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Questo caso estremo mette in luce il dramma inascoltato di molte famiglie e le crepe del progetto di una società inclusiva

I giornali ieri hanno riportato una notizia terribile: un bambino di 11 anni autistico è stato affidato al Tribunale dei Minori, poichè i genitori non lo vogliono più tenere. 
Il fatto è emerso da un post pubblicato dagli operatori di Casa Sebastiano, struttura all'avanguardia in Trentino per l'autismo, dopo che alcuni loro operatori avevano ricevuto una richiesta di aiuto da parte di assistenti sociali di un’altra regione: "Dobbiamo trovare una sistemazione per un bimbo di 11 anni con diagnosi di autismo. La famiglia non lo vuole più".

Non è dato conoscere le motivazioni che hanno spinto i genitori a questa scelta estrema, di certo insopportabilmente dolorosa da qualunque parte la si guardi: una famiglia che rinuncia a un figlio, un figlio che perde la sua famiglia.

Il commento a questa vicenda non può che essere di grande amarezza e rabbia, ma anche di scoramento. Le parole degli operatori della Fondazione Trentina per l’Autismo sono le uniche possibili: "Viene fuori il pensare emotivo, che sgorga dalla pancia: o sono disgraziati o sono disperati. In ogni caso abbiamo fallito. Le istituzioni hanno fallito, la società ha fallito". "È venuto meno il patto di aiuto ai deboli, il mandato etico, ancor prima che costituzionale, fondamento di ogni società che voglia dirsi civile, di sostegno ai componenti più fragili delle nostre comunità. Se una famiglia si arrende, le istituzioni hanno fallito".

Quanti, in queste ore, al di là della critica o del giudizio facile a questo fatto terribile, si chiederanno realmente come vivono le famiglie al cui interno ci sia una persona autistica? Scoprirebbero che le famiglie sono sole, e spesso non sanno dove sbattere la testa.
Quanti, nelle loro facoltà, si attiveranno per far sì che compiuti i 18 anni e finita la scuola i ragazzi autistici non diventino fantasmi chiusi in casa, senza alcuna prospettiva di una vita là fuori?
Quanti, nelle loro facoltà, si attiveranno per essere al fianco delle famiglie non con le parole ma con informazione, sostegno, interesse reale e soluzioni concrete, con i fondi per servizi, per politiche, per leggi da rendere esigibili e non carta morta?
Quanti, in uno slancio di onestà, ammetteranno che ci stiamo lentamente lasciando andare all’indifferenza, e porranno resistenza?


Francesca  Martin 

 

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