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pcI dati sono ancora parziali, ma la costruzione di un database è avviata e consentirà di monitorare la sclerosi multipla e di intervenire con terapie più idonee. E’ quanto emerso nel convegno di ieri al Santa Chiara, dal titolo «Approccio multidisciplinare alla sclerosi multipla», al quale hanno partecipato medici degli ospedali di Trento, Rovereto, Pergine, Arco, Verona e Bolzano. Come ha spiegato il primario di neurologia dell’ospedale di Trento, dottor Daniele Orrico, organizzatore del convegno, si tratta di un confronto che vuole mettere a fuoco aspetti della malattia con i diversi specialisti per un percorso diagnostico-assistenziale più efficiente possibile. «La sclerosi multipla - precisa Orrico - è una malattia con clinica molto varia e sintomi diversi. E’ un’infiammazione cronica che colpisce il rivestimento dei neuroni, colpisce il sistema nervoso centrale e si manifesta con disturbi sensitivi, motori, della vista e dell’equilibrio. Colpisce soprattutto i giovani e le donne ed è più diffusa nell’area nord occidentale del pianeta, dagli Usa, al Canada, all’Europa. Tuttora, non se ne conosce la causa».
Il database è stato avviato dal primario, in collaborazione con la dottoressa Sabrina Marangoni, che ieri ha presentato i primi dati raccolti. La dottoressa spiega che si tratta di un’analisi epidemiologica ancora parziale, che raccoglie di dati riferiti alle cartelle del Santa Chiara, Villa Rosa, Rovereto e Cavalese ed è per questo che ha invitato le altre strutture ed i medici di famiglia a segnalare i casi che si presentano. «I nominativi raccolti - ha affermato Marangoni - dal 1º gennaio del ’99 al 31 dicembre 2008, sono 731. Tenuto conto delle diagnosi errate, le cartelle analizzate sono state 360, di questi malati 249 sono femmine, 103 maschi, con un rapporto tra femmine e maschi di 2.5 a 1. L’esordio della malattia è in media i 33 anni, età della diagnosi è di 38. L’incidenza, tenuto conto di un margine di errore del 10%, è di 120 malati ogni 100mila abitanti, in linea con le altre regioni d’Italia».
Ma quali sono i segnali che possono essere associati alla malattia?
«Si tratta di quei sintomi subacuti - risponde Marangoni - come il calo della vista, delle capacità sensitive, della forza fisica che durano da 24 ore a un mese. Dagli anni ’90, grazie alla intensa ricerca, c’è stato un miglioramento sia nella diagnosi, sia nella disposizione della terapia, ma la causa dell’insorgenza non è ancora nota». La dottoressa ha parlato anche di uno studio del 2010 della rivista «Lancet Neurology» che rileva un aumento dell’età di sopravvivenza dei pazienti, grazie al successo delle terapie, che saranno a breve anche orali.


Fonte: TrentinoCorriereAlpi.it