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Cresce la domanda di lavoro, ma per le persone con disabilità trovare “il posto giusto” è difficile. Impiegato solo il 32,5% delle persone con disabilità contro il 58,9% delle persone senza disabilità. Le proposte dei Consulenti del Lavoro per favorire l’inclusione

Sul tema lavoro e disabilità, come sappiamo la situazione è tutt’altro che rosea. Possiamo affermare, senza timore di esagerare, che la situazione, a oltre 20 anni dall’introduzione della legge sul collocamento mirato delle persone con disabilità (Legge 68/99), sia critica e necessiti di radicale riforma negli strumenti di accesso al lavoro. Non solo il numero di persone con disabilità occupate è limitato, ma anche una volta trovato, spesso il lavoro non è soddisfacente o non risponde alla propria qualifica.
Aiuta a fare il punto il recente report “Il lavoro giusto al posto giusto. L’inclusione lavorativa delle persone con disabilità: criticità e prospettive” realizzato dall’Ufficio Studi dei Consulenti del Lavoro sugli ultimi dati Istat disponibili.

I DATI SULLA OCCUPAZIONE
Nel loro report, riportando i dati ISTAT, i Consulenti del Lavoro presentano alcune cifre: innanzitutto quello sugli occupati e su coloro che sono in cerca di lavoro: su una popolazione di circa 3 milioni di persone con gravi limitazioni, solo il 32,5% (nella fascia d’età 15-64 anni) risulta occupata, mentre lo è il 58,9% delle persone senza disabilità.
Molto alta è la percentuale (20%) di persone disabili con gravi limitazioni in cerca di occupazione: sensibilmente superiore a quella della popolazione senza forme di disabilità (11,3%).

TREND IN MIGLIORAMENTO, MA NON BASTA
Nonostante negli ultimi anni si siano registrati dei miglioramenti (la percentuale di persone disabili in cerca o con un’occupazione è passata dal 40,2% del 2011 al 52,5% del 2021), frutto della combinazione di politiche nazionali e regionali da una parte e dell’impegno crescente delle aziende nel diffondere al loro interno una cultura maggiormente inclusiva, evidenziano i Consulenti del Lavoro, permangono ancora molte aree di criticità.

PRINCIPALI PROBLEMATICHE
La prima criticità è rappresentata dal rischio di cronicizzazione dell’esclusione lavorativa, soprattutto per le persone con limitazioni gravi.

Età e ricerca di un lavoro
Secondo i dati, ben il 62,2% delle persone con disabilità in cerca di un’occupazione ha tra i 45 e i 64 anni, mentre i giovani rappresentano solo il 37,8%: un dato in controtendenza rispetto a quanto avviene tra la popolazione che non ha limitazioni, dove i giovani rappresentano il 65,4% dei soggetti in cerca di lavoro.

Bassi livelli di istruzione
Altro punto focale, sul quale si innesta la conseguenza di una esclusione lavorativa che rischia di diventare una condizione permanente, è il basso livello di istruzione spesso registrato nelle persone con disabilità in cerca di lavoro:
-il 57,6% dei soggetti con gravi limitazioni possiede la licenza di scuola media,
- il 35% è diplomato
- il 7,4% laureato.
A ciò va aggiunta la crescente difficoltà di incontro tra una domanda e un’offerta di lavoro così specifiche.

Qualifica, posizione lavorativa e soddisfazione
Tra il 2011 e il 2021, a fronte di un aumento di quanti svolgono una funzione impiegatizia e intermedia (dal 28,6% al 35,7%), si evidenzia una contrazione di quanti occupano una posizione altamente qualificata (dirigenti, professionisti e quadri, la cui incidenza passa dal 17,8% al 14,5%).
Aspetto che si riflette sulla stessa realizzazione professionale: la difficoltà di essere “collocati al posto giusto”, insieme ai limiti strutturali, organizzativi e relazionali di molti luoghi di lavoro, genera un diffuso senso di insoddisfazione tra i lavoratori disabili. Solo il 14,3% si dichiara molto soddisfatto del proprio lavoro, mentre il 30,6% lo è poco o per nulla (8,4%). Colpisce, in particolare, che tra i laureati la quota di insoddisfatti (31,2%) è quasi doppia rispetto a quanti non hanno limitazioni (16,3%).

MIGLIORAMENTI NECESSARI E PROPOSTE
Stante questa fotografia, è evidente come lo strumento del collocamento mirato sia insufficiente ed inefficace per supportare l’ingresso - e la permanenza - del lavoratore con disabilità nel mondo e nel mercato del lavoro, valorizzandone pienamente le competenze, ribaltando il paradigma, che adesso fa ancora purtroppo perno in larga parte sul mero obbligo normativo per l’azienda.
Come intervenire, dunque, per migliorare questo sistema? Lancia alcune proposte il Presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro, Rosario De Luca: “Decontribuzioni e sgravi potrebbero rappresentare forme di incentivo ulteriori rispetto a quelle già esistenti per le aziende che superano la quota di riserva, oppure agevolazioni finalizzate all’adozione di strumenti di certificazione/rendicontazione sociale sulla promozione di pari opportunità aziendali”. Non solo. Si propone anche Somministrazione e accomodamenti ragionevoli per l’adeguamento del posto di lavoro alle necessità dei lavoratori disabili. Ma serve anche assicurare “la piena efficacia normativa, attraverso un’attività di controllo e verifica che assicuri da parte delle aziende il rispetto dei vincoli cui sono tenute”, ha concluso.

Per approfondire:

Report completo 

Su questo argomento leggi anche:

Disabilità invisibili. Quando al lavoro si nasconde la propria condizione per timore di discriminazioni

Redazione

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