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La tragedia dell’esplosione della navetta spaziale "Columbia", con il sacrificio dell’intero equipaggio, ha destato profonda commozione anche nella Fondazione Don Gnocchi e in particolare nella divisione di Bioingegneria del Centro IRCCS "S. Maria Nascente" di Milano.
La Fondazione Don Gnocchi era infatti protagonista di un progetto di ricerca - avviato da tempo - in collaborazione con altri soggetti fra cui l’ASI (Agenzia Spaziale Italiana), l’ESA (Agenzia Spaziale Europea), la NASA (agenzia spaziale americana), il Politecnico di Milano, l’Istituto Auxologico Italiano e l’Università di Milano-Bicocca: si trattava di un ciclo di esperimenti sullo Shuttle tendenti a valutare in un ambiente privo di gravità l’adattamento dinamico del sistema cardiovascolare e in particolare del baroriflesso (uno dei meccanismi di "controllo" del corpo umano più importanti per la regolazione della pressione arteriosa).

Il disastro avvenuto al momento del rientro nell’atmosfera è stato seguito in diretta negli Stati Uniti da quattro ricercatori appartenenti a questo team di ricerca.
Tra questi c’erano due bioingegneri della Fondazione Don Gnocchi, presenti presso i laboratori della NASA, con lo scopo di raccogliere i dati e i risultati degli esperimenti condotti durante il volo degli astronauti e subito dopo il loro rientro sulla terra: a tale proposito, l’ingegner Paolo Castiglioni si trovava in Florida, nella base di Cape Canaveral (dove avrebbe dovuto atterrare la navetta) e l’ingegner Giuseppe Andreoni, seguiva invece le varie fasi dell’atterraggio dalla base di Edwards, in California, dove gli Shuttle vengono fatti atterrare in via alternativa, in caso di maltempo sulla Florida. Con l’ingegner Andreoni c’erano anche il professor Gianfranco Parati e la dottoressa Giovanna Branzi dell’Istituto Auxologico Italiano, che avrebbero dovuto effettuare le rilevazioni cardiologiche sugli astronauti.

«E’ stata un’esperienza molto dolorosa e toccante dal punto di vista umano - ha spiegato l’ingegner Andreoni, dopo il suo rientro a Milano.
Vista la tragicità degli eventi, il nostro progetto è stato ovviamente sospeso e restiamo ancora in attesa di riscontri da parte della NASA, che dovrà valutare la quantità e la qualità di dati raccolti.
In base alle ultime notizie provenienti dai laboratori negli Stati Uniti, una buona parte dei dati rilevati durante gli esperimenti in volo sono stati trasmessi a terra tramite telemetria e quindi saranno probabilmente disponibili in tempi ancora da stabilire.
Attualmente sono in corso le varie indagini per capire le cause della tragedia e quindi tutto il materiale è ad esclusiva disposizione delle autorità preposte».

«Quando saranno disponibili questi dati - ha aggiunto l’ingegner Marco di Rienzo, della Bioingegneria della Fondazione Don Gnocchi e coordinatore del progetto di ricerca - dovranno essere analizzati con grande rispetto, secondo il volere delle famiglie degli astronauti.
In questo modo sarà possibile offrire un segno tangibile del contributo che i sette astronauti dell’STS 107 hanno fornito alla scienza, dando quindi un significato alla tragedia».

La missione del "Columbia", della durata prevista di 16 giorni, era il primo volo Shuttle interamente dedicato alla ricerca negli ultimi tre anni.
All’interno del veicolo spaziale erano ospitate diverse attrezzature scientifiche in grado di permettere l’esecuzione di più di ottanta esperimenti su vari aspetti della fisica e della biologia in condizioni di microgravità. In particolare, tra le apparecchiature ospitate a bordo dello Shuttle c’era il sistema ARMS, un insieme di strumenti che l’Agenzia Spaziale Europea ha messo a disposizione dei ricercatori europei per la valutazione degli effetti della gravità sul sistema respiratorio e cardiovascolare di quattro dei sette astronauti dell’equipaggio, attraverso tecniche totalmente non invasive.

Con questo progetto, la Fondazione Don Gnocchi e gli altri partners intendono indagare i meccanismi che inducono l’ipotensione ortostatica: quest’ultima è una sindrome che provoca i cosiddetti "giramenti di testa" derivanti da repentini cambi di posizione; nelle persone sane questo malore avviene solo occasionalmente, ma in alcuni soggetti (persone anziane o diabetici) può rappresentare una vera e propria patologia, la cui causa può anche essere un cattivo funzionamento del baroriflesso, e può portare a vertigini e svenimenti con conseguenti possibilità di lesioni, talvolta molto gravi.
Da qui l’esigenza di approfondire i meccanismi di questo sistema di controllo, al fine di prevenire il più possibile gli svenimenti improvvisi, e limitare quindi i rischi di cadute e quindi di lesione particolarmente nei soggetti più esposti.

Per Info
Tel. 02 40308.910-934
E-mail ufficiostampa@dongnocchi.it
Internet www.dongnocchi.it

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