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scale della metropolitana di MilanoUna gita al Museo del Novecento, nella Milano di Expo, diventa un percorso a ostacoli quando provi a muoverti in metropolitana a bordo della carrozzina. Rabbia e umiliazione nel racconto col sorriso di Lila

 

E’ primavera e Milano fiorisce di Expo.
Qualunque cosa in giro per la città è Expo, evento mondiale dalla grande eco che fa sentire la sua voce per tutta la Lombardia; qualsiasi opera si compia, come in una grande e moderna crociata, è in nome di Expo.
In tutto questo gran vortice di eventi, io ed un nutrito gruppo di amici decidiamo di visitare il Museo del Novecento dopo aver seguito un’ appassionante serie di lezioni d’arte. Decidiamo di andarci in treno, partendo dalla ridente stazioncina di Lonate Pozzolo, quieto paesino adagiato fra morbidi campi varesotti.
Io, in groppa alla mia fida carrozzina Libeccio, sostenuta dagli amici decido di sfidare le barriere architettoniche e mi tuffo di testa nell’avventura.
Stazioncina piccola ma ridente davvero, quella di Lonate: ascensore perfettamente funzionante, treno a livello del terreno, tutto nella norma. Il viaggio fila liscio fra le risate e la serenità di una comitiva in gita.
I primi problemi si presentano arrivati in metropolitana a Milano Centrale. Raggiungere la fermata  Duomo è un’ordalia.
Le scale mobili per scendere ai binari non sono ovviamente praticabili da una sedia a rotelle; mentre il gruppo si sfalda e va avanti, io resto nelle retrovie con due cavalieri a farmi da accompagnatori.
(L’eco nella mia mente non dice “Expo”, ma sussurra “e se tu fossi stata da sola?”)
Non funziona la pedana per il trasporto delle sedie a rotelle.
Fantastico.
E l’ascensore?
Nemmeno.
Le guance mi diventano rosse di umiliazione e mi si allagano gli occhi. “Quindi cosa faccio, io? Aspetto un passaggio in volo dall’Arcangelo Gabriele?” sbotto davanti agli operatori della metropolitana, che ovviamente non hanno colpa del disservizio in prima persona… ma non ne ho colpa neanche io, e sfogarmi mi viene naturale.
Eh signora, dipende da quanto pesa!”  Fantastico, anche l’operatore che si crede attore di Zelig e fa le battute sulla mia stazza, aumentando a dismisura la vergogna di non essere in condizioni di muovermi in autonomia.
Altrimenti scende a San Babila e si fa spingere”. Una comodità senza confini!
Devo calmarmi, però, e trattenere gli amici che bollono di rabbia più di me.

 

Quante campagne per il sostegno ai disabili, quante volte si sente parlare della valorizzazione dell’indipendenza anche da parte di chi viaggia a mobilità ridotta, quante parole; ma nell’attivissima Milano di Expo gli ascensori in metropolitana non funzionano o non ci sono, così come le pedane per il trasporto delle sedie a rotelle. Accetto la scusa della manutenzione, ma NON l’assenza di un’alternativa.
Deve telefonare prima di muoversi con la carrozzina, Signora” mi dicono dalla direzione della metro.
Mi chiedo che cosa sarebbe cambiato, se avessi telefonato.
Magari due bei giocatori di rugby, piazzati e belli tonici, sarebbero stati assunti per trasportare me e la mia quattro ruote su per le scale della metropolitana.
Mi chiedo che cosa avrei fatto, da sola. Perché, per concludere ridendo, quest’avventura è finita così.

 

Lila mentre viene portata su in carrozzina nella metro

 

 

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Lila Madrigali

 

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