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Nel mio settore lavorativo, oltre me, anche altri colleghi usufruiscono della legge 104. ora il mio datore di lavoro vorrebbe trasferirmi ad un'altra sede lavorativa adducendo il fatto che appunto siamo in tanti ad avere la 104. la mia domanda è se il mio datore di lavoro mi puo' costringere ad un trasferimento di sede? io usufruisco della 104 per mia madre, gravemente malata che vive con me.. altri colleghi che hanno la 104 per i famigliari non vivono insieme a questi loro famigliari disabili.. puo' il fatto che mamma viva con me tutelarmi maggiormente?

La risposta dell'avv. Colicchia

Buongiorno;
sebbene non l'abbia specificata credo che lei sia in possesso della certificazione ex Legge 104. I commi 5 e 6 dell'articolo 33 della Legge 104/1992 prevedono che il genitore o il familiare lavoratore e il lavoratore disabile non possono essere trasferiti senza il loro consenso ad altra sede. In particolare il comma 5 stabilisce che il lavoratore dipendente, pubblico o privato, che assiste persona con handicap in situazione di gravità, ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede.
Ciò che potrebbe destare qualche dubbio è la locuzione "ove possibile". Questa in merito al diritto di scelta della sede di lavoro, è da intendersi nel senso che il datore di lavoro può frapporre un rifiuto solo per motivate esigenze di organizzazione aziendale. Il diritto di non essere trasferito senza esplicito consenso ad altra sede costituisce, invece, un diritto incondizionato, nel senso che  diversamente da quanto avviene nei casi disciplinati dall'art. 2103, comma 2, del codice civile, esso non è soggetto a verifica di compatibilità con le esigenze organizzative e produttive dell'impresa.
Per far valere la suddetta disposizione il lavoratore deve aver richiesto i permessi ex L. 104/1992 che gli danno diritto a 18 ore mensili retribuite per fare assistenza alla persona inabile.
Tale diritto, come ha riconosciuto la sentenza della Corte costituzionale n. 325 del 29 luglio 1996 non si estende al trasferimento del lavoratore dalla sede di lavoro originaria a quella più vicina al luogo di abitazione del familiare handicappato non convivente onde poterlo accudire.
In ragione di quanto detto non dovrà temere un trasferimento a meno che lei e sua madre non vi acconsentiate.
Pur tuttavia merita rilievo una importante pronuncia della Corte di Cassazione dove è statuito che  il diritto del genitore o del familiare lavoratore che assiste con continuità un handicappato, di scegliere la sede lavorativa più vicino al proprio domicilio e di non essere trasferito ad altra sede senza il suo consenso, non si configura come un diritto assoluto o illimitato perché detto diritto non può essere fatto valere allorquando, alla stregua della regola di un equo bilanciamento tra i diritti, tutti con rilevanza costituzionale, il suo esercizio finisca per ledere in maniera consistente le esigenze economiche, produttive o organizzative del datore di lavoro e per tradursi, soprattutto nei casi in cui si sia in presenza di rapporti di lavoro pubblico, con l'interesse della collettività.
(Cassazione Civile Sez.Unite numero 7945 del 27 marzo 2008)
Spero di esserle stato di aiuto
Cordiali saluti

Avv. Roberto Colicchia

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