Menu

Tipografia

Bozze per un “nuovo” PEI a confronto: il parere di Evelina Chiocca, Presidente del Coordinamento Italiano Insegnanti di Sostegno

Nei giorni scorsi, con il supporto di E. Chiocca, Presidente del Coordinamento Italiano Insegnanti di Sostegno (CIIS), ci siamo interrogati sulla documentazione prevista dalle più recenti norme sull’inclusione e non ancora in vigore a causa della mancanza degli attesi decreti attuativi di riferimento.

Molto interesse ha destato negli ultimi mesi soprattutto il nuovo modello di Piano Educativo Individualizzato (PEI), del quale sono state diffuse le bozze e che, in forma provvisoria, viene variamente sperimentato in non pochi contesti. Il CIIS ha predisposto una proposta di modello che differisce in maniera significativa dalla bozza ministeriale. E. Chiocca, che ringraziamo, ci ha illustrato gli aspetti più significativi del modello del CIIS.

Come valuta le bozze sul "nuovo" PEI? In cosa differisce il modello del CIIS?
Il modello di PEI proposto dal CIIS vuol essere uno strumento agile, utile per i docenti, impegnati nel percorso formativo, significativo per le famiglie, che partecipano alla sua stesura. Questo modello,proposto anche dalla Raffaello (Chiocca E., L’inclusione a scuola. Vademecum sulle didattiche inclusive), cerca di abbracciare lo spirito che sottende al classificatore ICF, adottandone l’impostazione culturale. Punta cioè su un’analisi del contesto e sull’influenza dei fattori contestuali (personali e ambientali) in relazione alla persona stessa e alle azioni richieste, individuando i facilitatori e gli ostacoli: conoscere questi dati consente di orientarsi con sicurezza e in modo mirato. Il tutto inserito nel profilo iniziale dell’alunno, di cui si analizzano e si evidenziano le capacità, le potenzialità, le attitudini, gli interessi e le modalità di interazione, come pure le dinamiche relazionali, con i coetanei, gli adulti, mettendo in luce “come” l’alunnovive nel contesto scolasticoe quali sono le influenze che esso esercita su di lui. Questo passaggio, a mio avviso, è determinante per progettare il percorso scolastico con consapevolezza e con puntualità. Le Indicazioni Nazionali per la scuola del primo ciclo di istruzione e i Piani di Studio per il secondo ciclo costituiscono il riferimento per la definizione degli obiettivi da conseguirsi nell’anno scolastico. È un modello, quello proposto dal CIIS, che tiene in considerazione più elementi, senza trascurare il ruolo della scuola e l’importanza di garantire, in un contesto “aperto”, ovvero nelle classi comuni (art. 12, co 2 L. 104/92),lo sviluppo delle potenzialità dell’alunno con disabilità negli apprendimenti, nella socializzazione, nella relazione, nella comunicazione. Alla base della progettualità vi sono condivisione, corresponsabilità e collaborazione fra la famiglia, gli insegnanti della classe, gli specialisti e le altre eventuali figure fondamentali per garantire il diritto all’educazione e all’istruzione dell’alunno con disabilità. Una visione di scuola accogliente, aperta a tutti, dove l’alunno cresce, apprende e ha quale riferimento tutto il consiglio di classe, i compagni, e la sua famiglia, la comunità scolastica.

La bozza di PEI del Ministero, non ancora operativa in quanto trattasi, per l’appunto, di un modello in “bozza”, propone una visione di scuola completamente diversa. Dal punto di vista dell’utilizzo, il modello appare appesantito da una serie di voci riprese integralmente dal Profilo dinamico funzionale, all’uopo forzatamente inserito, con l’intento prioritario di individuare in queste voci gli obiettivi, trascurando quelli propri del percorso scolastico (e questo indipendentemente dalle capacità del singolo alunno). Credo che questo sia il primo segnale di una scuola che sta abbandonando i remi in barca, accontentandosi di stare a galla, senza sapere dove stia andando. Incurante di quanto può accadere. E la conferma la si trova nella scelta del curricolo, distratto persino nell’indicare voci fondamentali come, per esempio, gli ausili e/o i sussidi e, soprattutto, la declinazione degli obiettivi disciplinari, comprensivi di “modalità di verifica e di criteri di valutazione”. Il nuovo modello sembra più preoccupato di far passare il messaggio che dell’alunno con disabilità si occupano quasi esclusivamente l’insegnante di sostegno e l’assistente ad personam. Gli insegnanti del Team docente o del Consiglio di classe sono i grandi assenti, citati forse in uno o due passaggi, per ricordare, a parole, che ci sono, ma poi trascurati nel resto del documento. L’alunno con disabilità diviene destinatario di interventi da parte di chiunque operi nella scuola, sia in interventi individuali che di laboratorio. E tremo a pensare che, nelle nostre scuole, in genere i laboratori sono scambiati per “luoghi ai quali accedono solo alunni con disabilità” o “questi insieme ad alunni scolasticamente fragili”, ricostituendo, nei fatti, quelle classi abolite nel 1977.

Con questo modello di PEI cambiano anche i rapporti fra la scuola e la famiglia. Secondo l’attuale ministra, il GLO funzionerà come un organo collegiale, ipotesi non presente nei due decreti legislativi e, a suo tempo, rigettata in sede di audizione in Senato dalla VII Commissione. Una tale impostazione porterà a escludere i genitori dal processo decisionale a favore del figlio; in caso di dissenso su una proposta avanzata dalla famiglia o dalla scuola, prevarrà sempre la maggioranza, impedendo alla famiglia di poter indicare le sue decisioni o le sue scelte, sotto qualsiasi profilo, anche dal punto di vista educativo: sarà infatti la votazione a decidere e i genitori, numericamente in minoranza, non avranno più alcuna voce in capitolo. Ciò determinerà conflitti e contrasti, magari obbligando le famiglie a ricorrere nuovamente presso i Tribunali per far valere i diritti del figlio. Il PEI, cambia quindi la sua natura, divenendo anziché uno strumento pedagogico un mero atto amministrativo, finalizzato a indicare le risorse. E anche per quanto riguarda le risorse si assiste a un cambiamento mai ipotizzato. L’indicazione delle ore è basata su un modello standard, predefinito, e non sulla base delle reali necessità, che sappiamo essere differenti per ciascuno. Viene meno l’attenzione al singolo alunno, ai suoi diritti, al suo percorso formativo, e si dà spazio, invece, a forme in totale controtendenza, più affini a logiche di risparmio della spesa pubblica.

Vi sono molti altri aspetti del nuovo modello che stridono con una scuola che voglia dirsi e farsi inclusiva, anche allorquando delinea l’impossibilità di apprendere dell’alunno, come riferisce la bozza delle Linee guida correlate al modello di PEI, tanto da escluderlo dal processo formativo con il dispositivo dell’esonero. E che dire poi della riduzione dell’orario di frequenza? Tutte quelle cattive prassi, da anni stigmatizzate, trovano ospitalità in una bozza che andrà a ridisegnare il progetto inclusivo faticosamente costruito in questi anni.

Si va verso una scuola che separa “chi è con disabilità” da “chi non lo è”. La chiamano inclusione, ma a mio parere essa rappresenta una delle più alte manifestazioni di discriminazione. Discriminazione che ha trovato legittimazione nelle proposte di un Ministero incapace di riconoscere l’uguaglianza sostanziale, costituzionalmente definita, in parte dei suoi alunni, colpevoli solo di presentare alla scuola “una certificazione”.

“È garantito il diritto all'educazione e all'istruzione della persona handicappata nelle sezioni di scuola materna, nelle classi comuni delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado e nelle istituzioni universitarie” (art. 12 comma 2 della legge 104/92).


APPROFONDIMENTI

Bozze PEI ministeriali

In disabili.com

La “nuova” inclusione

Tina Naccarato

Qui tutti gli aggiornamenti coronavirus su disabili.com

bottoncino newsletter
Privacy Policy

Quando invii il modulo, controlla la tua inbox per confermare l'iscrizione



Tieniti aggiornato. Iscriviti alla Newsletter!

Autorizzo al trattamento dei dati come da Privacy Policy