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Lo studio del Medea su 1.500 famiglie: tra le manifestazioni di disagio psicologico, fatica nei genitori, ansia e aggressività nei bambini. Anche se resilienti, queste famiglie hanno bisogno di aiuto

Tra le conseguenze meno visibili - ma non per questo meno gravi - che questo periodo di distanziamento sociale porta e porterà con sé ci sono anche le ricadute sulla salute mentale dei cittadini, compresi i bambini, nei quali si possono già rilevare sintomi più o meno severi da stress post-traumatico.
Spiega Massimo Molteni, Direttore Sanitario della Nostra Famiglia: "I bambini sono i grandi dimenticati di questa pandemia: i loro bisogni di socialità, di gioco comune, di vitali relazioni tra pari, sono stati nascosti dalla immane tragedia che ci ha colpito: nascosti, ma rimangono. I bambini con disabilità o bambini con condizioni esistenziali particolari come quelli con autismo o con disabilità dello sviluppo intellettivo, forse i più sofferenti, sono addirittura completamente scomparsi dai RADAR",

Per questo motivo l’associazione ha realizzato, grazie anche al suo bacino composto da numerosi Centri presenti in 6 regioni italiane (Lombardia, Veneto, Friuli, Liguria, Puglia, Campania), una indagine dedicata, dal nome RADAR: EspeRienze nell'emergenzA COVID-19 nei bAmbini con disabilità e nei loro genitoRi), allo scopo di comprendere come le famiglie di bambini con con disabilità hanno vissuto questa esperienza e quali sono i fattori di rischio e di protezione che si associano ai livelli di stress nei bambini e nei genitori, così da poter indirizzare eventuali azioni di sostegno.
I dati raccolti in forma anonima dall’indagine, svoltasi in piena pandemia (agli inizi di aprile), riguardano 1472 genitori e 1630 bambini e ragazzi.

I FIGLI: PROBLEMI DI ATTENZIONE, ANSIA E AGGRESSIVITÀ
Lo studio ha preso in esame bambini con disturbi del linguaggio, dell'apprendimento, deficit motori, disturbo dello spettro autistico, disabilità intellettiva... Il 35% dei bambini del campione ha un'età compresa tra i 7 e i 10 anni, il 28% tra i 4 e i 6 anni, il 9% tra 0 e 3 anni.
I ricercatori hanno riscontrato nei bambini di tutte le età un incremento significativo di alcuni "comportamenti problema", indice di una maggiore difficoltà di regolazione delle emozioni: per un terzo dei bambini sono mediamente aumentati  i comportamenti di ritiro, i comportamenti ansioso-depressivi, i problemi di attenzione e i comportamenti aggressivi.

I GENITORI: SOPRAFFATTI MA NON ARRABBIATI
L'83% dei genitori che hanno partecipato alla ricerca sono mamme, con una media di 42,5 anni.
Ai genitori era stato chiesto di confrontare la loro attuale esperienza rispetto al periodo precedente alla situazione di emergenza dovuta al Covid-19: la fotografia che ne esce è piuttosto variegata. I genitori si sentono mediamente più sopraffatti e sovraccaricati nel proprio ruolo genitoriale, inoltre, se il figlio ha più patologie, in genere i genitori sono sottoposti ad un carico maggiore. Ma un dato che ha stupito gli studiosi è che allo stesso tempo sono emerse meno emozioni negative di quanto ci si aspettava e la situazione di emergenza non ha impedito ai genitori di percepire elementi di positività nel loro ruolo anche in un momento così difficile.
Hanno inoltre influito nelle modalità di adattamento alla situazione (e quindi al miglioramento dello stress) fattori come le caratteristiche psicologiche, le capacità individuali, le abilità della persona di ricorrere all'aiuto della famiglia e della rete sociale esterna. Per esempio, ci sono alcuni genitori che hanno una prospettiva più ottimista sul futuro, altri che si sono appoggiati molto alle risorse sociali, etc.

IL COMMENTO: ANCHE SE RESILIENTI, QUESTE FAMIGLIE HANNO BISOGNO DI AIUTO
I dati, dichiarano i promotori della ricerca, sono utili non solo per gli interventi da attuare adesso,ma lo saranno anche dopo il lockdown: "Più della metà delle famiglie ha segnalato bisogno di supporto negli ambiti riabilitativi, didattici, educativi, specialmente nel momento dell'isolamento. ", precisa Gianluigi Reni.
"Dalle prime risultanze, cui ne seguiranno altre, speriamo si possa gettare un fascio di luce sulla condizione di questi bambini e delle loro famiglie, utili anche nel dopo pandemia per sviluppare una rinnovata azione di attenzione da parte delle istituzioni pubbliche" conclude Molteni: "non ci si salva da soli e solo insieme pubblico e terzo settore possono trovare le giuste sinergie per continuare a camminare in modo rinnovato, utilizzando modelli e paradigmi nuovi come la telemedicina e la teleriabilitazione, in combinazione ad interventi in presenza con un forte coinvolgimento dei contesti, in primis la scuola, anche modificando vecchi schemi organizzativi e normativi. Speriamo che la creatività e la genialità italiana abbiano anche in questo ambito il sopravvento  sul grigio ordine burocratico che ha mortificato tante azioni a favore dei bambini con disabilità negli ultimi anni:  dalla parte dei bambini, sempre".

Redazione

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