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L’esperto ci spiega cos’è e come si convive con la disfagia. E un concorso aperto a tutti invita a creare ricette per chi ha problemi di deglutizione

La disfagia è un problema che riguarda la capacità di deglutire cibo, sia in forma solida che liquida. Può interessare persone che vengono colpite da alcune patologie neurologiche - come la Sclerosi Multipla - ma anche, di frequente, da morbo di Parkinson o Alzheimer, o alcuni tipi di disabilità. E’ inoltre, non di rado, una sofferenza che interessa anziani colpiti da ictus.
Per comprendere in che modo convivere con questa problematica che può condizionare anche pesantemente la vita, abbiamo fatto qualche domanda a Roberto Antenucci, fisiatra, referente del gruppo Disfagia dell’Ausl di Piacenza, promotore di interessanti iniziative – tra cui un libro di ricette, una app e un concorso - per aiutare i disfagici e le loro famiglie a convivere con questo disturbo.

Sintetizzando, diciamo che la disfagia è la difficoltà a deglutire, ma in realtà questo disturbo interessa anche la fase di masticazione e preparazione del cibo in bolo. In poche parole, ci spiega cosa si “inceppa” nella persona disfagica?
La deglutizione è un atto complesso e finemente coordinato, interessa numerosi muscoli, nervi cranici e diverse aree cerebrali e inizia già prima dell'ingresso del cibo in bocca. La vista del piatto e il profumo del cibo agiscono sui nostri sensi attivando memorie e sensazioni e di conseguenza preparando la nostra bocca ad accogliere quanto le viene offerto. Quella che viene invece definita fase di preparazione orale comprende la trasformazione fisica del boccone, grazie all’azione combinata di labbra, guance, palato, denti, lingua e saliva, in quello che è la sua forma pronta a essere deglutita, ovvero il bolo. In questa trasformazione molti fattori interagiscono tra di loro, sia di tipo sensoriale (ci informano sullo stato fisico del boccone, la sua durezza, la temperatura, se ha parti da eliminare perché non digeribili tipo un nocciolo), sia di tipo motorio (per esempio il numero dei movimenti dell'articolazione temporo mandibolare coniugati con quelli della lingua nella masticazione, l’azione della saliva per impastare il bolo, il contenimento del boccone a opera delle labbra per evitare che questo ne fuoriesca, o il controllo del bolo in parte preparato tramite la parte posteriore della bocca per evitare che "cada" nelle vie respiratorie).

Una persona con difficoltà di deglutizione poi deve fare i conti con un riflesso che, per sua definizione, non può essere volontariamente controllato. È un meccanismo di difesa che impedisce al cibo di seguire la via sbagliata, cioè quella respiratoria, e avviene tramite un movimento specifico dell’epiglottide, come una specie di “passaggio a livello” che si chiude durante l’atto deglutitorio. Se il nostro paziente manifesta un ritardo o una incoordinazione di questo meccanismo rispetto alle altre fasi, il bolo che deve transitare nel crocevia comune tra via respiratoria e via digestiva, può entrare erroneamente, tutto o parzialmente, nelle prime. Questo purtroppo genera tosse, senso di soffocamento, infiammazioni polmonari alla persona con disfagia e grave rischio di provocare polmoniti specifiche oltreché, purtroppo, ansia e preoccupazione in chi assiste. Molte mamme di bambini disabili, ma anche parenti di pazienti adulti, definiscono il momento del pasto come profondamente ansiogeno e stressante; di conseguenza viene perso anche il “piacere di mangiare”, l’alimentazione viene progressivamente ridotta con gravi rischi di malnutrizione e disidratazione e con ripercussioni anche gravi sull’umore e, più in generale, sulla vita sociale con senso di inadeguatezza e conseguente isolamento dalla vita di relazione.

Come si nutre, quindi, la persona che soffre di disfagia? Ci sono dei cibi più o meno indicati?
Dipende dal tipo di deficit che il nostro diversamente buongustaio presenta: se il sensorio e/o la motricità sono limitate la consistenza generalmente meglio tollerata è quella cremosa, detta semisolida. Ne fanno parte passati di verdura, creme o budini dolci, mousse di tonno o salmone o prosciutto cotto, semolino, passato di verdura (evitando la presenza di filamenti e/ bucce), biscotti frullati e inzuppati, ecc. Se invece quello che è alterato riguarda la preparazione orale o il transito, ma la sensibilità e il riflesso deglutitorio sono integri come in genere avviene sia nella persona affetta da malattia neurologica o muscolare sia in quella sottoposta a radioterapia o a chirurgia per malattia oncologica della bocca o delle alte vie respiratorie, la consistenza potrà essere solida tenera morbida, come ad esempio crespelle, frittata soffice, soufflé di verdure, pasta cotta a lungo, pesce senza pelle e senza lische, ecc. Sono assolutamente da evitare alimenti acidi o piccanti, cibi a doppia consistenza (per la difficoltà a gestire contemporaneamente in bocca alimenti che hanno diverse velocità di scorrimento), minestrone in pezzi, pastafrolla e pasta sfoglia, biscotti secchi, grissini, salatini e patatine, frutta con noccioli o bucce, caramelle, ecc. Per i liquidi si potranno utilizzare addensanti secondo le indicazioni fornite dal logopedista. E’ preferibile che le bevande siano fresche e non gassate. Si provvede sempre a consegnare ai pazienti e ai loro familiari una guida con gli alimenti consigliari e sconsigliati fornendo anche alcuni esempi di ricette adeguate.
 
Esistono inoltre dei comportamenti o delle regole che possono favorire l’azione del nutrirsi nel soggetto con questo disturbo?
Vi sono assolutamente regole fondamentali da rispettare. La prima è senz'altro legata alla necessità di essere svegli e di mantenere la vigilanza, la reattività e l'attenzione della persona:  se è  profondamente stanca,  tende all'assopimento se non continuamente stimolata verbalmente, oppure non attenta perché distratta da stimoli ambientali come per esempio la televisione o con continue domande e/o commenti o anche con troppo persone intorno a lei, potrebbe non essere adeguatamente concentrata sull'atto della deglutizione. Altra componente fondamentale è la corretta postura, che si ottiene ricercando il miglior allineamento tra capo, tronco e bacino: per deglutire correttamente è necessario che la persona sia seduta a 90 gradi, con i piedi ben appoggiati a terra o sul predellino della carrozzina e con gli arti superiori ben appoggiati sul tavolo o sui braccioli della carrozzina (in alternativa anche a letto posizionando adeguatamente sostegni e cuscini) e che il capo non sia iperesteso all’indietro o flesso lateralmente; meglio invece il capo inclinato in avanti (questa posizione favorisce la deglutizione). Occorre bere a piccoli scorsi lasciando sempre tre dita di liquido nel bicchiere in modo da evitare che il capo si estenda all’indietro nel tentativo di svuotarlo. Inoltre per sfruttare efficacemente questa posizione della testa, è necessario che chi imbocca la persona o il piatto sia posto più in basso, utilizzando magari il tavolino della carrozzina anziché il tavolo da pranzo. Occorre poi evitare la fretta, mangiare lentamente e permettere un tempo adeguato per deglutire ogni boccone, somministrare l’alimento a piccole dosi, evitare di toccare i denti o di posizionare il cibo troppo indietro nel cavo orale, occorre poi consentire brevi pause di riposo tra una deglutizione e l’altra. Se qualcosa va di traverso cercare di tossire volontariamente e deglutire a vuoto ma non dare da bere. Fondamentale è l’igiene del cavo orale. Al termine di ogni pasto, è indispensabile controllare se è presente qualche residuo di cibo trattenuto in bocca e provvedere alla pulizia della bocca e dei denti. Se possibile è consigliabile rimanere in posizione seduta dai 30 ai 60 minuti dopo il pasto per favorire la digestione ed evitare rigurgiti o reflussi.

So che il gruppo Disfagia dell’Azienda Usl di Piacenza ha promosso interessanti iniziative per aiutare la persona disfagica e la sua famiglia a convivere al meglio con questo disturbo…
Siamo fortemente convinti che si possa essere disfagici senza tuttavia rinunciare al gusto e al piacere recuperando un momento prezioso e irrinunciabile di convivialità. Il nostro scopo è sensibilizzare la popolazione su questo tema: cucinare è un atto d'amore e il cibo elaborato e modificato per quelli che hanno difficoltà a deglutirlo è parte integrante della terapia e della cura. In altre realtà italiane sono stati creati ricettari che vengono consegnati ai pazienti e ai loro familiari per aiutarli a cucinare. Nessun centro italiano, però, ha pensato di coinvolgere tutta la comunità per creare piatti facili, nutrienti ma anche invitati e buoni.
I primi a essere stati arruolati, nei mesi scorsi, sono stati sei chef piacentini: Daniele Repetti, Ettore e Stefano Ferri, Isa Mazzocchi, Carla Aradelli, Filippo Chiappini Dattilo e Aldo Scaglia. Grazie a loro è nato il volume Soffice Cucina, che già raccoglie e propone alcune prelibatezze appositamente create da questi maestri dell’arte culinaria per quelli che la Ausl di Piacenza ha battezzato come “diversamente buongustai”.
L’anno scorso il gruppo Disfagia, sempre in stretta collaborazione con l’equipe di Comunicazione, ha varato un’app dedicata al tema, disponibile sia per Ios  sia per Android. Il volume Soffice Cucina e l’app Diversamente buongustaio sono stati presentati anche a Expo Milano.
Le iniziative di sensibilizzazione a favore dei disfagici non si fermano: l’Ausl ha appena lanciato un contest sui social dedicato in particolare agli appassionati di fornelli . I frequentatori di Facebook o di food blog possono ingegnarsi e contribuire a creare nuove e gustose ricette per chi ha problemi di deglutizione. Il concorso Ricetta Soffice di nuovo si pone l’obiettivo di far conoscere a un più ampio pubblico possibile il tema della disfagia. Per partecipare c’è tempo fino al 10 maggio. Il regolamento completo è consultabile qui.
Tutte queste iniziative sono state rese possibile dalla presenza di un team multiprofessionale e interdisciplinare per gestire il percorso di cura di questi pazienti. Il gruppo continua a crescere e sta lavorando per la creazione di un centro della deglutizione dove i diversi specialisti possano operare in sinergia per realizzare il miglior percorso di cura per il paziente disfagico, attraverso valutazione clinica e strumentale e specifico trattamento. Inoltre, su punta anche alla creazione di “bollini” per i ristoranti, una sorta di certificazione (come quella che hanno i locali per celiaci) per coloro che avranno nei loro menù piatti specifici a consistenza modificata per chi ha problemi di deglutizione.

Francesca Martin

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