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In occasione della prossima Giornata dell'autismo la Rai sta cercando storie positive e di buone prassi da raccontare in programmi dedicati. Ma l'autismo è davvero questo?

E' una polemica (ne parla qui Redattore Sociale) che chiama in causa la rappresentazione della disabilità a favore di quanti la disabilità non la conoscono, quella che sta infiammando in queste ore, intorno alla decisione della Rai di dedicare, prossimamente, una intera settimana all'autismo, con dibattiti, trasmissioni, fiction e una raccolta fondi per la ricerca.

In particolare, in vista di una trasmissione ad hoc in occasione della Giornata dedicata all'autismo (il 2 aprile) la Rai ha lanciato, affidandola alla Federazione italiana autismo, una raccolta di storie che vengano dal quotidiano delle famiglie con autismo, così da raccontare al vasto pubblico cosa significa essere autistici o avere una persona autistica in famiglia. Ed è proprio su queste storie che si è acceso il dibattito.

La richiesta di Rai e Fia è infatti specifica: si richiederebbero storie di autismo "a lieto fine", ovvero positive. "All'interno dei programmi della giornata di sabato saranno previsti spazi per lanciare storie di casi di autismo che devono richiamare un interesse generale e per specifica richiesta Rai devono essere casi positivi di una buona prassi, di un successo, di un buon esempio, di buona gestione o di buona amministrazione. La Rai valuterà i casi che verranno sottoposti e sceglierà quelli che poi dovrà filmare per lanciarli sui programmi" sarebbe riportato, tra le altre cose,  nell'invito che l'Angsa (Associazione Nazionale Genitori Soggetti Autistici)  ha inviato in questi giorni alle famiglie dei propri iscritti.

Sulla scelta di rappresentare le buone prassi e i casi "positivi" di autismo si è espresso in termini molto critici  il giornalista Gianluca Nicoletti - padre di un ragazzo autistico che non ci sta a far passare l'idea che essere autistici sia "una figata", e rimarca invece, sottolineando l'arretratezza del nostro Paese su questo fronte, la necessità, al contrario, di portare all'attenzione dei media gli aspetti problematici dell'autismo e della sua gestione.

 L'Angsa, riporta sempre Redattore Sociale, avrebbe replicato: "La comunicazione è stata decisa da Angsa nazionale e dalla Rai: non si parla di autistici felici ma di buone prassi. Vogliamo che passi il messaggio che non siamo 'sfigati', ma che bisogna lavorare sodo per ottenere miglioramenti e soprattutto bisogna farli vedere".

Sulla Stampa,  infine, Nicoletti oggi ricordava che "Nessuno ancora riesce a dare risposte alle famiglie riguardo cosa accadrà ai loro figli autistici adulti, soprattutto quando i genitori non potranno più pensarci. Lo so bene, il mio sta per compiere 18anni e già dovrò ricominciare di nuovo la trafila delle valutazioni per dimostrare che non è guarito. E dopo? Inizierà per lui la dimensione del "fantasma" fuori da tutto e destinato a finire, prima o poi, in uno di quei posti che, con edulcorate formule nessuno ha più il coraggio di chiamare "manicomio"?".
Chiude il giornalista, con amarezza e realismo: "Credetemi, non è facile essere ottimisti e parlare di buone prassi, quando si raccolgono quasi prevalentemente richieste disperate di aiuto da parte dei propri "colleghi" con un figlio autistico a carico e una montagna da scalare, da soli, ogni mattina".


Redazione

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