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Una direttiva europea prevede il riconoscimento delle qualifiche professionali all’interno degli stati membri. Così c’è chi emigra per conseguire titoli in tempi brevissimi

 

Nei giorni scorsi alcuni quotidiani hanno dedicato spazio ad una notizia che lascia piuttosto perplessi: sono in aumento i viaggi degli aspiranti docenti di sostegno in Romania, dove è possibile conseguire in poche settimane il titolo di specializzazione, che richiede invece in Italia un percorso selettivo ed impegnativo. Non è una novità, è anzi ormai una prassi diffusa tra aspiranti medici, dentisti, avvocati o altro; il fatto che però riguardi anche quei docenti che a scuola dovrebbero essere professionisti dell’inclusione, lascia davvero l’amaro in bocca. Unicobas così denuncia: si tratta di un business, la legge lo consente, ma è un trucchetto che porta in classe persone non preparate a trattare la disabilità.

In Italia il percorso di specializzazione prevede un test d’ingresso riservato a docenti abilitati, seguito da un corso molto impegnativo, con numerosi esami, laboratori e tirocinio con frequenza obbligatoria, nonché tesi ed esame finale. E’ molto più semplice iscriversi a consorzi, università europee, consultando portali accattivanti che presentano in perfetto italiano percorsi rapidi e decisamente meno faticosi con cui conseguire in medesimo titolo che in Italia costa tanta fatica. Lo consente la direttiva europea n. 36/05 sul riconoscimento delle qualifiche professionali all’interno degli stati membri.

Tutto è organizzato in modo perfetto: con diecimila euro si frequenta il corso e dopo pochi giorni si torna a casa con il titolo in tasca ed anche con la certificazione di lingua romena di livello B2. Tutto ciò, purtroppo, è legale e regolare, a questo percorso non manca nulla, tranne l’aver dato reale formazione ai docenti. Il MIUR certamente non lo ignora e promette di prendere provvedimenti, di innalzare il livello di controllo sul percorso formativo. Il business però intanto prosegue.
Chi crede nel valore della formazione e nella responsabilità etica e professionale dei docenti resta basito. Non è lontana la vicenda, ora in carico presso il tribunale di Foggia , dei falsi titoli conseguiti in Italia da alcuni sedicenti docenti, con i quali hanno insegnato per anni, che ha suscitato sdegno e preoccupazione.

Ora giunge questo nuovo affronto al valore dell’istruzione e della formazione. Stavolta non vi è alcun illecito, è tutto perfettamente legale. Basta andare a Bucarest un paio di settimane e si tornerà da insegnanti specializzati. Il MIUR riconoscerà il titolo e si entrerà in classe come docenti di sostegno, inamovibili, alle medesime condizioni degli altri docenti specializzati. Si avrà il carico professionale e la responsabilità dell’integrazione degli alunni disabili, si scavalcheranno le graduatorie. Alla luce del sole.

Giunge da parte di chi crede fortemente nel valore della formazione, nella responsabilità educativa dei docenti e nella qualità dell’integrazione scolastica il fermo invito a non ricorrere a tali percorsi ed a seguire le vie formative ordinarie e qualificanti, che legittimano la dignità personale e professionale dei docenti, nel rispetto del diritto all’istruzione degli alunni con disabilità, sancito dalle leggi che regolano il nostro Paese.


APPROFONDIMENTI
Specializzazione conseguita in Romania

In disabili.com
Come si diventa insegnanti di sostegno (in Italia)

Tina Naccarato

 

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