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È comprensibile la paura di prendersi una responsabilità, ma c’è bisogno di istruttori che credano nelle persone con abilità differenti

bambino vestito da karate su tatamiSul web circola una foto molto forte che ritrae un bambino in procinto di iniziare un kata di karate.
Il bimbo ha un'espressione fiera, determinata, gli occhi fiammeggianti ed una postura che promette una performance di alto livello.
A prima vista quasi non si nota che dietro di lui campeggia una bombola dell'ossigeno alla quale è collegato tramite un sottile tubicino nasale.
La forza che trasmette questo bambino è puro fuoco.

Dietro a quel fuoco però c'è una persona che non ha avuto paura di insegnare al piccolo L'Antica Arte del combattimento, qualcuno che non ha avuto paura di inserirlo in una classe di normodotati: quel qualcuno è un istruttore sportivo, un maestro, un mentore.
Dietro alla determinazione di quel bambino c'è un maestro che è andato oltre la disabilità per concentrarsi solo sull'abilità e sull'adattamento dell'arte alla persona.
Immagino un istruttore sportivo come qualcuno che vaglia le capacità individuali ed aiuta a metterle in gioco; se da una parte si fa un gran parlare dell'importanza dello sport per le persone diversamente abili, molto spesso persone con malattie rare e meno “mediatiche” di altre si sentono fare un triste discorso:
"Mi dispiace, ma non posso prenderti in squadra. Rallenteresti ritmo di tutti gli altri, non potrei seguirti personalmente, ho paura che tu ti faccia male, non conosco la malattia che hai."
Con questa triste formula si liquida il ragazzino ma anche l'adulto che alle sue spalle non ha un'organizzazione famosa a prendersi carico di questioni assicurative.

È comprensibile la paura di prendersi una responsabilità, ma si può pensare ad un accordo scritto che protegga entrambe le parti sollevando palestra ed istruttori da eventuali problemi che possano insorgere durante la pratica.

C'è bisogno di istruttori che credano nelle persone con abilità differenti.
Servono maestri di polso forte che abbiano voglia di mettersi in gioco in prima persona e possano trasmettere questa passione ai propri pupilli.
Questa lettera aperta è un guanto di sfida a tutti voi che fate della professione sportiva una  missione di vita.
RISCHIATE!
Correte il rischio di trovarvi uno sguardo del genere in palestra, uno sguardo che vi buchi l'anima per riempirla di fiamme. Rischiate di formare un ragazzino con questa tempra, rischiate di mettere in gioco voi stessi per primi (attirando magari i mugugni di persone dalla mente meno aperta della vostra.)
Allargate gli orizzonti verso un mondo che potrebbe nascondere tesori inestimabili.

Siate orgogliosi di custodire le chiavi che aprono le porte dell'apprendimento a tutti.

Photo credits: Reddit and Pixabay

Lila Madrigali

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