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I numeri sono quelli di una ecatombe. La FISH chiede una commissione parlamentare di indagine

In questi giorni di statistiche impietose, a tutti è balzato all’occhio il vertiginoso numero di contagi e decessi da Coronavirus che si sono e si stanno registrando nelle RSA e nelle case di riposo per anziani del nostro Paese. In queste strutture, che di fatto costituiscono comunità chiuse, la diffusione del contagio ha trovato purtroppo la strada spianata su una popolazione estremamente esposta alle conseguenze più severe dell’infezione da Covid19, considerando che gli ospiti sono in maggior parte anziani con patologie croniche e in misura considerevole non autosufficienti.

Una survey nazionale compiuta dall’Istituto Superiore di Sanità sul contagio nelle strutture residenziali e socio sanitarie del paese ha rilevato percentuali di mortalità importanti. Fra le strutture rispondenti alla indagine (che contano un totale di 18877 residenti alla data del 1° febbraio2020),si sono verificati in totale 1845 decessi (per tutte le cause, non solo Covid19) nei mesi di febbraio e marzo 2020.

Per queste realtà, numerose sono le criticità, a partire del reperimento delle mascherine e dei presidi di protezione, passando per la necessità di tutelare gli ospiti e gli operatori (in numeri casi contagiatisi) e garantire la loro sostituzione, ma anche capire quali possono essere le procedure e i protocolli terapeutici qualora non si provvedesse al ricovero ospedaliero degli anziani ospiti contagiati.
La ricerca ha rilevato, nelle RSA che hanno risposto, queste criticità nelle seguenti percentuali:
-          86% hanno riportato difficoltà nel reperimento di Dispositivi di Protezione Individuale
-          22% hanno richiesto maggiori informazioni circa le procedure da svolgere per contenere l’infezione
-          36% riferiscono difficoltà per l’assenza di personale sanitario (permalattia)
-          12% difficoltà nel trasferire i residenti affetti da COVID-19 instrutture ospedaliere.
-          27% dichiarano di avere difficoltà nell’isolamento dei residenti affetti da COVID-19

L’allarme è stato lanciato anche da Franco Massi, Presidente Nazionale UNEBA  , mentre il 3 aprile è stata diramata unacircolare da parte del Ministero della Salute  dove viene indicata una scala di priorità da seguire nell’effettuare i tamponi diagnostici per il Covid19, indicando:
1. pazienti ospedalizzati con infezione acuta respiratoria grave
2. tutti i casi di infezione respiratoria acuta, ospedalizzati o ricoverati nelle residenze sanitarie assistenziali o nelle altre strutture di lungo degenza
3. operatori sanitari esposti a maggior rischio, operatori dei servizi pubblici che siano sintomatici; operatori, anche asintomatici, delle residenze sanitarie assistenziali e di altre strutture residenziali per anziani
4. persone fragili, come ad esempio anziani con comorbilità. “Le persone vulnerabili, quali le persone che risiedono in residenze per anziani, dovrebbero essere particolarmente fatte oggetto di attenzione”

 

 

L’ALLARME IN EUROPA PER GLI ISITITUTI RESIDENZIALI
In Europa, inoltre, la situazione degli istituti residenziali per persone con disabilità sta preoccupando il Forum Europeo Sulla Disabilità, che nei giorni scorsi ha lanciato nei giorni scorsi l’allarme: gli istituti residenziali stanno diventando focolai di infezione e abusi, e i governi devono agire subito.
Secondo l’EDF si stima che un milione di persone con disabilità vivano negli istituti, e ora si trovano ad essere più vulnerabili che mai.

Il Forum riporta, tra le altre notizie di vari Paesi dell’UE, una dalla Greciadove unità psichiatriche starebbero chiudendo a chiave le persone nelle loro stanze, senza la possibilità di accesso al telefono o ad internet e senza la possibilità di vedere i familiari. Preoccupano anche le situazioni in altri Paesi europei, con varie criticità.

Rilevando la discontinuità nell’erogazione dei servizi di base in alcuni Pesi europei, il Forum si appella alle autorità chiedendo:
  •      ogni possibile sforzo per chiudere le istituzioni residenziali e psichiatriche e fornire soluzioni di vita basate sulla comunità;
  •      di verificare e garantire che gli ospiti delle strutture residenti non subiscano abusi e non vengano trascurati e che e non si ricorra o aumenti il ricorso al contenimento fisico e tramite farmaci durante questa crisi;
  •       garantire che gli ospiti possano restare in contatto coi familiari attraverso i propri dispositivi di comunicazione, in un contesto di privacy
  •       effettuare test e misure preventive più rigorose per le persone con disabilità più esposte alle infezioni e alle persone che hanno anche fare con loro
  •      garantire pari accesso alle cure per le persone con disabilità che vivono negli istituti residenziali
  •       includere il personale di assistenza e gli operatori tra il personale “essenziale” che va dotato dei necessari dispositivi di protezione per ridurre al minimo l’esposizione e la diffusione dell’infezione, e sottoporli a test preventivi per il virus. Autorizzare questi lavoratori a spostarsi da e per il luogo di lavoro (sia strutture che domicilio degli utenti). Dovrebbero inoltre avere diritto al sostegno concesso ad altri operatori chiave, come l'assistenza all'infanzia e l'ammissione alla scuola;
  •     Assicurare agli istituti prodotti per l’igiene e garantire che vengano adottate rigorose misure di igiene e prevenzione. Queste forniture dovrebbero essere rese disponibili anche ai residenti in forme accessibili
  •       Supportare le agenzie che forniscono assistenza alle persone con disabilità nello sviluppo di piani di continuità assistenziale, anche riducendo gli ostacoli burocratici alle assunzioni e mantenendo al contempo le misure di protezione, come i controlli sui precedenti.
  •      Investire nei servizi di supporto e assicurarsi che possano far fronte all’aumento dei costi causati da questa crisi, in relazione anche ai medicinali, ai dispositivi protettivi e agli straordinari del personale
  •      Effettuare visite negli istituti di cura ed effettuare monitoraggi per assicurarsi che gli ospiti non vengano abbandonati o siano in pericolo a causa delle mancanza o assenza di personale. Gli opriti, inoltre, devono essere messi a conoscenza dei loro diritti e devono oter accedere a strumenti per denunciare eventuali violazioni.
  •      L’unione Europea dovrebbe garantire ai paesi membri che ne abbiano carenza, dispositivi di protezione personale e altri materiali necessari a proteggersi dall’infezione. Questi strumenti dovrebbero essere forniti in via prioritaria al personale “in prima linea”, compreso quello che assiste persone con disabilità
LA FISH CHIEDE UN'INDAGINE PARLAMENTARE
La stessa FISh, in Italia, parla di tragedia annunciata, chiedendo una commissione di indagine parlamentare subito e con il coinvolgimento del Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale . Così FISH: Lo dirà la Magistratura, lo dirà magari una commissione di indagine parlamentare che come FISH invochiamo, lo diranno opportune indagini quali siano le responsabilità individuali nella tragedia che si è consumata nelle RSA e nelle strutture italiane che accolgono disabili e non autosufficienti.
Di certo è ora di mettere in discussione un intero sistema
di strutture segreganti, di “luoghi speciali” o spacciati per tali in funzione di pseudo-specialità riabilitative perché indirizzati a questa o a quella condizione patologica.
Continua la FISH: “Oggi leggiamo con orrore i report del Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale su quanto è accaduto nelle RSA, senza tuttavia stupirci che questa ecatombe si sia consumata proprio in quelle strutture che da anni segnaliamo come segreganti, come umilianti della dignità personale, come espressione lontanissima a qualsiasi logica di abitare sociale, di inclusione, di prossimità e di trasparenza rispetto al territorio.”
“Da anni ripetiamo che lo Stato e le Istituzioni territoriali debbano compiere ogni sforzo mirato alla deistituzionalizzazione delle persone con disabilità che vivono in strutture segreganti, intervenendo sia nella direzione di garantire adeguate dimissioni da quei luoghi di detenzione, sia nel divieto alla realizzazione di nuove strutture che riproducano situazioni segreganti vietandone l’accreditamento istituzionale e, conseguentemente, qualsivoglia finanziamento diretto o indiretto”.
“(…) Ma non sono solo le lacune o gli errori di profilassi ad avere causato il disastro, ma stessa logica di coabitazione, di aggregazione forzata, che troppo spesso contraddistinguono queste strutture e questi modelli. Le eccezioni, le buone prassi che non mancano rendono ancora più grave tutto ciò che non funziona”.
Infine, le richieste della FISH: “(…) Le istanze di FISH sono secche e chiare:
- commissione di indagine parlamentare subito e con il coinvolgimento del Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale;
- revisione dell’intero sistema di accreditamento istituzionale delle strutture residenziali con l’adozione delle norme UNI 11010 sui requisiti dei “Servizi per l’abitare e servizi per l’inclusione sociale delle persone con disabilità”;
- confronto con le Regioni per la definizione di un piano per l’abitare sociale adulto e autonomo delle persone con disabilità nello spirito della Convezione ONU (art. 19, vita indipendente)”.



Redazione

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