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Sono la madre di un ragazzo disabile (provvisto di ben 15 ore di sostegno) che frequenta il III anno di un istituto superiore, seguitissimo a casa e in terapia. Mio figlio sta attraversando un periodo di particolare fragilità emotiva e relazionale, tanto che avevamo richiesto un incontro a scuola con i docenti e la neuropsichiatra che lo segue per sindrome di Asperger. Nel frattempo si è verificato un increscioso episodio, legato a motivi circostanziali (visto che il ragazzo non ha un temperamento né aggressivo né violento) in cui ha aggredito malamente una ragazza, senza ferimenti. La sua reazione è stata di pentimento e di disperazione, ma la dirigente ha imposto, senza ricorrere a una sanzione disciplinare, di tenerlo a casa per diversi
giorni. Visto il momento delicato che sta attraversando, mio figlio sta sperimentando vissuti profondi di fallimento e di depressione,tanto che medita di abbandonare la scuola a cui si sente profondamente legato e motivato. Stamattina la preside non ha ritenuto di dover accogliere una sua lettera di scuse a lei e alla classe (così suppongo, visto che non l'ha aperta e l'ha accantonata), e ha imposto una permanenza a casa a meno che la neuropsichiatra
non certifichi che è "guarito dalla depressione" (!), delegando di fatto completamente a noi sia la spiegazione della sua decisione (che è PER IL SUO BENE!) sia la responsabilità di un ritorno tranquillo.
Riteniamo che quest'allontanamento forzato stia caricando di vissuti depressivi e fallimentari il ragazzo, ben lungi dal "farlo guarire", ma la Dirigente è arrivata a dire "può sempre andare in un'altra scuola".. Di fatto ha subordinato il reintegro in classe all'ncontro con il medico, a cui delegherà le responsabilità . Sbagliamo noi? Sappiamo che questa Dirigente ha rifiutato a
settembre l'iscrizione di un ragazzo disabile; io non so che richieste siano legittime da parte nostra, si tratta di un essere umano, con le sue fragilità , ma anche i suoi diritti. Io e mio marito temiamo che le conseguenze di un simile trattamento aumentino i rischi relazionali, anziché diminuirli; riteniamo di essere persone collaborative, ma tale atteggiamento ci
è sembrato fortemente antipedagogico. Cosa potremmo fare? Come strutturare una
collaboratività che ci si è prospettata così difficile? Buona serata e grazie.
A.

La Risposta di MammaMarina

Cara A.

Le problematiche della scuola italiana nonostante le innovative leggi sull’integrazione scolastica sono innumerevoli e spesso causate proprio dai Dirigenti scolastici , non tutti per fortuna, che vedono nei ragazzi con disabilità solo le problematiche e non la risorsa che invece sono per la nostra società così arida.

La Dirigente non può delegare a nessuno la responsabilità di ciò che succede a scuola , è lei che deve prevedere e organizzare con i partecipanti al Gruppo di lavoro handicap un buon progetto educativo per il ragazzo tenendo conto delle sue difficoltà , delle sue inclinazioni, delle sue risorse.

Il suo ragazzo non ha assegnata un insegnante di sostegno? E un’assistente alla comunicazione e autonomia?

Comunichi sempre e chieda sia fatto anche dalla scuola per scritto ogni qualvolta vi siano disparità dì intendimento per l’integrazione scolastica, iniziando secondo me proprio da questo increscioso episodio., scriva riferendosi all’incontro avuto e di quanto siate rimasti sconvolti da tale affermazione detta da un’educatrice quale essa è < può sempre andare in un'altra scuola> , affermazione inammissibile e sanzionabile, non tenga suo figlio a casa , ma chieda e pretenda collaborazione dalla scuola per l’accoglienza serena di suo figlio e per garantire anche agli altri studenti l’ambiente migliore in cui vivere la giornata di studio.

Non è facile lo sò, per noi genitori di figli con disabilità nulla è facile e spesso dobbiamo aiutare gli altri a capire , ma per il bene dei nostri figli non possiamo permetterci di €˜abbassare le armi‑¬ .

Cari saluti,
Marina

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