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Immaginate delle forbici che tagliano a pezzi il loro bersaglio, eliminandolo, neutralizzandolo. Immaginate che questi bersagli siano la causa di patologie quali la distrofia, il cancro al colon e le malattie genetiche che colpiscono l'apparato scheletrico; e aumentando l'attività di queste forbici, i sintomi che le causano possono essere contrastati.
Non è fantascienza: si tratta della scoperta fatta da un'equipe di ricercatori dell'Università di Padova, guidata dal prof. Stefano Piccolo. Dopo alcuni anni di ricerca, finanziata con 400 mila euro da Telethon e Airc, il gruppo ha scoperto le straordinaria potenzialità di un gene chiamato Ectodermina, una sorta di interruttore che indirizza la maturazione di alcune cellule dell'embrione, determinando lo sviluppo del sistema embrionale e della pelle. Se difettoso, l'ectodermina può innescare lo sviluppo di malattie genetiche e di alcuni tipi di cancro.
Il prodotto di questo gene si chiama Ecto ed è appunto quella forbice che impedisce il funzionamento di due molecole-segnale, TGF-beta e BMP, che controllano la crescita e la maturazione della cellula embrionale e di quella adulta.

"Nel muscolo distrofico - ha detto Piccolo - TGF-beta è un segnale potentissimo, probabilmente proprio quello che indebolisce il muscolo mandandolo in atrofia". Sembra ora possibile un trend terapeutico che controbilanci la perdita del muscolo, spingendo sui meccanismi che portano ad ipertrofia, cioè alla crescita della massa muscolare.
"La scoperta di Ecto, un enzima che interferisce con il segnale TGF-beta - ha sottolineato il ricercatore - rappresenta un possibile futuro bersaglio applicativo. Aumentando, per esempio, l'attività o la quantità di forbici come Ecto, si potrebbe contrastare l'attività di TGF-beta".
L'importanza di Ecto non si esaurisce qui.
Anche nelle cellule staminali embrionali svolge un ruolo cruciale: annullando l'effetto di TGF-beta le mantiene immature, quindi indifferenziate e pluripotenti, capaci, all'occorrenza, di generare vari tipi cellulari.

Ma queste forbici, come abbiamo detto, hanno un secondo bersaglio, la molecola BMP. Un eccesso di questo segnale è alla base dei sintomi che caratterizzano alcune malattie genetiche dello sviluppo dell'apparato scheletrico; attaccarlo significherebbe contrastare gli stessi sintomi.

C'è una patologia che presenta un'alta concentrazione di Ecto nelle cellule malate: il cancro al colon del quale "finora si sapeva che si manifestava quando la cellula perdeva l'immunosopressore Smad4 - spiega Piccolo - ma non si sapeva come e perché questo avveniva". Partendo dagli studi sull'Ecto si è scoperto che è proprio questo enzima che, attaccando lo Smad4, lo neutralizza permettendo che le cellule prolifichino senza controllo e in modo sbagliato.
Ancora lunga e difficilmente quantificabile la strada che porterà all'applicazione di questa scoperta. Non si sa ancora perché la quantità di Ecto, normalmente presente nelle cellule staminali del colon, ad un certo punto cresca a dismisura, distruggendo lo Smad4, il "freno inibitorio del cancro". Sarà quindi fondamentale lo studio di un farmaco altamente "specifico e intelligente" capace di bloccare il meccanismo demolitivo dell'ecto.

"Questo studio - ammette Piccolo - da una parte apre prospettive importanti per la cura di importanti patologie, dall'altra problematiche sull'uso delle cellule staminali adulte a fini di terapie rigenerative".
E' l'interminabile questione, la solita polemica che contrappone coloro che sostengono le capacità di queste cellule di curare malattie finora considerate inguaribili e chi è perplesso sulla moralità delle tecniche utilizzate per ottenerle. Di questo (ultime scoperte, possibili terapie e problemi etici) ne abbiamo parlato in uno speciale.


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[Francesca Lorandi]

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