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In alcune regioni le attività didattiche in presenza sono sospese, in altre procedono solo fino alla prima classe delle secondarie. Alcune scuole riapriranno forse la settimana prossima, altre a fine mese, altre ancora a inizio dicembre. Le ordinanze si susseguono senza sosta e l’incertezza cresce

Sono numerose in queste settimane le domande importanti, gli interrogativi significativi, i dibattiti intorno al tema dell’inclusone.

Numerose ordinanze, facendo seguito al dettato del DPCM del 3 novembre scorso hanno previsto la didattica in presenza solo per alunni con disabilità, in genere solo con il docente di sostegno. Uno schiaffo all’inclusione, per molti, la dimenticanza di oltre 40 anni di integrazione, per altri. Non pochi richiamano la ricostituzione delle classi differenziali, forse delle scuole speciali. Solo alunni con disabilità in una scuola vuota, solo docenti di sostegno in una scuola silenziosa. Niente socializzazione, nessuna relazione. Il collegamento con i compagni e con gli altri docenti, da remoto, quando va bene. Il resto è una diade, una specie di appartenenza, l’istituzionalizzazione della delega totale e nulla più.

E dall’altra parte gli alunni più grandi, dalle scelte eterogenee e quelli più piccoli, dai genitori eterogenei. C’è chi vuole la didattica in presenza, a prescindere dalle condizioni, chi invoca l’inclusione preferendo la distanza. Le famiglie scelgono, proliferano i moduli e le autocertificazioni di tali scelte. I dirigenti devono applicare le norme, del resto, i docenti pure, a denti stretti.

Accade così che si verificano le situazioni più variegate, tutto e il contrario di tutto e si rincorrono le possibilità, le eventuali alternative possibili, in un tourbillon di carte e documenti, sempre più vuoti, sempre più eterei. Talvolta le scelte derivano dalle esigenze: il lavoro, la mancanza di tempo, la necessità di quest’ultimo baluardo. La scuola, sempre bella come il sole eppure oggi palazzo incantato e lontano, freddo. A volte si affaccia qualche collaboratore, fa i turni, presiede a una sanificazione. Le scuole brillano, pulite e immacolate, odorano di alcol e disinfettante, piene dei banchi nuovi, senza arredi, ospedalizzate e sole. Qualche volta una maestra le sogna, sogna di entrarci, di rivederle piene di colori, poi si sveglia e accende il computer, fissa gli occhi assonnati che risplendono su un freddo monitor.

E inizia la giornata, così, ormai in buona parte del Paese. Luca non c’è, forse sta ancora dormendo, qualche docente più impavido azzarda una telefonata. Anna ha problemi di connessione, proprio oggi che bisognava interrogare. Maestra mi mandi il link?, quando proprio non si trova soluzione. Tanti puntualissimi, ordinati, pettinati, vestiti e pieni di voglia di fare. Sono la bellezza di questi tempi bui. A volte Giorgio compare nel suo riquadro, forse con la mamma, forse no. A volte qualcuno gli dà una mano con le applicazioni di G-Suite. A volte è a scuola, da solo e guarda i compagni insieme all’insegnante di sostegno.

Qualcuno, forse meno sprovveduto, è riuscito a portare in presenza piccoli gruppi di lavoro, non solo disabili, ma gruppi eterogenei, cangianti e flessibili. Nella migliore delle ipotesi anche i docenti si alternano in presenza, a volte addirittura il docente di sostegno potrebbe essere a distanza, a lavorare con la classe, mentre in presenza è il collega di disciplina. Qualcuno forse prova ancora a realizzare qualcosa che assomiglia in qualche modo ad un progetto inclusivo. Il resto è contingenza, scelta forzata, confusione nelle idee, nello stesso volere. E così capita che alcuni genitori chiedano la chiusura delle scuole, altri la riapertura. E’ così forse quando il tempo inciampa, quando il reale cade e si rompe, quando l’ordinario si infrange e si rifrange e crea barocchi vortici di incertezza. Le certezze cedono, il dubbio assale e ogni giorno scorre nella schizofrenia dell’assurdo, cercando di arrivare alla fine di sé stesso per sperare in un altro giorno, forse uguale, forse migliore o peggiore, ma comunque vivo.

E allora non possiamo che cercare ancora un giorno, un altro giorno surreale e crudele, con la bellezza struggente della luce a dire esistenza, con l’orrore della conta dei morti, ancora, a dirci la tragedia del reale. Comunque vivi.

APPROFONDIMENTI

Nota ministeriale 1990/20

In disabili.com

DPCM del 24 ottobre

Tina Naccarato

Qui tutti gli articoli su Coronavirus e disabilità

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