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noprofitnoivaLanciata da Corriere della Sera e Tg La7, la campagna chiede di detassare le organizzazioni non lucrative dall’Iva

E’ una marea che continua a salire, nell’ambiente associazionistico, quella di #NoProfitNoIva, la campagna  lanciata dal Corriere della Sera e dal Tg La7 per chiedere la detassazione dell’Iva per le organizzazioni non profit che realizzano attività o servizi di pubblica utilità.

Se è vero, come è vero, che in Italia è grazie anche al no profit che molto si fa per i cittadini (e si va dai settori cultura, ambiente, fino ai servizi socio sanitari e alla persona), e che su di esse i cittadini contano, donando spesso denaro affinchè operino per il bene comune, c’è da capire come funziona il portafoglio per queste realtà. Ad oggi, la tassa del 10% sulla beneficienza fa sì che gli enti che realizzano oepre di pubblica utilità, debbano lasciare sul tavolo (leggi: allo Stato) una parte di fondi raccolti: quote spesso anche cospicue che potrebbero essere utilizzate per portare avanti le attività il cui vantaggio è goduto dalla collettività. Tra queste, anche le attività di ricerca, per dirne una.

BALZELLO SULL’EMILIA RICOSTRUITA - L’esempio più eclatante – e col quale la problematica è stata portata all’attenzione della pubblica opinione – è quella della raccolta fondi per i terremotati dell’Emilia. Corriere della Sera e Tg La7 hanno raccolto con la loro iniziativa “Un aiuto subito”, aiuti per circa 3milioni di euro, utilizzati per ricostruire il polo scolastico di Cavezzo. Su questo hanno dovuto però versare il balzello del 10%, che corrisponde a 300mila euro di imposta, nonostante la stessa ricostruzione della scuola vada a totale vantaggio della comunità. Una azione di beneficenza, quindi, che sopperisce le mancanze o difficoltà dello Stato, al quale pure deve pagare un tributo. Non trovarci del paradossale è difficile.

LA CAMPAGNA  - Partita da un paio di settimane, la campagna ha quindi incassato l’adesione di moltissime tra associazioni, fondazioni, oltre all’appoggio di altrettanti cittadini ed imprese, con un tam tam nei social network contraddistinto dall’hashtag #NoProfitNoIva. La richiesta è quella di una eliminazione della tassazione per il no profit, ma si rende necessario anche un intervento sulle forme di detrazione che oggi hanno un tetto (segnaliamo le riflessioni in merito su Vita.it, che ricorda come per un cittadino risulti più conveniente donare a un partito politico rispetto che a un’associazione benefica).

Tutto giusto da una parte e tutto sbagliato dall’altra, quindi? Non proprio. Una cosa a monte necessaria è la distinzione e inquadramento tra i vari soggetti che operano sotto il grande cappello di “volontariato”,  “non profit”, associazionismo ecc,  all’interno dei cui contenitori  è fondamentale capire chi opera e come.  Insomma, quel “separare il grano dal loglio” che lo stesso premier Renzi  ha indicato tra le linee guida della Riforma del Terzo Settore, al punto 1: “(…) abbiamo bisogno di delimitare in modo più chiaro l’identità, non solo giuridica, del terzo settore, specificando meglio i confini tra volontariato e cooperazione sociale, tra associazionismo di promozione sociale e impresa sociale, meglio inquadrando la miriade di soggetti assai diversi tra loro che nel loro insieme rappresentano il prodotto della libera iniziativa dei cittadini associati per perseguire il bene comune”.  

LA RIFORMA DEL TERZO SETTOREOra, la protesta è arrivata anche in Europa, dove il presidente del gruppo Pse al parlamento europeo, Gianni Pittella, che ha annunciato la creazione del primo intergruppo del terzo settore. Ma è alla pocanzi accennata riforma del Terzo settore, che il Governo dovrebbe varare nel dicembre prossimo, che si tengono gli occhi puntati. In essa, infatti, dovrebbero essere introdotte anche novità sugli aspetti fiscali del No Profit, che quindi attende.

LE ADESIONI - Nel frattempo, la rete dei sostenitori della campagna si fa sempre più numerosa. Ad oggi hanno aderito trasversalmente associazioni, fondazioni, ong di gran parte del no profit italiano: dalle Acli a Amnesty International, a Auser, Avi, Greenpeace e molti altri. Qui la lista in costante aggiornamento  
Gli stessi cittadini, secondo una  indagine realizzata dall’Istituto Italiano della Donazione (IID) in collaborazione con Corriere Sociale, sarebbero per la maggior parte ignari del fatto che il non profit paghi l’iva, e chiederebbero nel quasi il 50% dei casi che questo balzello venisse tolto, mentre un 36% si dice d’accordo ad un’Iva molto più agevolata (notizia riportata da Volontariato Oggi).  



Per info:

sociale.corriere.it

Redazione



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