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poste italianeIl Tribunale di Jesi ha condannato l’ente Poste per comportamenti discriminatori nei confronti di una donna con disabilità motorie, che sarà risarcita

Barriere architettoniche: un problema diffuso e sul quale molto ancora c’è da fare nel nostro Paese. La limitazione dell’autonomia della persona disabile, come purtroppo ben sappiamo, arriva anche da un €˜semplice‑¬ gradino che impedisca una normale attività , come può essere quella di entrare e muoversi in un ufficio.

Neanche una settimana fa vi parlavamo della vicenda del concerto inaccessibile per una ragazza in carrozzina, episodio denunciato dalla Ledha (Lega per i diritti delle persone con disabilità ), mentre oggi al centro della vicenda ci sono alcuni uffici postali, per la cui inaccessibilità Poste Italiane è stata multata.

Questa la vicenda: a seguito d'intervento dell'Associazione Luca Coscioni, sulla base del ricorso avanzato dal Consigliere Generale dell’Associazione Luca Coscioni, l’avvocato Alessandro Gerardi, il tribunale di Jesi si è espresso ordinando all’ente delle Poste la €˜cessazione dei comportamenti discriminatori‑¬ nei confronti di una donna con disabilità motoria, la quale non riusciva ad accedere agli uffici a causa della presenza di barriere architettoniche. Ebbene, il Tribunale ha dunque stabilito che la donna dovrà messere messa in condizione di accedere agli spazi, ed ha inoltre condannato l’ente postale al versamento di tremila euro quali danni morali.

La vicenda ha, tra l’altro, del paradossale, come fa notare l’avvocato Gerardi, il quale ricorda come Poste Italiane avesse emesso poco più di un anno fa un francobollo celebrativo proprio in materia di abbattimento delle barriere architettoniche.

Purtroppo la nostra esperienza ben ci insegna che i casi di spazi pubblici e privati inaccessibili sono numerosi, e che questo è di certo solo uno dei numerosissimi casi che si potrebbero prendere a esempio dell’arretratezza del nostro Paese su questo fronte.

In questa sede è interessante sottolineare come la condanna sia per comportamento discriminatorio, e questo poiché la persona disabile non è messa in condizione di svolgere autonomamente le proprie attività senza l’aiuto o l’intervento di qualcuno. In particolare, è la Legge n.67 del 2006 (€˜Misure per la tutela giudiziaria delle persone con disabilità vittime di discriminazioni‑¬, ndr) a stabilire come l’omessa rimozione di qualsivoglia ostacolo alla integrazione della persona disabile nell’ambiente circostante o  alla sua relazione con gli altri, rappresenti discriminazione che viola la dignità della persona non autosufficiente.

La cosa che talvolta  non è chiara, è che ciò che si chiede - e che spetta di diritto - è la messa in campo di tutti gli strumenti affinchè la persona disabile sia a tutti gli effetti parte della società , in grado quindi di svolgere autonomamente attività anche le più comuni. Non dover dipendere dal €˜buoncuore‑¬ o dalla €˜sensibilità ‑¬ di chi ci possa aprire una porta o aiutare a superare i gradini è il sacrosanto diritto di chiunque viva in paese che si ritenga avanzato e civile.


Per info:
www.associazionelucacoscioni.it

Per approfondire:
Legge n.67 del 2006

IN DISABILI.COM:

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Francesca Martin




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