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Il punto sull’impatto della pandemia nei reparti di oncologia in Italia

Come ben sappiamo l’anno e mezzo appena passati, segnati dalla pandemia, hanno comportato anche una serie di importanti ripercussioni sull’intero sistema salute, che ha dovuto improvvisamente ri-organizzarsi e ripensarsi per fare fronte ad una emergenza senza precedenti.

Come già rilevato, una delle conseguenze è stata la riduzione delle visite, dei controlli e dei checkup ai quali i cittadini italiani si sono sottoposti nel periodo del più serrato lock down e oltre, ma anche di quella dei trattamenti e delle cure continuative.

Per capire in che modo la pandemia ha impattato in particolare sulla gestione del paziente oncologico, e per promuovere, alla luce del quadro emerso nelle varie regioni italiane, una riflessione sulle eventuali soluzioni da adottare anche in periodi nei quali l’emergenza è passata, si è svolta nei giorni scorsi la prima edizione del CIPOMO DAY, un convegno dal titolo “L’Oncologia nonoSTANTE il Covid" promosso dal CIPOMO, il Collegio Italiano dei Primari Oncologi Medici Ospedalieri.

Le maggiori osservazioni emerse dal convegno partono dalla principale evidenza rilevata, ovvero che la pandemia da Sars-Cov 2 ha enormemente condizionato le dinamiche di gestione delle malattie oncologiche in tutte le fasi del percorso diagnostico terapeutico. Inoltre è emerso che:

1.       la conversione di molti reparti ospedalieri (e a volte di interi ospedali) in reparti COVID ha comportato ritardi nell’assistenza ai pazienti oncologici

2.       nel 2020 il numero degli interventi chirurgici per tumore è diminuito rispetto al 2019. Ad es. per il tumore al seno il calo è stato del 12%, pari a 805 casi. Per quanto riguarda gli interventi al colon retto il calo è stato del 13% (464 casi). Inoltre i tumori operati nel 2020 sono risultati in stadio più avanzato rispetto all’anno precedente, probabilmente per effetto della sospensione dei programmi di screening.

3.       anche le visite di follow-up dei pazienti oncologici hanno subìto ritardi e sono state spesso svolte con modalità nuove, sia telefoniche che telematiche

4.       l’arruolamento dei pazienti negli studi clinici ha subìto un rallentamento e sono state messe in atto modalità di monitoraggio “a distanza” che, in parte, potranno essere mantenute anche al di fuori dell’emergenza COVID.

In definitiva, l’organizzazione delle singole realtà ospedaliere nelle varie Regioni è stata molto differente e sono stati messi in atto percorsi e strategie autonome.

Il convegno è stata anche l’occasione per presentare i risultati aggiornati dell’indagine pubblicata nella rivista European Journal of Cancer, che ha valutato l’impatto della pandemia sull’attività clinica nei reparti oncologici. A questo proposito si è rilevato che i sanitari sono costantemente monitorati per il contagio da COVID mediante tamponi nasali periodici (oltre l’85%, specialmente al Sud e al Nord, meno al Centro) così come lo sono anche i pazienti che eseguono terapie oncologiche in day hospital. Ciò avviene maggiormente nelle strutture del sud (85%) rispetto a quelle del Centro-Nord (54% e 53% rispettivamente), una questa differenza è probabilmente dovuta alla mancanza di procedure comuni.
Nota dolente è la mancanza di piattaforme digitali in grado di gestire le visite a distanza, solo l’11% delle oncologie mediche ha potuto usufruirne. “Questo è un argomento importante da cui ci aspettiamo risposte in tempi rapidi – dice il Prof. Francesco Grossi dell’Università dell’Insubria (Varese), coordinatore della Survey – perché la telemedicina è una realtà che deve essere messa a disposizione dei sanitari specialmente in situazioni come questa della pandemia”.

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