosciuti a titolo meramente compensativo o risarcitorio a favore delle situazioni di "disabilità" (Cons. Stato, Sez. III, n. 6371/2018; n. 1458/2019)”.

Seguiremo gli sviluppi della questione per darne tempestiva informazione ai lettori.

Per approfondire:

Il XX Rapporto annuale INPS

La sentenza N. 07850/2020


Redazione

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