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Buongiorno, mi chiamo A. e vorrei sottoporre il seguente quesito:
a mio padre, già riconosciuto invalido al 100% con condizione grave nel 2008 a seguito di una nefrectomia radicale, è stato riconosciuta nel 2009 la legge 104 senza però il riconoscimento di gravità. A seguito delle situazioni di vita che portarono alla sua invalidità, il suo stato di salute è progressivamente peggiorato, dal 2008 ha subito diversi interventi chirurgici a causa di un tumore ed il suo stato fisico, ma anche psichico è peggiorato.
A dicembre 2014 abbiamo presentato all'INPS una domanda di revisione della legge 104 per aggravamento, con lo scopo di farsi riconoscere l'art. 3 (?) in base al quale io, in qualità di figlio, posso prestargli assistenza per quelli che mi sembrano essere 3 giorni al mese.
Al momento non abbiamo ancora ricevuto riscontro dall'INPS e mio padre "versa", in termini di riconoscimenti, nelle condizioni del 2008: invalida al 100% con gravi difficoltà e riconoscimento legge 104 senza gravi difficoltà. L'azienda presso la quale lavoro mi ha proposto un trasferimento da Napoli a Pavia, premesso che in Campania la mia azienda ha altre tre sedi e appurato che al momento non abbiamo ricevuto aggiornamenti sulla pratica di aggravamento della legge 104, volevo chiedere se sussistono comunque i requisiti per chiedere di essere collocato presso una delle tre sedi in Campania e se, ammesso che a mio padre venga riconosciuto l'aggravamento e quindi il relativo articolo che consenta al familiare di prestargli assistenza, il fatto che la mia sede di lavoro sia Pavia non impedisca la possibilità di prestargli assistenza.
Ringrazio fin da ora per il tempo che mi verrà cortesemente concesso.
Saluti.
A.
 
La risposta dell'avv. Colicchia
 
Gentile A.,
la problematica relativa alla sede di lavoro e/o ad eventuali trasferimenti della persona che assiste una persona in stato di disabilità è espressamente regolata dalla legge.
Più precisamente la legge interviene in ambito lavorativo, con diverse tutele dettate sia per i disabili lavoratori che per coloro che devono assisterli, tra le quali rilevano in particolare il diritto di scelta della sede di lavoro e la fruizione dei permessi retribuiti di cui all'art. 33 della legge 104.
Si tratta di tutele rispondenti alla ratio non già di assegnare benefici ai soggetti che hanno un parente portatore di handicap bensì di garantire a quest'ultimo un'assistenza (Cons. St. n. 3237/2010) e che, quindi, non rappresentano diritti assoluti ma agevolazioni che vanno contemperate sia con le esigenze organizzative ed economiche del datore di lavoro che con quelle di evitare gli usi illegittimi e che, ovviamente, hanno richiesto, più volte nel tempo, l'intervento interpretativo della giurisprudenza.
Sull'art. 33, in particolare, che prevede al comma 5 che il lavoratore possa scegliere, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere, è pacifico nella giurisprudenza, sia ordinaria che amministrativa chiamata all'interpretazione della ratio legis, che tale facoltà "non costituisce un diritto incondizionato del dipendente, ma piuttosto una valutazione discrezionale del datore", un "semplice interesse legittimo" (Cons. St. n. 1828/2012).
Segue che, ad esempio, la P.A. può legittimamente respingere l'istanza di trasferimento presentata, giacché le condizioni personali e familiari del dipendente "recedono di fronte all'interesse pubblico, alla tutela del buon funzionamento degli uffici e del prestigio dell'amministrazione" (Cons. Stato 4200/2014; n. 1073/2014; n. 1677/2014).
Del resto è lo stesso legislatore a prevedere un limite a tale posizione giuridica di vantaggio, dato l'inserimento nella disposizione dell'inciso "ove possibile" (Cass. n. 28320/2013).
La legge n. 183 del 4 novembre 2010 (c.d. collegato lavoro) ha introdotto importanti novità modificando l'art. 33 della legge 104/92 e prevedendo al comma 5 che i destinatari di questa agevolazione sono i soggetti definiti nella nuova formulazione dell'art. 33 - comma 3 legge 104/92.
Pertanto il diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere e a non essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede è riconosciuto:
al lavoratore dipendente, pubblico o privato, che assiste persona con handicap in situazione di gravità, coniuge, parente o affine entro il secondo grado, ovvero entro il terzo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti.
Il diritto di scegliere la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere è richiamato, inoltre, dalle circolari INPS n. 155/2010, INPDAP n. 1/2011 e dipartimento funzione pubblica n. 13/2010).
Tuttavia, il riconoscimento della situazione di gravita così come espressamente indicata al comma terzo dell'art. 33 deve essere riconosciuta, essendo indicata come requisito, al fine di far valere i predetti diritti.
Questo è quanto stabilito a livello normativo.
Venendo alla sua situazione, ciò che mi sembra opportuno consigliarle è spiegare la sua situazione ai vertici della sua azienda al fine di addivenire ad una soluzione che vada incontro alle esigenze di ambo le parti.
Spero di esserle stato di aiuto
Cordiali saluti
Avv. Roberto Colicchia


Studio Legale
Avv. Roberto Colicchia
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