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IL MIO PIEDE DESTRO
di Hermes

« Lo osservo, ne guardo le linee, il profilo (con una certa forzatura potrebbe sembrare una scultura di Giacometti).
Non si è completamente aperto, sviluppato, come se la materia si fosse arresa alla malattia ma, ancora spinta dalla forza d'inerzia, avesse continuato la sua opera in tono minore.

La pelle ha un color bianco, lattiginoso, come quella dei bimbi, come di chi non ha mai ricevuto non solo la luce del sole ma anche la luce dello sguardo e quindi mai riconosciuto.
Dal tallone poi si diparte uno sbrego, un taglio, antico ricordo di mani inesperte, di un chirurgo che non ha "visto" il piede ma solo un insieme di muscoli, tendini, ossa e non si è dato pena di ferirlo, lacerarlo come un epigono di Laio.

Questo biancore rimanda al pallore cadaverico.
Ed in effetti "questo piede" è rimasto sepolto. Un sepolto vivo con la vitalità in sospensione. La sua bara è stata la vergogna, il pregiudizio, il tabù.
Era l'incarnazione del male, male fisico, male dell'anima e dello spirito e come tale senza diritto alla vita.
Il verdetto è stato pronunciato: colpevole. La condanna?
Seppellitelo, vivo, ma seppellitelo. Fate in modo che non lo si veda, che non inquieti, che non crei turbamento. E così la colpa, un senso di colpa ha gravato, più del peso stesso che ha dovuto sostenere.

Eppure per quanto torto, piegato e "piagato", rifiutato e dis-conosciuto è sopravvissuto ed ha continuato a svolgere la sua funzione di giunto cardanico, ha sopportato un peso più eccessivo delle sue possibilità.
Ora che è stato dissepolto dalle profondità della memoria il biancore si è trasformato in candore (segno inequivocabile di innocenza) e il rifiuto è diventato tenerezza.
Forse è giunto il momento di rendergli giustizia e di ricordarsi che si è innocenti finché non se ne dimostri la colpevolezza.

Colpevole di che? Di Essere, forse? »

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