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A poco più di un anno di distanza dal favoloso podio tutto italiano nei 100 metri T63 a Tokyo 2020, le tre campionesse hanno raccontato la propria vita sportiva e non al pubblico presente alla Fabbrica del Vapore di Milano

“Siamo avversarie, non nemiche”: basterebbe questa semplice frase per riassumere la vera essenza dello sport. A pronunciarla sono state Ambra Sabatini, Martina Caironi e Monica Contrafatto al Festival della Cultura Paralimpica, andato in scena la scorsa settimana a Milano. A poco più di un anno di distanza dal favoloso podio tutto italiano nei 100 metri T63 ai Giochi di Tokyo 2020, le tre “Charlie's Angels” dell'atletica hanno raccontato la propria vita sportiva e non solo al numeroso pubblico presente alla Fabbrica del Vapore, tra cui molti studenti.

Le “Charlie's Angels” dell'atletica: un anno dal podio azzurro a Tokyo 2020
Le campionesse non potevano che iniziare la propria narrazione dall'impresa che le ha proiettate nella memoria collettiva delle più grandi prestazioni sportive di sempre: «Io e Monica - ha attaccato “l'esperta” del trio, la medaglia d'argento Caironi aspettavamo quel momento da tantissimo tempo, poi è arrivata Ambra a spazzare via tutte. A parte le battute, tra di noi si è creato un bellissimo rapporto, da persone che vivono la stessa passione».
A farle eco è stata la medaglia di bronzo Contrafatto: «L'atletica - ha commentato – è una disciplina individuale ma, nonostante questo, siamo una bellissima squadra con un bellissimo gruppo: è proprio grazie all'esempio di Martina che ho deciso di iniziare nel 2012, lo sport mi ha aperto un nuovo mondo permettendomi di vedere la vita con occhi diversi e di farmi sentire fortunata nella sfortuna. A volte ci si sente perduti ma grazie alla forza di volontà, come abbiamo fatto noi, ci si può rialzare sempre».
Per l'ultima arrivata Sabatini, il 2021 è stato l'anno dell'ascesa verticale, in cui è arrivata a conquistare l'oro paralimpico al primo tentativo: «Conoscevo questo mondo – ha spiegato - attraverso i suoi più grandi interpreti, da Pistorius a Zanardi fino ad arrivare a Martina stessa. Ma la mia fortuna più grande è stata quella di essere una mezzofondista già prima dell'incidente e questo mi ha permesso di sapere a chi rivolgermi e cosa fare. Il mio augurio è che questa strada sia tracciata per un numero sempre maggiore di ragazzi e ragazze».

I passi avanti a livello culturale
Il focus si è poi spostato sulle rappresentazioni della disabilità e sulla relativa evoluzione culturale: «Siamo al top – ha proseguito Caironi – a livello mondiale ma manca ancora qualcosa. La narrazione giornalistica, a proposito, è fondamentale: quel “sta salendo l'onda azzurra” pronunciato dai telecronisti durante la nostra finale dell'anno scorso è rimasto nel cuore degli italiani, che ora vivono le nostre gare come racconti di sport andando oltre la disabilità. La stessa cosa vale per le protesi e le carrozzine, strumenti importantissimi per muoverci di cui non ci dobbiamo più vergognare. A livello culturale, in ogni caso, i passi avanti sono stati enormi anche grazie a i protocolli fatti dal nostro mondo con quello della scuola e con le Unità Spinali».
Le atlete hanno anche sottolineato l'importanza di organizzare eventi come il Festival della Cultura Paralimpica: «È molto bello – ha aggiunto ancora Caironi - vedere studenti, ragazzi, giornalisti, membri dello staff del CIP e ospiti che portano la propria esperienza sul significato di inclusione, che per me significa essere tutti sulla stessa barca e partecipi delle difficoltà di una persona. Occasioni così permettono di sviluppare empatia avvicinandosi al mondo paralimpico, cosa per nulla scontata».
Sulla stessa lunghezza d'onda si è dimostrata anche Sabatini: «Il Festival - ha risposto – è un'importante occasione di avvicinamento agli sport paralimpici, soprattutto per i ragazzi e per le scuole perché è proprio da qui che parte l'educazione. Quando frequentavo le superiori mi sarebbe sempre piaciuto partecipare a un evento simile dove l'inclusione, la solidarietà, l'amicizia, lo sport e la competizione rappresentano dei valori».

Lo sguardo rivolto verso il futuro
In chiusura, lo sguardo si è rivolto verso il futuro: «Il mondo olimpico e quello paralimpico - ha concluso Caironi – non devono essere visti come paralleli, ma devono intersecarsi dialogando e lavorando insieme. Detto questo, credo che le due manifestazioni debbano restare separate perché la cosa potrebbe essere dispersiva, la vedrei più fattibile a un Mondiale o a un Europeo. Io ai Giochi invernali? La tentazione di tentare nello snowboard, vista anche l'opportunità di Milano-Cortina, c'è, ma non sarà per niente facile prepararsi».
Per le altre due “rivali”, la questione 2026 non si pone nemmeno e i riflettori sono puntati a Parigi 2024: «Ritengo giusto – ha concluso Sabatini – che ci sia una divisione tra Olimpiadi e Paralimpiadi perché si tratta di mondi abbastanza diversi ed è bello avere uno spazio tutto nostro dove poter far valere le nostre prestazioni. I tempi che ho ottenuto durante quest'anno da record su record, tra l'altro, fanno ben sperare». «E se tra le due litiganti – ha scherzato infine Contrafatto – godesse la terza? Io aspetto e spero: ho 40 anni e due bronzi, non mi posso lamentare ma c'è ancora tempo».

Marco Berton

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