Menu

Tipografia

Il figlio, dopo aver conseguito il congedo straordinario, ha però l’obbligo di instaurare una convivenza. Lo stabilisce una nuova sentenza della Corte Costituzionale

L’art. 42 (commi 5 e segg.) del d.Lgs. n.151/2001 riconosce il diritto di fruire del congedo straordinario retribuito (fino ai 2 anni) al lavoratore che debba assistere un familiare con handicap.
La Corte Costituzionale ha recentemente stabilito che, in mancanza di altri famigliari gerarchicamente legittimati a godere del beneficio, ha diritto al congedo straordinario per assistere il genitore con grave handicap anche il figlio non convivente con lui al momento della presentazione della richiesta del congedo.
Si tratta di una novità rispetto  a quanto stabilito dall’art. 42, comma 5, del d.lgs. n. 151 del 2001 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell’articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53), che  subordina al requisito della pregressa convivenza la concessione del congedo straordinario retribuito. La Corte ha dunque stabilito l’illegittimità costituzionale di questo punto, con la sua Sentenza n. 232 del 2018.

CHI PUO’ FRUIRE DEL BENEFICIO -  In sostanza, dopo questa pronuncia della Corte Costituzionale, i datori di lavoro pubblici e privati dovranno accettare  la richiesta di fruire del congedo biennale retribuito per assistere i genitori con handicap grave anche da parte dei figli non conviventi al momento della domanda, in assenza (per mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti) di altri familiari gerarchicamente legittimati  a godere del beneficio. Il congedo spetta, in primo luogo, al coniuge convivente, che è legittimato a goderne «entro sessanta giorni della richiesta».
In caso di mancanza, di decesso o di patologie invalidanti del coniuge convivente, subentrano «il padre o la madre anche adottivi». La mancanza, il decesso o le patologie invalidanti dei genitori conferiscono a uno dei figli conviventi il diritto di richiedere il congedo straordinario, che è poi riconosciuto in favore di uno dei fratelli o delle sorelle conviventi quando anche i figli conviventi manchino, siano deceduti o soffrano di patologie invalidanti, da ultimo i parenti o gli affini entro il terzo grado conviventi.
La sentenza ribadisce anche che, per poter godere del beneficio, tale convivenza deve però successivamente instaurarsi, al fine di garantire al genitore disabile un’assistenza permanente e continuativa.

COS’E’ IL CONGEDO RETRIBUITO – Ricordiamo in sintesi cosa prevede questo beneficio e quali sono le sue caratteristiche. La legge prevede che per l’assistenza a persona disabile si può godere, oltre alle provvidenze dei permessi e  del trasferimento disciplinate dall’art. 33 della legge n. 104 del 1992, anche del congedo straordinario. Il congedo straordinario spetta solo per l’assistenza a persona in condizioni di disabilità grave, debitamente accertata, che si ravvisa solo in presenza di una minorazione, «singola o plurima», che «abbia ridotto l’autonomia personale, correlata all’età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione» (art. 3, comma 3, della legge n. 104 del 1992).

DURATA  E RETRIBUZIONE DEL CONGEDO - Il congedo non può superare la durata complessiva di due anni per ciascuna persona portatrice di handicap e nell’arco della vita lavorativa (art. 42, comma 5-bis, del d.lgs. n. 151 del 2001), e si configura come un periodo di sospensione del rapporto di lavoro, coperto da contribuzione figurativa.
Il congedo straordinario è retribuito con un’indennità corrispondente all’ultima retribuzione, con riferimento alle voci fisse e continuative del trattamento. L’indennità e la contribuzione non possono superare «un importo complessivo massimo di euro 43.579,06 annui per il congedo di durata annuale», importo che è «rivalutato annualmente, a decorrere dall’anno 2011, sulla base della variazione dell’indice Istat dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati» (art. 42, comma 5-ter, primo e secondo periodo, del d.lgs. n. 151 del 2001).  Così come i permessi previsto dalla L.104/93,il congedo straordinario, non può essere riconosciuto a più di un lavoratore per l’assistenza alla stessa persona (art. 42, comma 5-bis, terzo periodo, del d.lgs. n. 151 del 2001) e delinea una precisa gerarchia dei beneficiari (art. 42, comma 5).

IL SENSO DEL CONGEDO  - La Sentenza della Corte richiama anche il senso di questo beneficio, ricordando come il diritto del disabile di «ricevere assistenza nell’àmbito della sua comunità di vita» (sentenza n. 213 del 2016, punto 3.4. del Considerato in diritto), inscindibilmente connesso con il diritto alla salute e a una integrazione effettiva, rappresenta il fulcro delle tutele apprestate dal legislatore e finalizzate a rimuovere gli ostacoli suscettibili di impedire il pieno sviluppo della persona umana. E aggiungendo come Nella disciplina di sostegno alle famiglie che si prendono cura del disabile convergono non soltanto i valori della solidarietà familiare, ma anche «un complesso di valori che attingono ai fondamentali motivi ispiratori del disegno costituzionale» e impongono l’interrelazione e l’integrazione «tra i precetti in cui quei valori trovano espressione e tutela» (sentenza n. 215 del 1987, punto 6. del Considerato in diritto).

MOTIVAZIONI DELLA SENTENZA – Stanti queste premesse, la Corte ha quindi analizzato il requisito della preesistente convivenza con la persona disabile, riconoscendo come questo presupposto, che il legislatore aveva giustamente previsto per una maggiore tutela del disabile, rischi però di compromettere proprio il diritto del disabile di ricevere la cura necessaria dentro la famiglia quando manchino i familiari conviventi indicati in via prioritaria dalla legge e vi sia solo un figlio, all’origine non convivente, pronto a impegnarsi per prestare la necessaria assistenza. La Corte ricorda inoltre come tali situazioni sono ugualmente meritevoli di adeguata protezione, poiché riflettono i mutamenti intervenuti nei rapporti personali e le trasformazioni che investono la famiglia, non sempre tenuta insieme da un rapporto di prossimità quotidiana, ma non per questo meno solida nel suo impianto solidaristico. Può dunque accadere che la convivenza si ristabilisca in occasione di eventi che richiedono la vicinanza – in questo caso fra padre e figlio – quale presupposto per elargire la cura al disabile. Il ricomporsi del nucleo familiare si caratterizza in questi casi per un ancor più accentuato vincolo affettivo. Tale preclusione, in contrasto con gli artt. 2, 3, 29 e 32 Cost., sacrifica in maniera irragionevole e sproporzionata l’effettività dell’assistenza e dell’integrazione del disabile nell’àmbito della famiglia, tutelata dal legislatore mediante una disciplina ispirata a presupposti rigorosi e contraddistinta da obblighi stringenti.  Il figlio che abbia conseguito il congedo straordinario ha difatti l’obbligo di instaurare una convivenza che garantisca al genitore disabile un’assistenza permanente e continuativa.


Per approfondire

Il testo della sentenza


Su questo argomento leggi anche:

Il congedo biennale può essere anche solo per assistenza notturna al disabile


Redazione


Tieniti aggiornato. Iscriviti alla Newsletter!

Autorizzo al trattamento dei dati come da Privacy Policy