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Come gestire l’uso di guanti, mascherine e distanze da parte di chi ha bisogni speciali? Quando e come riapriranno i centri diurni e di assistenza?

Inutile negarlo: questa situazione di emergenza ha aumentato l'isolamento sociale soprattutto di chi è disabile o ha un familiare disabile. Si parla tanto di “fase 2” ma, viene da chiedersi, oltre a pensare alle aziende, le Istituzioni staranno ragionando su un prossimo step che preveda anche la ripresa dell’assistenza domiciliare, la riapertura dei centri diurni e un percorso di accompagnamento per chi ha bisogni particolare? Magari studiato con il coinvolgimento delle famiglie e degli utenti? A più di un mese dalle interruzioni dei servizi di assistenza per l’emergenza Covid-19, infatti, ci sarebbe bisogno di ripartire con la co-progettazione dei servizi assistenziali ascoltando prima di tutto i diretti interessati.

Ma la verità è che di questa famigerata “fase 2” continuiamo a sapere poco o niente. Pare che le parole chiave saranno mascherine, guanti e distanze, strumenti per contenimento del contagio e una “convivenza” civile con il virus, in attesa che sia individuato un vaccino efficace.
Solo che per qualcuno, già ora, l'utilizzo di guanti e mascherine rappresenta un problema nel problema e rischia addirittura di limitare le capacità comunicative e relazionale.

Per questo Redattore Sociale ha chiesto alle associazioni che rappresentano disabili sensoriali o intellettivi e anziani con demenza se riescono a immaginare una “fase 2” e come se la prefigurano.

ANGSA-Associazione Nazionale Genitori Soggetti Autistici ha raccontato che “molte famiglie hanno paura di far entrare operatori nelle proprie case e i bambini e i ragazzi non accettano facilmente i dispositivi di protezione individuale”. Operatori e genitori stanno cercando di introdurre gradualmente i DPI ai ragazzi con autismo, per evitare che vengano presi come giocattoli.

“I peggioramenti e i comportamenti problema dei nostri ragazzi - ha spiegato sempre Benedetta Demartis di ANGSA a Redattore Sociale - sono sotto i nostri occhi e ci auguriamo che in questo momento il comitato scientifico stia valutando anche i rientri nei centri di riabilitazione, così come nelle scuole e i servizi di assistenza domiciliare

Trovarsi di fronte una persona che indossa la mascherina può destare preoccupazione nella persona con demenza; inoltre, le persone con demenza possono rifiutare l’aiuto degli operatori o familiari che indossano i dispositivi di protezione per il semplice fatto che non li riconoscono. Sono queste le preoccupazioni sollevate Francesca Arosio, psicologa della Federazione Alzheimer Italia, che sottolinea l’importanza di spiegare le ragioni delle nuove misure con delicatezza e in maniera semplice, con un tono di voce calmo e una spiegazione semplice e chiara che aiutino la persona a tranquillizzarsi, anche nel caso in cui sia il malato stesso a dover indossare i DPI.

Sul critico rapporto tra disabilità intellettive e dispositivi di protezione, è intervenuta anche l'Unità di Crisi Covid19 di Anffas Nazionale, che si occupa della ripresa delle attività: “Per alcune persone più compromesse dal punto di vista sensoriale o comportamentale, può essere molto complicato e in alcuni casi impossibile l'utilizzo di guanti e mascherine anche per un tempo limitato. Occorrerà un lavoro molto meticoloso sul contesto, creando spazi e distanze adeguate, così come sistemi di training mirato all'apprendimento contestuale, l'utilizzo di sistemi di monitoraggio a distanza, la dotazione di dispositivi di protezione che siano adeguati alle specifiche esigenze, da impiegare in tutte le attività in cui la distanza sociale non sia percorribile e con le persone che non sono in grado di rispettarla”.

E a parlare per Anffas c’è anche il suo presidente nazionale Roberto Speziale, con una lettera aperta che fotografa molto bene come le grandi diseguaglianze presenti nel nostro sistema e i loro potenziali effetti drammatici che sono emersi in questo periodo.
Ci siamo scontrati - scrive Speziale - con l’indifferenza delle Istituzioni, con la necessità di provvedere, praticamente da soli, a mettere il più possibile al sicuro le persone con disabilità e i servizi che frequentano e in cui in molti casi vivono, a supportare le famiglie, nella maggior parte dei casi lasciate completamente sole. A dover ricordare – letteralmente parlando – alle Istituzioni la nostra esistenza.
Ed è importante, quindi, provare a interrogarsi su che cosa cambierà, domani.
Da che cosa ripartiremo? Cosa avremo imparato da tutta questa situazione? Quali “lezioni” potremo portare con noi, per rendere migliori le nostre vite e soprattutto per evitare che molte delle cose che ci sono successe si ripetano? A cosa possiamo ancorarci per assicurarci che le nostre vite, domani, siano migliori?
È probabilmente arrivato il momento - chiosa Speziale - affinché l’intero contesto e l’intera collettività predispongano e pongano in essere una autentica “rivoluzione copernicana” atta a garantire ad ogni singolo cittadino con disabilità pari opportunità rispetto alla generalità dei cittadini senza disabilità.

E poi c’è la voce degli operatori che con i disabili lavorano ogni giorno, come quella di Nicoletta Cava, responsabile dell’area assistenziale infermieristica, tecnica e riabilitativa al Montecatone Rehabilitation Institute, che racconta che quando la tua professionalità si esplica con il “paziente addosso”, inevitabilmente il passaggio del Covid-19 ha rischiato concretamente di incidere sulla mission stessa dell’Istituto in cui lavora imponendo, affinché ciò non avvenisse, una profonda e costante revisione dei format assistenziali, riabilitativi e di comunicazione.

Insomma, come dice bene in un tweet Giovanni Scacciavillani, Responsabile nazionale Ufficio Politiche della Disabilità UGL e Membro dell'Osservatorio Nazionale Disabilità: la “fase 2” è a dir poco complicata, è auspicabile una gradualità che possa vedere il concorso delle famiglie e delle competenti autorità sanitarie e le Regioni in merito dovranno elaborare linee e programmi con il concorso anche delle associazioni.

Nel frattempo, finché aspettiamo il 3 maggio o forse anche una data successiva, per sapere che cosa ne sarà di assistenza domiciliare, sostegno scolastico, centri diurni, istituti riabilitativi, ecc, ricordiamo che, come vi avevamo già raccontato, nella task force di esperti per la “fase 2” del Presidente Giuseppe Conte c’è anche Giampiero Griffo, Coordinatore del Comitato tecnico-scientifico dell’Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità.

Le aperture sembrano esserci, le associazioni si stanno facendo sentire, non ci resta che aspettare e vedere se tutte le istanze saranno ascoltate. Non mancheremo, come sempre, di tenervi aggiornati.

Alessandra Babetto

Qui tutti gli aggiornamenti coronavirus su disabili.com
 

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