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IL PAPA' DI SAMUELE

CAPITOLO 5
PIETA'

La maestra a scuola ci ha parlato di una cosa che si chiama pietà: parlavamo dei bambini che non hanno i genitori, dei vecchietti che vivono da soli, magari con un gatto e dei disabili che non possono uscire di casa perché non hanno amici che li portano a spasso. La mamma mi aveva spiegato che purtroppo, ci sono anche delle persone che non solo sono in carrozzina, come mio papà, ma che non possono muovere altre parti del corpo e quindi hanno bisogno dell'aiuto di tanta gente.
Alcuni bambini della classe hanno fatto degli esempi: la Sara ha una nonna ammalata che vive in una specie di casa per i vecchietti, dove ci sono persone che la curano, ma dove nessuno la va mai a trovare, il Marco ha un amico che non sa parlare e che quando gioca con lui lo morsica sempre… Poi ha alzato la mano il Carlo: io gli ho spiegato tutte le cose che non sa sui "disabili", così ha detto alla maestra:
<< Dobbiamo avere pietà del papà di Samuele che è in carrozzina!>>
Questa volta non mi sono arrabbiato con il Carlo, so che pensava di dire una cosa carina su mio papà, ma allora perché non mi piace questa parola: pietà!
Quando sono andato a casa, ho chiesto alla mamma di cercarmi sul dizionario il significato di questa parola, c'era scritto così:

PIETA': sentimento di dolorosa e premurosa partecipazione all'infelicità altrui.

Credo che vuole dire che se conosco qualcuno che è ammalato e infelice devo soffrire con lui. Ci ho pensato un po': non so se è giusto soffrire con chi sta già tanto male, se io fossi ammalato, vorrei che qualcuno mi aiutasse a smettere di stare male, non vorrei che soffrisse con me!
Ad esempio: perché dovrei soffrire tanto per un mio amico che magari è cieco, al posto di aiutarlo a giocare con gli altri bambini, senza che ha bisogno di usare gli occhi per divertirsi? Non è più giusto rendere felice chi soffre, facendogli usare quello che non è rovinato del suo corpo, piuttosto che avere "pietà" per lui?
Il mio papà è felice anche se non cammina, ha me e la mamma che gli vogliamo bene e tutti e tre insieme facciamo un sacco di cose!
Perché tutti pensano che provare questa pietà sia una cosa giusta?
Ha ragione la mia mamma quando dice che spesso i grandi si perdono dentro a parole difficili e non riescono a vedere la cosa più importante: come fare per rendere la vita delle persone come il papà, uguale a quella degli altri.
Ad esempio: io e il papà, andiamo spesso al supermercato insieme, parcheggiamo la macchina nel posto "riservato" ai disabili. Pensa, è tutto colorato di giallo e blu, e c'è disegnato a terra la figura della carrozzina; è impossibile non vederlo!
Questi parcheggi sono più larghi degli altri, altrimenti , il papà non riesce a tirare giù la carrozzina da solo e neanche ad aprire la portiera della macchina. In questi posti possono mettere la macchina solo i "disabili".
Pensa, questi posti sono sempre occupati dalla gente che cammina!!
A volte ho visto bene in faccia queste persone, il loro sguardo sembrava proprio di chi ha pietà! Allora io dico: al posto di " partecipare premurosamente al dolore di mio papà, non poteva lasciargli il parcheggio libero?"
La maestra ci ha parlato della pietà, ma non dei diritti  che tutte le persone hanno, sia che camminano o no! Penso che se continuano a parlarci di queste cose, ma non ci spiegano, che tutte la gente è uguale, finiremo col pensare che il mondo è diviso in due: quello dei sani e felici e quello degli ammalati, tristi e soli.
La mamma e il papà , mi hanno insegnato a non avere pietà per nessuno, ma mi hanno fatto pensare a quello che posso fare io, insieme a chi soffre, per migliorare la sua vita, rispettando sempre le sue idee, i suoi desideri e sentimenti che non vengono mai considerati.

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