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maculopatiaLa degenerazione maculare legata all'età (AMD) rappresenta in Italia la prima causa di perdita della visione centrale e di cecità legale nei pazienti al di sopra dei 60 anni di età . Dal momento che questo gruppo di persone rappresenta una percentuale della popolazione in continuo aumento è ben evidente quale sia oggigiorno l'impatto socio-economico che ne consegue. Con l'invecchiamento, questa malattia determina delle alterazioni anatomiche a carico della macula che rappresenta quella parte centrale della retina che ci permette di vedere nitidamente gli oggetti e le persone che ci circondano. Esistono due forme di AMD: quella atrofica (non neovascolare) e quella essudativa (neovascolare). Entrambe, anche se con diversi meccanismi patogenetici, possono determinare una drammatica riduzione della funzione visiva, con perdita della visione centrale. La forma atrofica, caratterizzata dalla presenza di depositi giallastri (drusen) nella macula, può essere in una prima fase del tutto asintomatica. Con l'avanzare della malattia, si determina un'atrofia dell'epitelio pigmentato retinico (REP) ed una perdita dei fotorecettori (coni e bastoncelli) tale da determinare una progressiva e grave riduzione della visione centrale con perdita della capacità di lettura. Purtroppo, allo stato attuale, non esiste un trattamento risolutivo per questa forma di AMD, anche se l'uso di alte dosi di antiossidanti e la supplementazione di luteina e zeoxantina hanno dimostrato una concreta efficacia nel rallentarne la progressione. Il secondo tipo di AMD, quella essudativa, può rappresentare un'evoluzione della forma atrofica oppure esordire improvvisamente senza alcun preavviso. Essa consiste nello sviluppo di alcuni neovasi provenienti dalla coriocapillare (letto vascolare localizzato al di sotto della retina) che si erniano attraverso una membrana elastica (di Bruch), sollevando la retina sensoriale e provocando una distorsione delle immagini, immediatamente percepita dal paziente, che aumenta progressivamente con l'avanzare della malattia. Quando la forma essudativa evolve in una forma emorragica, il paziente può perdere completamente, e nel giro di pochi secondi, la visione centrale. Con il passare del tempo, se non trattata adeguatamente, la degenerazione maculare di tipo essudativo evolve in una forma cicatriziale che, alterando definitivamente la complessa struttura retinica, rende impossibile il recupero di una visione utile. Contrariamente alla forma atrofica, quella essudativa, se diagnosticata precocemente e trattata adeguatamente, può oggigiorno offrire delle concrete aspettative di conservazione della visione. Recentemente è stata infatti introdotta una nuova terapia, che abbiamo voluto denominare farmacochirurgia, che consiste nell'uso di farmaci che bloccano l'azione di un fattore vaso-proliferativo endoteliale (chiamato VEGF) il quale stimola la crescita dei neovasi e ne promuove lo sviluppo, determinando la progressione della AMD essudativa. Questi farmaci detti anti-VEGF, derivati direttamente dalla biologia molecolare, vengono iniettati all'interno dell'occhio (per via intravitreale), consentendo l'impiego di concentrazioni terapeutiche minime con conseguente e significativa riduzione di quegli effetti collaterali sistemici che si potrebbero manifestare in seguito alla loro somministrazione per via parenterale. L'introduzione della monoterapia con anti-VEGF ha rappresentato un evento epocale nella cura di questa malattia, paragonabile a quanto già avvenuto in medicina con l'introduzione della chemioterapia per la cura dei tumori: il paziente non guarisce ma la prospettiva di conservazione della vita, così come in questo caso della vista, è sensibilmente aumentata. La farmacochirurgia viene eseguita in anestesia locale (colliri) ed in totale assenza di dolore. Il protocollo standard di questo trattamento prevede tre infiltrazioni consecutive a distanza di un mese l'una dall'altra ed eventuali successive ripetizioni, in relazione alla risposta dei singoli pazienti alle diverse molecole esistenti ed alla valutazione dello stato di malattia effettuata dal chirurgo oculista in base al risultato del monitoraggio strumentale (angiografia a fluorescenza (FAG), angiografia con verde indocianina (ICG) e tomografia a coerenza ottica (OCT) ad alta risoluzione) cui il paziente dovrà sottoporsi durante tutto il decorso della malattia. In alcuni casi però, nonostante la continua somministrazione intravitreale di farmaci anti-VEGF, le membrane diventano insensibili o resistenti ad essi e si assiste impotenti ad una progressiva evoluzione della patologia. A tal riguardo, una recente scoperta ha permesso di individuare nella crescita di alcune cellule di rivestimento dei neovasi immaturi, denominate periciti , una sorta di "scudo" capace di fare maturare i neovasi inibendone la risposta agli anti-VEGF, con irriducibile progressione della malattia. Il significativo risultato di alcuni studi preliminari ha consentito ai ricercatori di iniziare anche in Italia, in alcune delle più rinomate Università , uno studio clinico multicentrico, con una nuova molecola anti-PDGF (Pericyte Derived Growth Factor), che inibendo la crescita dei periciti, "denuda" il vaso patologico dalla loro "protezione" e lo espone nuovamente all'azione dei convenzionali farmaci anti-VEGF che vengono sempre associati in terapia combinata. In questo modo, è auspicabile di potere recuperare una gran parte di quei pazienti per i quali apparentemente sembrava non potesse esistere più nulla da fare, ed allo stesso tempo potenziare, con la terapia combinata, l'efficacia e la durata dei farmaci già oggi a nostra disposizione. E' in ogni caso fondamentale che i pazienti mantengano un costante contatto con i centri di riferimento distribuiti sul territorio nazionale perché la migliore conoscenza dei meccanismi patogenetici di questa malattia fa immaginare che nell'immediato futuro, lo sviluppo di nuove molecole e l'applicazione diretta dell'ingegneria genetica, permetteranno di mirare non solo alla stabilizzazione della malattia ma ad una permanente regressione dei neovasi e ad un'aspettativa di reale guarigione.


Fonte: Corriere.it