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Battersi per i diritti umani.
Ed essere, per questo, minacciati, torturati e perseguitati.
E' quanto accade ogni giorno a tanti attivisti che svolgono la loro azione in Bielorussia, nella Federazione Russa, in Turchia e nel Turkmenistan: sono questi i quattro paesi dell'area euro-asiatica che presentano il più alto livello di repressione nei confronti di chi esercita in modo legittimo il diritto alla libertà di espressione, associazione e riunione.

E in occasione della Giornata Mondiale per la libertà di stampa, Amnesty International si schiera al fianco degli attivisti le cui iniziative, in questi paesi, vengono criminalizzate dalle autorità, che ordinano ed eseguono minacce, arresti e torture.
Autorità che, in Bielorussia, hanno il monopolio pressochè totale sull'informazione. Ci sono precise leggi che restringono il campo d'azione delle organizzazioni non governative, dei partiti politici, dei sindacati, dei giornalisti e di chiunque intende esprimere le proprie opinioni. E ogni forma di dissenso politico o civile viene schiacciato con minacce, intimidazioni, arresti di massa, violenze e lunghe pene detentive.
In Turkmenistan il sospetto giustifica la violenza. E i maltrattamenti e le torture non riguardano solo i sospettati, ma anche i parenti, spesso licenziati e sfrattati dalle loro proprietà: molti attivisti sono stati quindi costretti a fuggire all'estero. Le autorità controllano i mezzi di informazione e hanno adottato una serie di misure per impedire l'accesso a fonti indipendenti e la diffusione all'estero di notizie considerate compromettenti; a farne le spese i giornalisti locali che collaborano con la stampa estera, critica nei contronti del paese.
Nella Federazione Russa il governo è arrivato anche ad uccidere quegli attivisti che hanno tentato di diffondere informazioni sulla situazione dei diritti umani nel Caucaso del nord. E le vittime che chiedono giustizia alla Corte europea dei diritti umani sono sempre più nel mirino delle autorità.
In Turchia la situazione non è migliore. Nel '91 almeno 12 rappresentanti dell'Ihd (Associazione per i diritti umani) sono stati assassinati. Nonostante alcune recenti riforme legali e costituzionali, gli attivisti continuano ad essere colpiti. Le loro iniziative e il loro diritto alla libertà di espressione, associazione e riunione sono limitati da un'ampia serie di leggi e regolamenti. Così le intimidazioni, gli arresti, i processi, le torture, i sequestri, addirittura le uccisioni, sono all'ordine del giorno per gli attivisti degli organismi che si battono per i diritti umani.

Alcuni episodi
Il 16 gennaio 2004, nei pressi di Gudermes, in Cecenia, è stato ritrovato il corpo mutilato del 29enne Aslan Davletukaev. Lavorava nella Società per l'amicizia russo-cecena, organismo non governativo che documenta le violazioni dei diritti umani nel Caucaso settentrionale. Davletukaev era stato arrestato dalle forze federali russe il 9 gennaio. Le indagini sul caso, aperte e chiuse diverse volte, non hanno ancora portato all'identificazione dei responsabili della sua morte.
 
Nel luglio 2004 Saparmurat Ovezberdiev, corrispondente di Radio Liberty dal Turkmenistan, e stato costretto a lasciare il paese. Era sottoposto a stretta sorveglianza da molti anni e a forti pressioni per abbandonare il lavoro. Anche i suoi familiari sono stati presi di mira nel tentativo di impedirgli di parlare.
 
Il 19 aprile 2005, in Turchia, gli esponenti dellIhd (Associazione per i diritti umani), Eren Keskin, Saban Dayanan e Dogan Genc hanno ricevuto minacce di morte da parte di un gruppo ultranazionalista chiamato Brigate turche della vendetta. Questo stesso gruppo aveva gia rivendicato il tentato assassinio, nel 1998, dell'allora presidente dell'Ihd, Akin Birdal, rimasto gravemente ferito.

Sito di Amnesty International

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[Francesca Lorandi]

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