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L’Italia è l’unico Paese in cui per poter accedere al suicidio medicalmente assistito il malato deve essere tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale. Questo rischia di discriminare malati, ad esempio oncologici, anche terminali

Sul tema del suicidio medicalmente assistito il ministero sta lavorando per disciplinare la funzione consultiva dei comitati etici territoriali. Nel frattempo, a livello legislativo, il nostro Paese tarda ancora a dotarsi di una norma chiara, giusta e nazionale, lasciando la materia ancora nel perimetro che fu tracciato dalla corte Costituzionale sul caso Cappato/Antoniani (sentenza 242/2019).

SUICIDIO ASSISTITO IN ITALIA
Ricordiamo che in quel caso la Corte stabilì che in Italia il suicidio assistito è legale solo in taluni casi, ovvero quando la persona malata che lo richiede sia affetta da una patologia irreversibile, fonte di intollerabili sofferenze fisiche o psicologiche, e che sia pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli e tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale. Tali condizioni devono essere state verificate dal Servizio Sanitario Nazionale.

UNA MAPPA DEL SUICIDIO ASSISTITO NEL MONDO
Sulla necessità di intervenire a livello nazionale, si batte da tempo l’Associazione Luca Coscioni, che ha realizzato una indagine effettuata dall’avvocata Alessia Cicatelli, membro di Giunta dell’Associazione, che ha comparato le legislazioni in materia di suicidio assistito di tutti i Paesi del mondo.
Ciò che ne emerge è che l’Italia è l’unico Paese al mondo in cui il suicidio medicalmente assistito è legale (sulla base della Corte costituzionale sul caso Cappato/Antoniani) per quei pazienti che, oltre a essere affetti da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche intollerabili ed essere capaci di prendere decisioni libere e consapevoli, siano tenuti in vita da un trattamento di sostegno vitale

Qui sotto una mappa che sintetizza quanto previsto nel mondo. (LINK MAPPA

COME FUNZIONA ALL’ESTERO
Spiegano dall’associazione Luca Coscioni che le legislazioni estere prevedono quali requisiti comuni: la maggiore età, la capacità di autodeterminarsi, l’essere affetto da malattie o condizioni irreversibili, fonti di sofferenze intollerabili. “Ma mai, in nessuna legge attualmente vigente nel resto del mondo, è previsto anche il requisito della dipendenza da un trattamento di sostegno vitale”.

IL REQUISITO DEL SOSTEGNO VITALE IN ITALIA
L’associazione spiega anche perché è necessario andare oltre questo requisito, ricordando che fu indicato dalla Corte in relazione al “caso dj Fabo”, ma che in altri contesti questo può essere discriminatorio.
Spiegano dall’associazione: “La Corte costituzionale, quando si è espressa sul caso di Dj Fabo, non poteva spingersi oltre e sconfinare nel potere legislativo proprio del Parlamento, individuando casi diversi da quello su cui era chiamata a esprimersi. Ed ecco quindi che, essendo Fabiano Antoniani tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale, questo è diventato un requisito la cui presenza è necessaria per poter accedere legalmente, in Italia, al “suicidio medicalmente assistito”.

Requisito questo che però, in assenza di un intervento legislativo del Parlamento richiesto dalla Consulta, finisce per avere effetti discriminatori se applicato rigidamente. Si pensi alla maggior parte dei pazienti oncologici, anche terminali, che vogliono porre fine alle proprie sofferenze, ma non possono accedere al suicidio assistito perché non sono dipendenti da un trattamento di sostegno vitale in senso stretto.

QUESTIONE DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE
“Come ha ricordato il Presidente Barbera nei giorni scorsi, è su tale requisito che nuovamente la Consulta è chiamata ad intervenire a seguito di questione di legittimità costituzionale sollevata dal Gip di Firenze a seguito dell’aiuto fornito a Massimiliano da Chiara Lalli, Felicetta Maltese e Marco Cappato”, 
ha dichiarato Filomena Gallo, Segretaria nazionale dell’Associazione Luca Coscioni.

NECESSARIO RIDEFINIRE I CONTORNI DEI CRITERI DI ACCESSO
Al proposito, così Marco Cappato, Tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni: “Il procedimento aperto nei nostri confronti in merito all’aiuto fornito a Massimiliano rappresenta l’occasione per definire i contorni del criterio del “sostegno vitale” che, come la ricerca di Alessia Cicatelli evidenzia, non esiste in nessun’altra legislazione. Intanto proseguiamo con le azioni di disobbedienza civile, per le quali attendiamo l'evoluzione di 6 filoni giudiziari (Milano, Roma e Bologna) in cui siamo indagati, insieme ad altri iscritti all'Associazione Soccorso Civile, per un reato punito in Italia con una pena da 5 a 12 anni di carcere”. 

PROPOSTE DI LEGGE REGIONALI
Nel frattempo sono a oggi 15 le Regioni in cui la proposta di legge “Liberi subito” - per garantire tempi certi di risposta da parte del Servizio sanitario alle richieste di aiuto medico alla morte volontaria - è stata depositata ed è in attesa di essere discussa.

* L’indagine è stata curata da Alessia Cicatelli, avvocata e membro di giunta dell’Associazione Luca Coscioni e l’elaborazione della mappa è stata curata da Alessandro De Luca, membro di giunta dell’Associazione Luca Coscioni.

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Redazione

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