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Ha due anni Ophelia Kirwan, e proprio per questo non può aver deciso di ricorrere alla chirurgia plastica. L’hanno fatto per lei i suoi genitori: tutti e due medici (il padre, nello specifico, fa il chirurgo plastico, e di questi tempi averne uno in casa non è male…) mentre la madre…beh, diciamo che di questa arte del marito ha beneficiato a più riprese, essendo per sua stessa ammissione ‘rifatta’.

Ma la piccola Ophelia non è solo…piccola (ha 2 anni, cioè 24 mesi, tanto per ribadire ancora…), è anche una bimba down. Che forse dopo l’intervento – o meglio la serie di interventi cui I genitori hanno deciso di sottoporla, sembrerà meno ‘diversa’. O forse si parlerà di lei come della piccola down che… resta disabile nonostante la chirurgia estetica.

I suoi genitori sono molto benestanti - abitano a Knightbridge, una delle zone più esclusive di Londra - e ha due sorelle più grandi. «Non è giusto che Ophelia, e altri nella sua stessa condizione, vengano giudicati dalle loro apparenze, e magari scartati per un lavoro che invece possono benissimo svolgere», si è giustificata Chelsea, la madre. «È una questione di autostima: se c'è qualcosa del tuo corpo di cui non sei felice, perché non correggerlo?», dichiara ancora, e conclude: «Tutto quello che voglio è che sia felice».

Interventi chirurgici dolorosi, e anche pericolosi, perchè prevedono anestesie generali, per soddisfare – probabilmente – la frustrazione degli adulti che ruotano intorno a questa storia.
Chi dice loro infatti che la piccola Ophelia veda, quando si guarda allo specchio, qualcosa di strano che loro invece vedono – ed evidentemente non accettano – chi può pensare che per lei quella faccia oramai familiare non sia in fondo rassicurante? Non la faccia sentire ‘a casa’. E come potrebbe ritrovarsi in lineamenti non suoi, così particolari perchè diversi, che sembra si vogliano cancellare?

Difficile far passare il concetto della madre che insiste nel dire che ‘lo fa per il suo bene e per la sua felicità’. Come suggerisce il tabloid «Daily Mail», la questione è una sola: più che la felicità dei bambini, il desiderio dei genitori di avere dei figli normali, o comunque ‘meno’ diversi.

«Il solo pensiero di permettere che aprano la faccia a tuo figlio per cercare di renderlo più accettabile da parte della società è terribile», denuncia Rosa Monckton, madre di una ragazzina Down, moglie di un ex direttore del «Sunday Telegraph».
Un’altra voce dei «quartieri alti», dunque.
«Forse questi genitori stanno facendo fatica ad affrontare lo choc - perché di choc si tratta - di scoprire che tuo figlio non sarà mai come ti aspettavi».
Una visione assolutamente condivisa dalla «Associazione britannica Sindrome di Down», che anzi si spinge un po' più in là, mettendo in evidenza come il dolore e il disagio patito da una bambina di due anni - che non ha ancora coscienza della propria condizione - possa addirittura configurarsi come un violenza.

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[Valentina Polati

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