Menu

Tipografia

Ho un contenzioso informativo tra vigili urbani, carabinieri e polizia stradale. I vigili urbani dicono che non possono intervenire per fare multe o rimozione auto di persone che hanno parcheggiato sui posti disabili senza averne diritto nelle aree private e nelle aree private ad uso pubblico se manca una convenzione con il proprietario dell'area, esempio park interno di un ospedale o di una USL o di un centro commerciale o supermercato. La polizia stradale dice che i vigili sono obbligati ad intervenire. Alcuni carabinieri mi confermano questo e altri confermano la tesi dei vigili. Non ci capisco più nulla. Questo è ciò che mi hanno mandato i cc. Norme e sentenze cassazione relative al CDS parcheggi disabili e altro. In proposito di ordinanze comunali  Ministero Infrastrutture e Trasporti - Nota nr. 3773 del 9 dicembre 2004 Segnali senza numero ordinanza sul retro: legittimità Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti Dipartimento per i Trasporti terrestri Direzione generale per la Motorizzazione Roma, 9 dicembre 2004 Prot. n.3773 si comunica che l'art. 5 del Nuovo Codice della Strada attribuisce agli Enti proprietari di strade il compito di provvedere alla regolamentazione della circolazione con ordinanze motivate e rese note al pubblico mediante i prescritti segnali. Le ordinanze hanno essenzialmente lo scopo di legittimare la collocazione dei segnali e per fissare termini di decorrenza del provvedimento connesso, anche in funzione dell'art. 37 del citato codice che, al comma 3, prevede il ricorso contro i provvedimenti e le ordinanze che dispongono o autorizzano la collocazione di segnaletica entro un termine che decorre proprio dallo stesso provvedimento. L'utente della strada, ai sensi del comma 2 dell'art. 38 del Nuovo Codice della Strada è tenuto comunque al rispetto delle prescrizioni imposte con la segnaletica presente su strada, ed è soggetto alle eventuali conseguenze sanzionatorie, dal momento che i segnali, in quanto installati, esplicano comunque la loro funzione. La mancata apposizione degli estremi dell'ordinanza, nella fattispecie in esame, non costituisce presupposto idoneo a rendere il divieto inefficace. Di converso, laddove il legislatore, dalla mancata apposizione sul segnale degli estremi autorizzativi, ne ha voluto far discernere una vera e propria causa di inefficacia dello stesso, lo ha espressamente indicato, come per i segnali di cui all'art. 120 del Regolamento di esecuzione e di attuazione che al comma 1, lettera e), per i segnali di passo carrabile prevede: " ... la mancata indicazione dell'Ente e degli estremi dell'autorizzazione comporta l'inefficacia del divieto ...". A sostegno di tale posizione si richiama anche la sentenza della Cassazione civile n. 6474 del 18.05.2000. Il Direttore Generale Dott. Ing. Sergio Dondolini Inoltre si precisa che: l’art. 75 del D.P.R. n. 495/1992 (regolamento di esecuzione e di attuazione del nuovo Codice della Strada) prevede che il campo di applicazione delle norme relative ai segnali stradali si estende alle strade pubbliche e alle strade comprese nell’area dei porti, degli aeroporti, degli autoporti, delle università, degli ospedali, dei cimiteri, dei mercati, delle caserme e dei campi militari, nonché di altre aree demaniali aperte al pubblico transito. I segnali sono obbligatori anche sulle strade ed aree aperte ad uso pubblico, quali strade private, aree degli stabilimenti e delle fabbriche, dei condomini, parchi autorizzati o lottizzazioni e devono essere conformi a quelli stabiliti dalle norme del precitato D.P.R. 495/1992. Per quanto sopra, si evince che il proprietario dell’area, se rientra fra quelle elencate, deve rispettare le norme dettate in materia di applicazione della segnaletica orizzontale e verticale. A proposito di ambito di applicazione del Codice della strada di Giuseppe Carmagnini *** Per potersi avere una violazione punibile ai sensi del D.L.gs 285/92, la circolazione (dei veicoli, dei pedoni e degli animali) deve avvenire sulle "strade" (art 1 comma 1 del CdS). Infatti, l'articolo 1 del D.lgs 30 aprile 1992, n.285 limita l'applicabilità delle norme del codice alla circolazione sulle strade e l'articolo 2 definisce il concetto di strada, come "area di uso pubblico destinata alla circolazione dei pedoni, dei veicoli e degli animali". La legge 990/69 introdusse, con l'articolo 1, l'istituto dell'assicurazione obbligatoria per i veicoli in circolazione su aree di uso pubblico o aree a queste equiparate, precisando questa definizione all'articolo 2, comma 2, del suo regolamento d'esecuzione, dove si argomentava che " ... sono equiparate alle strade di uso pubblico tutte le aree, di proprietà pubblica o privata, aperte alla circolazione del pubblico." La giurisprudenza è stata sempre improntata a questa definizione, affermando che, ai fini dell'applicazione delle sanzioni inerenti all'inosservanza delle norme che regolano la circolazione stradale, si deve far riferimento non tanto al concetto di proprietà della strada, ma alla sua destinazione (Cass. Civ. Sez. III 17 aprile 1996, n. 3633). Si può aggiungere che, per destinazione si intende quella che il soggetto, con un atto di volontà, implicito od esplicito, ha inteso dare all'area di sua proprietà; nulla osta alla definizione di area privata se su questa si svolge di fatto un passaggio abusivo di un numero elevato di veicoli e di persone, ancorché si evinca facilmente la destinazione dell'area. In pratica, deve esistere una situazione di accesso di un numero indiscriminato ed indeterminato di persone che sia giuridicamente lecita. Un'area (concetto più generale rispetto a quello di strada) privata, aperta alla libera circolazione di un numero indeterminato ed indiscriminato di persone, viene equiparata ad un area pubblica (TAR Puglia Sez. II 24 marzo 1994, n. 491); La stessa giurisprudenza espressa dalla cassazione penale (Cass. Pen. Sez. IV 01 giugno 1990, n.8058) riconosce, ad esempio, natura di carattere privato alle piazzole di distribuzione di carburante, anche se su di esse si svolge il passaggio di utenti della strada in numero elevato, in quanto si configura un transito uti singuli e non uti cives. E' tuttavia da rilevare che la stessa Sezione, in una sentenza precedente ed isolata, aveva affermato, al contrario, che le aree destinate alla distribuzione dei carburanti, ancorché private, sono soggette ad uso pubblico, poiché, chiunque intenda usufruire dei servizi che su di esse vengono offerti (anche diversi dall'erogazione del carburante), vi si può liberamente immettere. L'interpretazione che più si attaglia alla distinzione de quo, è quella che si evince dalla sentenza del Trib. Civ. di Milano sez IV del 10 marzo 1986, secondo la quale un'area di uso privato può considerarsi di uso pubblico se aperta al transito di veicoli, pedoni, animali senza alcuna limitazione in ordine al numero o al fine per cui sia consentito l'ingresso. Ne consegue che non può ritenersi di uso pubblico quell'area privata, anche se in diretta comunicazione con aree pubbliche, cui possa accedersi solo in funzione dell'attività o dei servizi che in essa vengono svolti. Si deve quindi far riferimento alla limitazione soggettiva che esclude la circolazione indiscriminata della generalità dei veicoli. In più di un'occasione la Suprema Corte ha infatti richiamato il concetto di "circolazione di un numero indeterminato ed indiscriminato di persone", quale criterio atto a determinare l'uso pubblico di un'area. Per quanto attiene alle norme di comportamento che regolano la circolazione all'interno delle aree private, sono pienamente applicabili quelle previste nel codice della strada, anche nel caso si tratti di un'area privata non aperta al pubblico, ma ciò solo ai fini di un eventuale determinazione in ordine alla responsabilità civile e/o penale, non potendosi applicare le disposizioni sanzionatorie di cui al D.lgs 30 aprile 1992, n.285. Viene quindi ritenuto valido il contenuto precettizio del codice della strada, in quanto, anche gli utenti di una strada privata, fanno affidamento sul rispetto di quelle norme che si fondano sul concetto di comune prudenza e che devono regolare la circolazione dei veicoli, delle persone e degli animali (Cass. Pen. Sez. IV 27 aprile 1991). (Tratto dalla bozza del libro "la patente di guida" edito da Maggioli.) Un posteggio su area privata aperta al pubblico anche se con orari di apertura e chiusura. E area privata ove sia presente cartellonistica stradale è soggetto in toto al cds a prescindere da servitù di pubblico passaggio/utilizzo o convenzioni e similari.

 

La risposta dell'avv. Colicchia

Egregia Signora innanzitutto premetto che per lo stato italiano nel suo ordinamento giuridico vige il criterio di specialità che risolve l'antinomia che si crea tra due disposizioni normative. Questo criterio stabilisce la preferenza della legge speciale su quella avente carattere generale, anche se successiva, secondo il principio derivato dalla ius latina lex specialis derogat legi generali; lex posterior generalis non derogat legi priori speciali, ossia "la legge speciale deroga quella generale, la legge generale posteriore non deroga la precedente speciale". Ciò detto, in materia, l’art. 381 del DPR 16 dicembre 1992, n. 495 riconosce la normativa riguardante il parcheggio disabili. Nello specifico viene prevista, per le persone invalide con capacità di deambulazione ridotta e per i non vendenti, la possibilità di ottenere il Contrassegno Invalidi, che consente ai suoi possessori di parcheggiare negli appositi spazi e di circolare nelle zone a traffico limitato (ZTL). Perché sia valido il contrassegno deve essere sposto in maniera visibile sul cruscotto. Il contrassegno è valido per i parcheggi disabili di tutto il territorio nazionale e viene rilasciato dal Comune di appartenenza. Nel caso in cui il disabile è a carico di un famigliare, quest’ultimo può richiedere il rilascio del contrassegno invalidi. La normativa sul parcheggio disabili prevede:
•    Multa di 85€ per chi sosta indebitamente nelle zone riservate al parcheggio dei disabili e la rimozione forzata del veicolo;
•    Reclusione fino a un anno se se si utilizza il contrassegno altrui procurando a sé o ad altri un vantaggio;
•    Reclusione da 2 mesi a un anno se si utilizza un contrassegno falso;
•    Reclusione da 2 mesi a un anno se si espone un contrassegno fotocopiato.
Orbene, nel caso prospettato non esiste minimamente che debba esistere una convenzione tra l’ente proprietario ed il comune affinchè si integrano gli estremi di una violazione al Cds per divieto di sosta in parcheggio destinato ai disabili. Le autorità hanno il dovere di intervenire quando rilevano un’infrazione.
Se ritiene può contattarmi in privato, per approfondire maggiormente la questione attraverso normativa e giurisprudenza in materia.
Saluti
Avv. Roberto Colicchia

Studio Legale
AVV. ROBERTO COLICCHIA
Via Risorgimento Prol. 66  89135 - Reggio Calabria
Via G. Garibaldi, 118 91020 - Petrosino (Tp)
Cell. 329.7014305  Fax  0965.037245
email   avv.robertocolicchia@tiscali.it

Tieniti aggiornato. Iscriviti alla Newsletter!

Autorizzo al trattamento dei dati come da Privacy Policy