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Il quadro che emerge dall’indagine CONFAD è quello di famiglie senza alcun supporto, spesso anche delle istituzioni locali: il 50% degli intervistati ha dichiarato di non essere stato contattato né da assistenti sociali, né dai centri diurni, né dalla scuola

La “bolla” nella quale siamo rimasti chiusi in tutta la fase 1 dell’emergenza sanitaria sta forse per essere finalmente superata da una nuova fase, nella quale la sfida è, più che ritornare a fare ciò che si faceva prima e a come lo si faceva, ristabilire piuttosto nuovi equilibri, magari esplorando rinnovati approcci e metodi in grado di migliorare la condizione di vita di tutti noi.

Rispetto alla disabilità, molte e approfondite sono le analisi che andrebbero fatte su come è stato affrontato questo periodo, attraverso una osservazione anche degli errori che sono stati compiuti, per affrontare meglio la fase 2. I punti sui quali avanzare delle considerazioni, rispetto alle persone con disabilità, sono numerosi: dalla didattica a distanza più o meno accessibile, alle conseguenze della sospensione dei servizi dei centri diurni, alle ricadute sanitarie e a quelle occupazionali per chi è disabile o si prende cura di una persona disabile. In generale, è sulle famiglie ad essere precipitato il peso di questo sconvolgimento globale.

Per comprendere in quale misura questo sconvolgimento abbia impattato sulle famiglie e sui caregiverfamiliari, può essere utile consultare i risultati dell’indagine condotta da CONFAD (Coordinamento nazionale famiglie con disabilità), che nel recente meeting delle Associazioni da tutto il territorio Nazionale ha presentato i risultati del questionario Rilevazione condizioni di vita dei caregiver familiari in fase 1 covid-19.
Quella che ne esce è un istantanea davvero desolante, in primis sul dato più eclatante: il 50% degli intervistati ha dichiarato di non essere stato contattato né da assistenti sociali, né dai centri diurni, né dalla scuola. Non stupisce, quindi, che Il 70% dei caregiver familiari intervistati hanno evidenziato una condizione di salute con patologie e con evidente carico di stress e ansia.

Riportiamo alcuni tra i dati più allarmanti rilevati dall’indagine CONFAD.

SCUOLA

Nel caso di persona con disabilità frequentante la scuola, i caregiver familiari hanno dichiarato nel 45% dei casi di non aver ricevuto nessuna assistenza scolastica in remoto e nel 35% solo da una a tre volte la settimana.
Dalle rilevazioni emerge come il 94% degli alunni con disabilità partecipi alla DAD solo grazie all’impegno del caregiver familiare che presta assistenza per facilitare le operazioni di collegamento e si sostituisce in presenza all’insegnante di sostegno per la facilitazione e la semplificazione delle attività di classe.
Probabilmente per questo motivo il 78% dei caregiver familiari dichiara la DAD inadeguata e non individualizzata.

CENTRI E SERVIZI
Anche la chiusura dei centri ha avuto ripercussioni pesantissime sulle famiglie, nonostante in alcuni casi si siano convertite alcune attività da remoto.
Il 65% degli intervistati ha dichiarato di non aver avuto nessun contatto con i centri di riferimento della persona non autosufficiente accudita: la conseguenza è che nessun servizio è stato attivato. Fisioterapia, logopedia, infermieri, oss, educatori: nulla di nulla.
E nel 74% dei casi, nemmemo l’offerta di assistenza da remoto.
Anche i servizi sul territorio hanno evidenziato uno stato di estrema carenza dal momento che nell’80% dei casi i servizi sul territorio non erano previsti o comunque sono stati bruscamente interrotti.

LE CONSEGUENZE PER I CAREGIVER
Questi dati non fanno che confermare quello che già i caregiver familiari hanno sempre denunciato nella fase 1: un abbandono. 
Le rilevazioni del questionario lo attestano: per il 90% dei casi il carico di accudimento del caregiver familiare nel periodo in esame è diventato più gravoso, al punto che nell’86% dei casi i caregiver familiari intervistati hanno dichiarato di aver subito un danno fisico/emotivo in questo periodo.
Non stupisce, quindi, che nel 71% dei casi i caregiver familiari non si sentano supportati dalle Istituzioni e nel 24% si sentano supportati poco.

IL GIUDIZIO SUI PROVVEDIMENTI
Solo il 2% dei caregiver familiari lavoratori ha giudicato sufficienti i provvedimenti previsti dai Decreti
per i caregiver familiari. Mentre per i caregiver familiari non lavoratori solo il 3,1% ha dichiarato di aver ricevuto sostegni economici, quali pacchi spesa e buoni spesa.

LE RICHIESTE PER LA SALUTE
Ma a preoccupare i caregiver è anche una eventuale loro malattia in caso di contagio da Covid-19:
il 94% dei caregiver intervistati ha dichiarato di voler un supporto domiciliare con tutti i presidi di sicurezza per la persona non autosufficiente accudita e che quest’ultima non venga trasferita in RSA. Così come forte è l’esigenza per i caregiver familiari, al 73%, di vedere attuata la possibilità di accompagnare e proseguire nelle cure del familiare non autosufficiente in caso di ricovero in struttura ospedaliera di quest’ultimo per contagio COVID-19.

Redazione

 

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