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“Vecchio” o “nuovo” PEI? Profilo di Funzionamento “congelato”: cosa fare? Che ne è del Profilo Dinamico Funzionale? Proviamo a rispondere con l’aiuto di un’esperta

Negli ultimi mesi si sono susseguite informazioni non sempre attendibili in merito alla documentazione da produrre per gli alunni con disabilità. Pur in assenza dei decreti attuativi previsti dalla più recente normativa sull’inclusione, in molti hanno voluto comunque produrre modelli di PEI variamente riferiti all’International Classification of Functioning, Disability and Health (ICF) dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), non sempre rispettandone il modello e non di rado con esiti che suscitano perplessità. Non manca pure chi ritenga che sia in vigore il Profilo di Funzionamento, documento in realtà ad oggi rimasto sulla carta.

Abbiamo raggiunto E. Chiocca, Presidente del Coordinamento Italiano Insegnanti di Sostegno (CIIS), nonché docente e formatrice da sempre in prima linea a tutela dell’inclusione. Con il suo supporto, proveremo a dare risposta ad alcuni interrogativi.

Che fine hanno fatto i decreti attuativi previsti dai decreti inclusione (d.Lgs. 66/17 e D. Lgs. 96/19)?
In due parole è possibile affermare che tali provvedimenti sono “lettera morta”! Ad oggi, infatti, i decreti attuativi del D. Lgs. 66/17, così come rinovellato dal D.Lgs. 96/19, più che in preparazione avrebbero dovuto essere stati già pubblicati. Invece non se ne ha notizia alcuna. Il Ministero ha provato a forzare l’iter, proponendo il decreto interministeriale attuativo dell’art. 7, rimasto in bozza dopo il parere del CSPI, che richiamava al necessario rispetto dell’ordine gerarchico dei provvedimenti da emanarsi. Il modello di PEI e l’indicazione delle modalità di richiesta delle risorse, infatti, è l’ultimo previsto, almeno per questa parte.

In assenza/attesa delle norme attuative quali documenti bisogna stilare?
Permangono le modalità fino a oggi adottate, facendo riferimento a quei provvedimenti che anche il D.Lgs. 96/19 ha abrogato. Diversamente non solo non si potrebbero più produrre certificazioni di disabilità, per citare un esempio, ma dovrebbero essere abolite tutte le diagnosi funzionali redatte dal 1° gennaio 2019. Il che è palesemente impossibile. Ma sono in molti a ritenere che, pur in assenza dei decreti attuativi, i contenuti del 96/19 debbano essere adottati; inverosimile affermazione. Lo stesso Ministero, a fronte del vuoto che lui stesso ha prodotto, ha stabilito, per esempio, che in assenza del GIT (i nuovi gruppi che agiranno a livello territoriale), il GLIP continui a funzionare, ovvero a espletare le sue funzioni. E altrettanto dicasi per il resto. Le certificazioni di disabilità e le diagnosi funzionali sono redatte dall’ASL, secondo i criteri stabiliti tanto dalla legge 104/92 quanto dal dpcm 185/2006. I gruppi di lavoro operativi, che la scuola periodicamente convoca, continuano a redigere e quindi aggiornare il Profilo dinamico funzionale e ad elaborare ancora “congiuntamente” il Piano educativo individualizzato. Diciamo che al momento stiamo scongiurando l’arrivo dell’approvazione del PEI, rispetto al quale il dissenso, da parte mia, è ancora molto forte e motivato.

Ha senso prospettare modelli di PEI su base ICF senza il Profilo di Funzionamento?
Il Piano educativo individualizzato si caratterizza quale strumento di coordinamento e di lavoro; deve pertanto essere agile, facilmente e immediatamente consultabile, ricco degli elementi strettamente necessari e non di informazioni che non aiutano a conseguire lo scopo prefissato. L’ICF, lo ricordiamo, è un classificatore internazionalesanitario, emanato dall’OMS, e riguarda tutte le persone, non solamente quelle con disabilità, come alcuni, erroneamente, pensano. La particolarità di questo classificatore è nel suo approccio basato su un modello sociale, che lo rende culturalmente affascinante, in quanto prospetta una modalità di visione del contesto di vita della persona in tutti i suoi aspetti, non solo quello sanitario. L’impostazione culturale di ICF consente di superarestigma e pregiudizi: la persona non sarà bollata come incapace di fare qualcosa, ma sarà vista sia nelle abilità possedute, sia in quelle attuate grazie all’intervento di facilitatori o ausili. Vi faccio un esempio: lo stigma insito nel termine “carrozzato/a”, riferito a una persona che è su una sedia a rotelle, secondo la prospettiva ICF viene interpretato in un modo differente. Il modello sociale assunto da ICF sposta il focus dal deficit associato alla persona al contesto; in ICF la persona, alla quale sono riconosciute le sue capacità, sarà descritta come “in grado di spostarsi / di muoversi”, grazie all’intervento sui fattori contestuali, in questo caso avvalendosi di un ausilio.

Il modello sociale spezza il binomio “disabilità=caratteristica di un individuo”, ponendo in risalto la complessa interazione di condizioni spesso determinate dallo stesso ambiente sociale in cui la persona vive. Si interviene anche sugli atteggiamenti e sulle false opinioni, per adire a cambiamenti sociali che garantiscano l’esercizio dei diritti fondamentali della persona. In sintesi, impostare un PEI secondo una prospettiva ICF si traduce con l’acquisire e implementare un approccio culturale coerente con il modello sociale che ICF sostiene.

I modelli di PEI su base ICF diffusi in quest’ultimo anno in molte delle nostre scuole si caratterizzano per una serie di “codici alfanumerici”, che tradiscono lo stesso impianto del modello sociale, in quanto stereotipizzano la persona alienandola persino da sé stessa. I codici alfanumerici, che sono utili in ambito sanitario, come pure nel settore delle politiche sociali, per ilfatto che utilizzano un linguaggio condiviso, sono scientificamente determinatie non consentono di tradurre in modo realistico “come è la persona”. Avvalersi di questi codici in modo arbitrario significa introdurre una gran confusione. Provate a prendere dei codici alfanumerici e a tradurli in un linguaggio descrittivo: la descrizione della persona che emergerà, messa a confronto con il testo originale, vi porrà di fronte a un’altra persona, completamente diversa. Utilizziamo ciò che abbiamo con ponderazione e consapevolezza. Evitiamo di inventare impostazioni che peraltro confliggono con la tesi sottesa, in questo caso, a ICF. Ed evitiamo, in particolare, di utilizzare le stringhe descrittive di ICF come obiettivi. Esistono le indicazioni nazionali del 2012 per il primo ciclo di istruzione e i piani di studio per il secondo ciclo di istruzione: atteniamoci ad essi.

Concludo facendo presente che ciò che viene proposto dall’editoria non sempre è “cosa buona” e i docenti, grazie alle loro competenze, devono saper discernere.

APPROFONDIMENTI

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