Menu

Tipografia

Salve mi chiamo C., ho un invalidità del 75 % morbo di Crohn ıv stadio operata 3 volte per resezione intestinale, e a gennaio 2 dilatazione, lavoro in una mensa ospedaliera, assunta come categoria protetta, avendo avuto un aggravamento in questo ultimo periodo, e anche perché mi hanno accettato la Legge 104, la mia domanda è: per poter cambiare lavoro a chi mi devo rivolgere? All’ufficio invalidi, oppure ci sarebbe un altra soluzione?

In attesa della sua risposta, le dico grazie anticipatamente.

C.

 

La risposta dell'avv. Colicchia


Egregio Signore,
 il quesito proposto non è molto chiaro. In particolare non è chiaro se il suo intento è cambiare lavoro o cambiare mansione.
Detto ciò, sicuramente a seguito delle peggiorate condizioni di salute, certificate da Enti pubblici, può proporre al datore di lavoro un mutamento delle mansioni, meno gravose per la Sua persona. Il nodo della questione, è l’art. 10 comma 3 della l. 68/99 il quale dice che “…nel caso di aggravamento delle condizioni di salute … il datore di lavoro può chiedere che vengano accertate le condizioni di salute del disabile per verificare se, a causa delle sue minorazioni, possa continuare ad essere utilizzato presso l'azienda. … Gli accertamenti sono effettuati dalla commissione di cui all'articolo 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, integrata a norma dell'atto di indirizzo e coordinamento di cui all'articolo 1, comma 4, della presente legge …. La richiesta di accertamento e il periodo necessario per il suo compimento non costituiscono causa di sospensione del rapporto di lavoro. Il rapporto di lavoro può essere risolto nel caso in cui, anche attuando i possibili adattamenti dell'organizzazione del lavoro, la predetta commissione accerti la definitiva impossibilità di reinserire il disabile all'interno dell'azienda...”. Questo significa che il rapporto di lavoro può essere interrotto nel caso in cui venga accertata dalle commissioni competenti la definitiva impossibilità di reinserire il disabile all'interno dell'azienda. Inoltre si sottolinea che spetta al datore l'onere della prova della non ricollocabilità del lavoratore inabile.
Secondo giurisprudenza, sia nel caso di aggravamento dello stato di salute che di riorganizzazione aziendale, è necessario verificare se il disabile possa essere adibito ad una diversa attività equivalente alle mansioni già assegnate o anche a mansioni inferiori, attribuendo al datore di lavoro il cd. onere di repechage”. A questo proposito si può riportare il contenuto di una recente pronuncia della Cassazione che, pur non riferendosi alle assunzioni ex legge 68/99, ha ritenuto che “…II licenziamento dell'invalido assunto in base alla normativa sul collocamento obbligatorio segue la generale disciplina normativa e contrattuale sol quando è motivato dalle comuni ipotesi di giusta causa e giustificato motivo, mentre quando è determinato dall'aggravamento dell'infermità che ha dato luogo al collocamento obbligatorio, è legittimo solo in presenza delle condizioni previste dall'art. 10, legge n. 482/1968, ossia la perdita totale della capacità lavorativa o la situazione di pericolo per la salute e l'incolumità degli altri lavoratori o per la sicurezza degli impianti, accertati dall'apposita commissione medica; nel caso in cui all'invalido risulti una capacità lavorativa, inoltre, sussiste in capo al datore di lavoro l'obbligo di adibirlo a mansioni equivalenti o anche inferiori compatibili con il nuovo stato dell'infermità, se la struttura organizzativa dell'azienda e la situazione dell'organico aziendale consentono…”
Il lavoratore, dunque, potrà essere licenziato solo qualora la Commissione accerti la definitiva impossibilità di reinserire il disabile all'interno dell'impresa, nonostante gli adattamenti tentati da quest’ultima alla propria organizzazione produttiva.
Qualora, quindi, anche la soluzione di un ricollocamento in azienda non possa essere messa in atto, il lavoratore licenziato viene avviato presso altra azienda  senza dover nuovamente essere inserito nella graduatoria, come indicato nell'art. 8 della legge 68/99 al cui comma 5 è stabilito che “ lavoratori disabili, licenziati per riduzione di personale o per giustificato motivo oggettivo, mantengono la posizione in graduatoria acquisita all'atto dell'inserimento nell'azienda”.
I tipi di giudizi che il medico competente può esprimere sono a) idoneità; b) idoneità parziale, temporanea o permanente, con prescrizioni o limitazioni; c) inidoneità temporanea; d) inidoneità permanente.
L'articolo 42 del D.Lgs. n. 81/2008, come modificato dal 20 agosto 2009 dal D.Lgs. n. 106/2009, pone a carico del datore di lavoro obblighi specifici e inderogabili: “il datore di lavoro, anche in considerazione di quanto disposto dalla legge 12 marzo 1999, n. 68, in relazione ai giudizi di cui all’articolo 41, comma 6, attua le misure indicate dal medico competente e qualora le stesse prevedano un’inidoneità alla mansione specifica adibisce il lavoratore, ove possibile, a mansioni equivalenti o, in difetto, a mansioni inferiori garantendo il trattamento corrispondente alle mansioni di provenienza”.
La legge n. 68/1999 tutela innanzitutto la salute del lavoratore disabile e il suo posto di lavoro che prevale sulla posizione professionale acquisita.
Dunque il D.Lgs. n. 81/2008 art. 42 prevede il datore di lavoro, qualora il medico competente giudichi un lavoratore inidoneo alla mansione specifica, debba adibirlo, “ove possibile”, ad altra mansione equivalente, superiore o inferiore che sia, compatibile con il suo stato di salute, con diritto alla conservazione della retribuzione corrispondente alle mansioni precedenti.
Il decreto 106/2009, così modificando l'art. 42, ha eliminato il riferimento originario sia al mantenimento “della qualifica originaria” in aggiunta alla conservazione dello stesso trattamento retributivo, sia all’applicazione dell’art. 2013 c.c. Nel caso di assegnazione a mansioni superiori il prestatore ha diritto al trattamento corrispondente all'attività svolta, e l'assegnazione stessa diviene definitiva, ove la medesima non abbia avuto luogo per sostituzione di lavoratore assente con diritto alla conservazione del posto, dopo un periodo fissato dai contratti collettivi, e comunque non superiore a tre mesi. Egli non può essere trasferito da una unità produttiva ad un'altra se non per comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive. In caso di adibizione a mansioni equivalenti o superiori. Sono state eliminate, in realtà, affermazioni superflue, non necessarie, poiché la disciplina vigente di cui all'art. 2013 c.c., non essendo prevista alcuna deroga al riguardo, resta incontestabilmente applicabile, a prescindere che venga o meno esplicitamente richiamata dal D.Lgs. n. 81/2008. In caso di adibizione a mansioni inferiori, è peraltro ora espressamente prevista, in positivo, la possibilità di deroga al divieto di demansionamento di cui all'art. 2103 c.c., ed è dunque autorizzato il demansionamento al solo fine di tutelare la salute del lavoratore, che conservazione la superiore retribuzione originaria.
Saluti
Avv. Roberto Coliccchia

 

Studio Legale
AVV. ROBERTO COLICCHIA
Via Risorgimento Prol. 66  89135 - Reggio Calabria
Via G. Garibaldi, 118 91020 - Petrosino (Tp)
Cell. 329.7014305  Fax  0965.037245
email   avv.robertocolicchia@tiscali.it

Tieniti aggiornato. Iscriviti alla Newsletter!

Autorizzo al trattamento dei dati come da Privacy Policy