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SEMINATORI DI STELLE
Giovanna Mulas

Ciao, Stelle.
Ho sempre pensato che una città spiata al buio, senza occhiali di pregiudizio, sia diversa; quasi magica. Ha un fascino pagano inespugnabile e imperscrutabile dove tu, cittadino, ti avvisi fuori del tempo tra le case che conosci, quelle che, al sole, paiono tanti soldati in fila, armati e in attesa di nuovo ordine. E' nei vicoli chiusi, in quelli meno trafficati visitati ugualmente dalla luna che scorre la vera anima della città lungo i panni asimmetrici, bastardi nei colori e sbandati stesi ad asciugare, i cassonetti ammucchiati, quei gatti magri acciambellati, i ronfanti, sui balconi preziosi di geranio ardente; due ragazzini che si baciano all'angolo di un portone, voce baritonale che grida ad un goal.
E ancora lascio viaggiare l'occhio sui vicoli tortuosi o dritti, interrotti a sprazzi dal verde sparuto di un'aiuola, da un monumento che rammenta quanto pura e leale sia l'arte, che dura in eterno; figlia snaturata che sopravvive, forse di più e per sempre, al padre che le ha dato il nome. E forse raccapezzandosi di far parte di quel meccanismo unico e perfetto ch' è l'esistenza dove ogni ingranaggio è dove deve essere e funziona come deve funzionare semplicemente perché così è e così deve essere.Musica?
C'è una finestra illuminata laggiù, oltre la fontana... Perché? C'è un perché al nascere e allo sbocciare di un fiore? E al frinire ritmico delle cicale, c'è un perché? Semplicemente esistono.
E la Natura non sarebbe la stessa, senza quel frinire; anche se è solo di cicale. Quasi le 23.00.
E questa è Musica. E, Dio o Natura, campagna o città, credo che il fiore che sboccia e la cicala che frinisce ringrazino entrambi, col dono che è loro proprio, qualcuno o qualcosa perché esistono.
E' una notte strana. Preludio in mi maggiore di Bach. Soffia un vento leggero e caldo, odora di mare e proposte salmastre pure qui, in mezzo alla città.
Ma voi, stelle mie, sapete quanto amo il mare sardo, tanto d'avvertirlo nel sangue ovunque vada e da un lato è un bene; un mare personale, fatto di onde e nuvole e schiume e sirene e scogli ruffiani, è ciò che ci vuole dopo una giornata china su computer e libri e la seconda caffettiera svuotata. Sono ore che vi penso, stelle.
E vi vorrei vicine, potervi toccare tutte e quattro, o soltanto sfiorare.
Quel gatto acciambellato stile Colazione da Tiffany si stiracchia, salta giù dal balcone.
Ho nella borsa il resto del panino Cleopatra preso all'aeroporto. 
Sono convinta che ad ogni uomo, spetti una stella. Di terra o di cielo poco importa. E gli spetti di diritto alla nascita. Come i sogni.Guai a chi smette di sognare, stelle mie.
Non ho nulla contro Cleopatra eppure il panino non l'ho finito. Lo svolgo. Prendilo, Gatto. Era destinato a te.
Una sirena di Polizia.
Un gruppetto di giapponesi con la mascherina davanti la bocca, macchina fotografica al collo, voci da coro dell'Antoniano, impermeabili grigio fumé e zaini muniti di ombrello sulle spalle. Passano in fretta, le donne coi loro tacchi bassi e senza guardarsi attorno; hanno già visitato tutto durante la mattina, penso, con la brava cartina della città alla mano come ogni efficiente giapponese che si rispetti. Penso che sono di fretta perché rischiano di restare chiusi fuori dell'albergo che li ospita.
Penso che sono troppo efficienti... vogliamo mettere la creatività tutta italiana? Penso che un bravo italiano, almeno quello chiamato L'italiano medio CasaChiesaUfficio, spesso e volentieri, riesca a perdersi in una città anche con cartina e creatività alla mano. Da un sardo sopra la media mi aspetto che almeno riesca a ritrovare senza taxi l'ingresso del proprio albergo prima che questo chiuda per la notte.
Penso che comunque, male che vada, per italiani o giapponesi esistono i ponti sotto cui rifugiarsi.
Sognare è sperare, Stelle. Solo la barca che ondeggia e combatte venti e tempeste arriverà al suo porto. Forse impaurita, senz'altro tramortita, magari disillusa. Viva. Fiera e dignitosa, il suo cammino è stato lungo e fatto a piedi scalzi. Ma il fango non l'ha sporcata. Dovete sapere che il fango ci ha provato a sporcarla. Quella è rimasta impantanata un istante a chiedersi perché. Ha sofferto e il perché della tempesta non l'ha capito o semplicemente non ha voluto accettarlo. Ma ha ripreso il suo mare. Barca cosciente per la quale ogni errore, ogni esperienza diverrà una perla rara, pietra filosofale da contenere nello scrigno che, come la stella, spetta ad ogni uomo. Quante perle ci saranno nel vostro scrigno, stelle mie? E quante riuscirà a contenerne, lo scrigno, prima di rugginirsi a tempo ed eventi? Che non si ruggini. Ogni perla sia anelito d'anima; non ci si deve vergognare di quell'anelito, seppure è durato un battito d'ali di farfalla. Non amo il non avrei dovuto o avrei dovuto farlo. Apprezzo la sincerità del l'ho fatto. E ho capito.
Una vecchia fruga tra i rifiuti di un cassonetto, ha un carrello della spesa in mano. Solleva la testa a guardarmi e io abbasso gli occhi sul mio block notes, continuo a scrivere. Raccoglie qualcosa, l'avvicina al naso. Ti penso Fabio che, come dice tuo nonno, "quando mamma è in viaggio per lavoro sei tu il capofamiglia"; tu col broncio d'artista e i piedi a paperino, tu che vieni su come l'erba. La tua bisnonna diceva che se si fa molto, molto silenzio; si può sentire crescere l'erba. Un giorno voglio potermi sdraiare per ore in un prato circondata dall'erba senza un pensiero in testa che non sia figlio d'Urizen, con la vita alle spalle e sconosciuti i rimpianti; solo ricordi. Poggerò l'orecchio e i palmi delle mani sul terreno per sentire il frangersi delle zolle tra le dita e aspetterò. Dici che prima o poi la sentirò crescere? Ascoltare il silenzio. Sono convinta che anche l'uomo abbia bisogno di ascoltare e navigare i propri silenzi, per crescere. Ti penso Fabio mentre divori il tuo Moby Dick o curi il modellino in miniatura del tempio di Zeus, tu Noemi che vesti la Barbie di un qualche importabile tailleur pseudo francese rosa confetto sognando di quando sarai tu fra una decina d'anni ad indossarlo e sarai pronta a sfidare il mondo con l'intelligenza, l'istinto, la cultura e la passione di ogni giovane donna che si rispetti. Sei anche bella e questo, purtroppo, non guasta. Tu Robi, la peste di casa, che tenti di costruire un castello di Lego mentre il dolce Emanuele, il piccolo e viziato di famiglia; tenta di distruggere il nuovo castello by Lego di Robi e grida e piange perché la nonna glielo impedisce. L'homeless infila il bottino nel carrello, mi fa un cenno di saluto con la mano. Gli rispondo con movimento furtivo del capo. Trascina via il suo carrello della spesa. Zoppica. Mi domando perché io sto seduta in pizzo alla fontana a pensare al mio tesoro più prezioso, i miei figli, e a ciò che è la vita mentre una vecchia, a pochi passi da me e probabilmente ubriaca, deve trovare il proprio senso della vita tra i resti della cena di una qualche contessa annoiata dal bel mondo e dal guardaroba che va assolutamente rinnovato. Un abito da sera non s'indossa mai due volte. Se fosse possibile dare un prezzo alla vita, quanto si dovrebbe prezzare un conte? E quanto il clochard? Stelle. Sappiate che, Angeli, nelle lecite e umane peregrinazioni mentali, anche solo l'illusione di poter accarezzare le stelle spesso basta per vivere. Spingersi a fare di più, tentare di acchiappare una stella e domarla, beh, vuol dire combattere a vostro rischio e pericolo contro i mulini a vento che non sono le stelle pronte a farsi cavalcare, ma gli uomini che non sopportano l'anomalo osare di chi le doma. ("La Fontain De Trevi -1734 - : L'eau et le travertin sont éléments qu'on ne peut confondre de l'exubérance artistique baroque"). L'uomo, la vita, l'amore. Vorrei darvi, scrivervi tutto in questa notte, anche ciò che, da donna, non vi ho sussurrato mai per pudore o perché non avete ancora la maturità per comprenderlo. Tutto il mondo. Da madre questo vi ho augurato, appena affacciati alla luce."Benvenuto", ho sospirato ad ognuno di voi, io più bambina di te, bambino in quel letto sterile di sala parto. Avvertivo ospitata nel cuore felicità allo stato puro giacché nulla, nulla è più prezioso, perfetto e miracoloso della vita stessa (vitaque mancipio nulli datur, omnibus usu). Comunque questa sarà e qualunque piega o piaga prenderà o le farete prendere. Essere seminatori di stelle.La vita non è dieci, mille pagine di romanzo. E' di più. Non è teoria; è volo. Alto o basso che sia s'impara volando; questo vi raccomando spesso facendovi sbuffare e ora, immaginandovi sbuffare, lo scrivo. Non teoria ma campo di battaglia pernicioso e imprevedibile e meraviglioso, comunque affrontato e sfidato a testa alta, forse perso o forse vinto. Piange, insensato, perché ha vissuto/E perché vive! Ma ciò che più deplora, /quello che la fa fremere fino alle ginocchia, /è che domani, ahimè!bisognerà vivere ancora!/Domani, e poi domani e sempre!*.
Non ha importanza che della montagna si arrivi a vederne la cima.Anche arrivare a metà, o anche solo alle radici; se per voi andrà bene sarà giusto così e dovrà esserlo anche per chi vi ama davvero. E vi lascerà volare liberi, quando lo chiederete. Aprite le ali e volate, stelle. La barca sia barca nel momento del mare, i piedi camminino scalzi sulla terra, mutino in aquila nel momento del cielo. E lo scrigno e le sue perle rare sempre tatuati nell'anima.
E' una notte strana. L'amore.
L'Amore. Dell'amore si può parlare? E' possibile imprigionare una nuvola? Si ama il sole e si ama il Nigredo che fanno entrambi parte dell'identico nucleo, si danza nel fuoco e l'acqua e la terra e la rabbia impotente, la spuma e la pioggia che, prima o poi, saprà battezzare, piegare, trasportare ai venti, forse spezzare per immolare a qualcosa di più grande. Il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce.**
Bisbigliano gli amanti, Zefiri e Silfidi serpeggiano ne'campi, cincischiasi ninneggiano gl'infanti.
A quest'ora dormite già. Il vento s'è fatto continuo e fresco; solfeggiante.
Anche per me è il momento di rientrare.
Buonanotte, Stelle.

(E il naufragar m'è dolce in questo mare.)

26 maggio, h. 23.15
Fontana di Trevi
*Baudelaire
**Pascal

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